The Pinnacles Desert.

Se volete un commento alla giornata di ieri, posso iniziare con il dire WOW!

In viaggio, Vando avanzava come un soldato combattendo con le correnti di vento. Mattia alla guida manteneva un andamento tranquillo e non superava mai i limiti consentiti. L’Ingegnere è super preciso, ad ogni segnaletica che impone la velocità massima, la lancetta nel cruscotto si riassetta precisa. Non uno in più.

Lasciata alle nostre spalle Lancelin, dopo una ventina di chilometri, abbiamo anche provato l’ebrezza del posto di blocco. In mezzo al niente, su una strada infinita, uno squadrone di poliziotti dirottava le macchine al lato sinistro della strada. Un controllo categorico, preciso. Hanno chiesto a Mattia la patente e di soffiare cortesemente per tre secondi in un piccolo tubicino di plastica.

Quando non hai nulla fuori regola, un controllino ogni tanto ti fa anche piacere.

“Bravi ragazzi, fermateli tutti! Complimenti vivissimi per l’organizzazione.”

Il “The Pinnacles Desert” ci attendeva. Quando abbiamo visto il cartello, ho attivato tutti i sensi che nel relax del viaggio avevo per un momento disattivato. Mancavano 3.5 chilometri, Erica sveglia.

Pagato l’ingresso 12 dollari, c’era la possibilità di seguire un percorso a piedi, oppure di visitare il piccolo deserto colorato a bordo di Vando.

La maggioranza ha votato per la seconda opzione.

Vando era felice.

Una distesa di sabbia color ocra, si stendeva ampia e quasi pianeggiante. Per un attimo ho pensato alla Provenza. Migliaia di grandi pietre, stavano incastonate verticalmente come se qualcuno le avesse posizionate per formare chissà quale strana composizione. Erano tantissime, alte, basse, piatte o di spessore. A momenti pensavo che fossero state disposte in ordine di altezza, in altri le vedevo formare un cerchio oppure una fila indiana.

Vando seguiva un percorso di sabbia battuta delineato da piccole pietruzze e anche lui poteva vedere i giochi di luci e ombre che rendevano il paesaggio giallo, a volte marroncino oppure arancione. Le nuvole creavano questo effetto spettacolare e si muovevano velocemente giusto per rendere la visita ancora più affascinante.

Un percorso di circa 3 chilometri, suggestivo, emozionante. Siamo entrati gasati e curiosi, canticchiando canzoni italiane.

Siamo usciti in silenzio.

Colpiti ed estasiati.

“Un posto davvero strano” ha detto Mattia.

Macinando chilometri, il paesaggio si fa sempre più rosso. Proseguendo verso nord, cambiano le tinte delle rocce e il colore degli alberi.

Ora siamo a Green Head. Un altro campeggio per un’altra notte. Si cena prima del tramonto perché senza luce, qui, non si può fare altro che godersi la quiete e il cielo stellato. Francesca ogni tanto ricorda a me e a Mattia di alzare lo sguardo verso l’alto. Le stelle sono grandi, luminose e sembrano vicine anche se il cielo sembra molto più lontano del solito e più grande.

Siamo pronti ora a ripartire, altri 150 chilometri circa ci porteranno a Geraldton.

Stasera festeggeremo l’inizio del nuovo anno. Non ho la minima idea di dove alloggeremo, non vi so dire se qualcuno farà un brindisi con noi o se potrò augurare un 2016 ricco di belle sorprese a qualche anima buona in viaggio come me.

Posso dirvi che allo scattare della mezzanotte, guarderò il cielo e sarò felice.

Erica, anzi Atmosferica.