La cura silenziosa di Minorca.

Oggi è l’ultimo giorno e anche il cielo è un po’ triste. Ne approfitto per scrivere due pensieri che rimarranno, che rileggerò, quando sarò troppo presa dalla frenesia e avrò bisogno di tornare nella calma.

C’è una magia che si respira nell’aria di Minorca. Qualcosa di sottile, quasi impercettibile, che ti avvolge lentamente, rispettando, però, il tuo tempo.

Le vibrazioni di questa terra ti invitano ad ascoltare, a rallentare, a sentire…e proprio questo è il suo dono più grande: la calma.

È un incontro con se stessi, un momento in cui la frenesia del mondo si dissolve, lasciando spazio alla contemplazione.

Silenzio e quiete.

Non ti nascondo che ci sono voluti un paio di giorni per trovare la giusta frequenza. Mi viene in mente una vecchia radio: per captare il canale giusto, deve essere sintonizzata con precisione, e la rotellina va girata con cura millimetrica per trovare il segnale.

Minorca vibra a modo suo e per sentirla devi stare al suo ritmo, lento e silenzioso.

Quando ho deciso di stringerle la mano e di iniziare a conoscerla mi sono sentita bene.

Ogni giorno, sono guarita

un po’ di più.


Sono rimasta profondamente colpita dalla cura con cui quest’isola viene trattata, si percepisce subito quanto sia amata.

È come se un giardiniere invisibile fosse costantemente al lavoro, ovunque, a prendersi cura di ogni angolo.


S’Albufera des Grau è il parco naturale più importante di Minorca. Ha oltre 5.000 ettari ed è uno dei punti chiave della Riserva della Biosfera di Minorca.

Ogni angolo di Minorca sembra essere custodito con la stessa attenzione e dedizione che si riserva a un giardino privato.

Le strade sono impeccabili, i sentieri sembrano tracciati con mano esperta. Le spiagge, curate e pulite, sono un piccolo gioiello, dove ogni dettaglio riflette un rispetto profondo per l’ambiente. La gestione dei rifiuti è efficiente, segno di una comunità che ha a cuore la sua terra e i turisti, a loro volta, mantengono l’impegno.

C’è un rispetto tangibile per la natura e per il patrimonio locale. Questa attenzione rende l’esperienza ancora più speciale, facendoti sentire come un ospite privilegiato.

Questa pulizia valorizza ancor di più i colori e i contrasti. Tutta l’attenzione si concentra sulla bellezza del luogo, non una sbavatura, e anche i pensieri si ripuliscono del tutto.

Ogni scorcio sembra una cartolina, un dipinto impressionista che cambia con la luce del giorno.

Davvero stupefacente.

Sentiero che conduce a platja de Cavalleria
Platja de Cavalleria, assolutamente la mia preferita.

Tornerò a Minorca con il corpo molto presto, ma con la mente molto più spesso.

In ogni momento di frenesia, sarà qui che tornerò.

Il contatto con questa terra mi ha riportato a qualcosa di primordiale, a quella connessione profonda che spesso dimentichiamo nel caos quotidiano.

Questa vacanza, apparentemente semplice, è stata per me una cura preziosa.

Un richiamo costante alla quiete, un invito a rallentare e a riscoprire quella pace che,

anche lontana, rimarrà con me.

Erica, anzi Atmosferica

Ricominciare a Scrivere: un Viaggio tra Paure e Desideri

C’è un momento, nella vita di chi scrive, in cui la penna sembra pesare più di un macigno. Le parole, una volta fluide e naturali come un respiro, si fermano.

Si crea un vuoto, un silenzio assordante, in cui l’ispirazione si nasconde timorosa. È da qui che scrivo oggi, da un angolo di esitazione e incertezza, da un luogo che forse molti chiamano “blocco dello scrittore”, ma che io vedo come una pausa necessaria, una pausa che parla di paura e di giudizio.

Quando ho iniziato a scrivere, l’ho fatto con l’urgenza di dare voce ai miei pensieri, di catturare l’effimero e renderlo eterno.

Ho iniziato senza domandarmi se fossi o meno in grado di raccontarmi.

Scrivere per me è stato sempre più di un semplice mettere nero su bianco; è stato un modo per guardare il mondo con occhi diversi, per fermare il tempo e raccogliere i miei sogni, le mie esperienze, e, in qualche modo, per conoscerci meglio.

Ma col tempo, e con il crescere di chi mi legge, è cresciuta anche la consapevolezza del “come sarà recepito”. La paura del giudizio, delle aspettative, di non essere abbastanza, ha iniziato a mettere radici, sottili e silenziose, fino a soffocare quel flusso naturale di parole.

Eppure, la scrittura mi manca. È una nostalgia che pulsa dentro, un richiamo che non posso più ignorare. Mi sono resa conto che scrivere non è solo un atto creativo, ma una necessità dell’anima, una parte di me che ha bisogno di esprimersi per sentirsi viva. È un dialogo intimo tra me e il mondo, un modo per raccontare, ma anche per comprendere.

Ho deciso di tornare a scrivere. Nonostante le Paure. Perché, in fondo, scrivere non è per gli altri, ma per me stessa.

È il mio spazio sicuro, il mio luogo di rifugio, dove posso essere autentica, vulnerabile, vera.

Oggi torno qui, su queste pagine, per riprendere il filo dei miei racconti, delle mie emozioni. Non so dove mi porterà questo viaggio, né cosa ne penseranno gli altri.

So solo che devo farlo, che è ora di rimettere in moto quella macchina che si era fermata.

Ricomincio da qui, con la voglia di raccontare, di condividere e, soprattutto, di ritrovare quella parte di me che si era un po’ persa per strada.

Torno a scrivere, e in questo tornare c’è tutta la mia voglia di vivere, di esplorare e di amare, ancora una volta, il mondo con le mie parole.

Un abbraccio da Minorca, l’isola della calma che ringrazierò infinitamente per avermi regalato questo momento di liberazione.

Erica, anzi Atmosferica.

Il mio viaggio continua…

Viaggiavo e sorridevo.
Ai capelli qualche boccolo, la pelle dorata e secca di salsedine.
Del mare.
Poggiavo i piedi sul sedile, tenevo le gambe piegate in uno stretto abbraccio.
Era il mio.
Più stringevo, più liberavo.
L’asfalto bollente correva veloce.

Ero felice.

La strada era al contrario e il cielo infinito.
Come fosse ieri ricordo che, ogni volta che guardavo su, faticavo con il respiro.
Erano giorni strani, pieni di tutto e di niente.
Ricordo come fosse ieri.
Ero talmente bella da farmi mancare il fiato.

Ehi cos’hai capito…

Ero bella dentro, ero un fiume in piena, forte e potente.
Nessuna barriera, nessun limite.
C’era solo quella strada e, su di lei, ho imparato a respirare.

Diritta e infinita.

Migliaia di secchi chilometri, il deserto, l’oceano e ancora il deserto.
Era verde.
Secco ma verde.
Avrei chiesto la velocità al suono, avrei voluto vedere la fine

ma non è mai arrivata.
Nemmeno quando mi sono fermata.

Quella strada continua, cambiano i colori e i paesaggi.
Migliaia di secchi chilometri, il deserto, l’oceano e poi ancora il deserto.

È verde.

Secco ma verde.

Il deserto della mia anima

che rinasce.

Erica, anzi Atmosferica.

Mi credi se ti dico che…

A Venezia l’acqua nei canali è tornata limpida e l’aria è pulita anche tra i pensieri.

Mi credi se ti dico che…

È buona da mangiare? Fresca da bere, da sorseggiare. 

Che bello respirare, che bello osservare e avere il tempo di studiare tutto ciò che sta dentro e che sta fuori.

Non avevo mai notato quella crepa nel muro e…il vicino ha cambiato divano, che strano.

La realtà, silenziosa.

La seconda vita sotto la nostra vita, quella che accade senza chiedere permesso, senza richiamare sempre la nostra attenzione.

Eppure succede…

Mi credi se ti dico che…siamo sempre concentrati su altro?

Ho tra le mani, davanti agli occhi, una fotografia scattata in un giorno di vacanza come quando è agosto e troviamo rifugio in una stanza.

Il caldo che soffoca ma che fa pensare, il vento che annaffia una giornata di sole.

Mi affaccio alla finestra e faccio una riflessione.

Ne avevamo bisogno.

Il colore non era più acceso, il suono stava diventando rumore, il tempo troppo breve, la stanchezza uno stato mentale.

La compagnia era forzatura o fastidio, era un “Vado perché altrimenti non la vedo più!”, la solitudine era sola, la sofferenza priva di stimolo. 

Una notte non bastava per ricaricare le batterie, per programmare e per chiarire.

Una notte non bastava per pensare perché la mente stava sveglia sperando solo di sognare.

Il giorno era troppo vicino.

Il cuore era troppo lontano.

La comunicazione era arrivata ai minimi storici, non c’era nemmeno bisogno di ignorarsi perché la vita stessa portava a separarsi.

Sempre più forte, sempre più invadente.

Far finta di niente.

Allora forse apprezzo tutto questo.

Ho il tempo di guardarmi allo specchio, la voglia di restare sveglia, in un abbraccio, per qualche momento…

Ho il desiderio di ascoltare e di contare le dolci rughe sul viso di mia madre.

Ho la fortuna di guardare il cielo, di ascoltare i suoni della natura e di una città silenziosa che non deve aver paura.

La luna. Il tramonto. Che meraviglia il mondo.

Ho ritrovato tre sorelle, le mie amiche, le chiacchiere tra anime gemelle.

Guardo la fiamma del camino, brucia di tempo e pace. Sento la sua voce.

Si sente osservata, sa di essere bella, cresce di tanti colori, è orgogliosa

monella.

Sento la risata di un bambino, sta giocando a freccette con il padre.

Sento lui che canta, lei che incazzata lo interrompe.

Sento battiti di mani e vedo tanti, tantissimi panni stesi.

Vedo i balconi illuminati, la gente annoiata che unita festeggia.

Metto le mani in pasta e sorrido, gioco con del pongo trascorrendo quel tempo che poi rimpiango.

Inizialmente torna a disturbare la fretta e poi mi dico, “per una volta aspetta!”

Mi credi se ti dico che…Questa è la volta di cui tutti dobbiamo godere, questa è l’occasione per ricucire.

È un momento fermo diverso da una vacanza perché non c’è egoismo, non c’è noia che non sia bella.

È il momento per disegnare un futuro più chiaro, per colorare un rapporto diventato bianco-nero, per dirsi quello che è vero.

Te ne prego. Fallo nel modo più sincero.

Quando tutto questo sarà finito, non dimentichiamolo. Teniamoci per mano e impariamo la vita di nuovo.

Come fossimo bambini.

Il tempo sarà diverso e ogni cielo nuvoloso, sarà comunque terso.

Ci sarà la fortuna di avere un lavoro, senza pensare che un mondo senza…sarebbe d’oro.

Ti saluto dal mio divano, quello grande e morbido dove trovo una mano.

E credimi per l’ultima volta se ti dico che…

Che sia la mia, che sia la tua, una mano c’è sempre e questo mi basta…

per andare oltre…

Erica, anzi Atmosferica.

P.S. Mi credi se ti dico che…sono ancora qui?

Oggi ho capito una cosa.

Oggi ho capito una cosa.

“I sogni dei grandi sognatori non si avverano mai. Vengono sempre superati”

Quando ho deciso di iniziare a scrivere (pubblicamente) nel 2015, ho scelto questa citazione per identificarmi, per darmi un senso, per racchiudere in una frase la mia filosofia.

Per fare in modo che chiunque aprisse la mia pagina, potesse in un attimo conoscermi.

Che potesse aver voglia di scoprire di più della mia testa, della mia scrittura e della mia voglia di comunicare.

Del mio bisogno direi.

A distanza di anni, oggi ho capito che non c’è nulla di più vero e che se non sogni, non vivi. Se non vivi, tutto diventa piatto, l’anima si ribella e il corpo teso diventa irrequieto, ingestibile, insaziabile.

Piccole o grandi forme d’ansia nascono nel cuore e nello stomaco, si prendono il più bello e si perdono nel profondo.

Si prendono il tuo sonno e il sorriso, il fiato e la voglia di parlare con le persone. Di crescere e di credere. Di cantare.

Si prendono la tua sicurezza, la tua voglia di farcela e di rivincita.

Tutto è fuori controllo.

A quel punto bisogna andare giù, non so dove. Non ci sono ancora arrivata.

Occorre armarsi di pazienza e determinazione per andare a estirpare quelle erbacce che rovinano il prato dell’anima.

Stronze.

È necessario amarsi profondamente, non solo a parole ma anche a fatti.

Serve avere voglia di imparare, di leggere la propria essenza come se fosse un libro.

E poi così…

Parola per parola, sillabare ogni espressione, ogni malessere e ogni sospiro.

Osservare ogni gioia, ogni RESPIRO.

Solo così, piano piano, senza fretta.

Oggi ho capito una cosa.

Ho capito che l’evoluzione del futuro, ma prima di tutto del domani, è alla base di quella personale.

La prospettiva del cambiamento, la curiosità di scoprire cosa succederà, la leggerezza di lasciarsi andare perché qualunque cosa accadrà, andrà tutto bene.

Questo è il motore.

Anzi.

Questa è la benzina che alimenta il motore dell’anima. Della contentezza.

In questi anni ho fatto fatica a trovare ispirazione, a sentire la mia voce o quantomeno a farla uscire.

Non so quale sia il preciso motivo ma ero muta e stavo ad osservare.

Non ero sicura di vedere, non volevo fidarmi, non potevo essere debole.

In questi anni ho costruito la mia casa, mi sono presa cura di un amore, ho coltivato i miei affetti e non avevo tempo per me (e quindi per voi).

Strano a dirsi eh?

Oggi ho capito una cosa.

La mia anima mi ha chiesto comprensione e dedizione, un turbinio di pensieri e insoddisfazioni ha fermato molto respiri. Il cuore affannato, la testa piena ma vuota.

Oggi ho capito che il cielo era di nuovo pieno e che avevo delle cose da dire, volevo comunicare senza più stare a guardare.

Il mio cuore è scoppiato! Ha fatto SBAM BAM!

Oggi ho capito una cosa.

Quando capisci che non sarà tutto uguale, che la vita ti sorprende e che solo tu puoi darle il permesso di sorprenderti, allora ti lasci andare. Ti senti in dovere di prendere in mano il timone, di guidare la tua nave e di puntare dritto dritto all’orizzonte. Qualunque cosa accada. Sei forte.

Capisci che chi ti ama da sempre ci sarà per sempre, che se ti fermi tu, tutto diventa pietra. Fredda.

Ti rilassi e parli, ridi senza motivo, ti impegni nel tuo lavoro e nessuno può entrare nella tua casa senza permesso.

Esatto.

Posso?

Ad un certo punto capisci che nel tuo prato hai coltivato i semi giusti, che i fiori nati sono stati selezionati e curati con dedizione e che, ad ogni buongiorno, sei pronto ad estirpare le erbacce e ad annaffiare il tuo orto. Il cielo è bello pieno.

Oggi ho capito una cosa.

Quando sei in equilibrio, tutto trova il suo spazio. 

Quando senti che devi sognare, ti rendi conto che stai solo tornando a vivere e che forse era anche ora!

Erica, anzi Atmosferica.

Più di prima, super cazzuta.

Erica anzi, Atmosferica

Leggo sulla mia pelle “Atmosferica” e mi chiedo se sono ancora io, ripenso a quel giorno in cui mi sono sentita tanto grande e coraggiosa al punto di sentirmi parte del cielo, Atmosferica, colei che circonda e protegge, che sta alta e senza paura.

Tanto grande da sentire il mio nome far parte del cielo, sulla pelle.

Ripenso a quel giorno.

Vado così a scavare tra i ricordi e tra le sensazioni che correvano veloci e spavalde lungo la mia colonna vertebrale.

Non avevano paura di nulla, né della velocità, né della lontananza.

Ritorno a quel momento in cui la decisione di scrivere e condividere era prima di tutto l’esigenza di urlare al mondo quanto fossi orgogliosa di me stessa e, in secondo luogo, era il bisogno di scavare nella mia anima tenendo le fila di tutto quello che ne sarebbe stato. 

Era novembre e io sentivo l’estate in arrivo.

Arrivava il freddo, quello potente.

Volavo verso il caldo, che riempie.

Atmosferica nasce dalla voglia di comunicare e di riflettere, nasce dal bisogno di mettere per iscritto lunghe riflessioni e attimi indelebili, sofferenze insofferenti, solitudini mai condivise e consapevolezze di pura gioia, la nostalgia di casa, l’imprevedibilità delle scelte e la sorpresa di un incontro. 

Con me stessa.

Nasce per farmi scoprire quante cose stanno dentro senza mai uscire.

Nasce per farmi capire che esiste un modo per farle uscire, per stare bene.

Atmosferica è diventata sfacciata nel giro di poco ed è riuscita a urlare ogni segreto dell’anima, ogni scoperta profonda che capitava lungo la strada o che si palesava dopo troppa ricerca.

Con riservatezza.

La verità è che Erica è ancora in viaggio e non si è mai fermata e Atmosferica è in continua attesa di risposte ed equilibri, di continuità, di costanza, di una zona di comfort mai creata. 

Appositamente.

Forse per cercare forza, energia nuova, stimoli e stima.

(Rompere gli equilibri sembra essere la mia passione. Ingiustificata. Da sempre.)

È molto difficile quindi avere costanza nella scrittura e nella confessione quando si è continuamente in viaggio, in cambiamento. Quando si corre verso l’ignoto chiamato “IL MEGLIO”.

Quando un giorno stai sul melo e quello dopo ti ritrovi sul pero.

Quando “IL MEGLIO” non esiste o forse è semplicemente troppo grande.

La trasformazione avviene velocemente, l’insoddisfazione porta a grandi corse verso cose ”migliori” e non rimane mai il tempo di fermarsi.

Ecco, Atmosferica è una maratoneta ancora in cerca della giusta tecnica per ottimizzare il risultato. 

Sarebbe fantastico andare veloce, con il giusto respiro, minimizzando la perdita di energia e la mancanza di fiato.

La stanchezza sarebbe minore, le gambe leggere, la giornata più lunga e Atmosferica presente.

Sempre presente.

Tutto questo per dire che non mi sono mai fermata, non mi sono ancora data pace.

Sono in perenne ricerca, ho cambiato tre volte posto di lavoro da quando sono tornata.

Tornata?

Solo ora penso di avere la seria intenzione di fermarmi, riflettere, apprezzare quello che ho costruito in questi 27 anni, quello che ho raggiunto contando su me stessa senza mai stimarmi abbastanza, senza mai capire cosa realmente fosse “IL MEGLIO”.

Mi fermo ora a gustare i piccoli traguardi raggiunti cercando di accettare e frenare l’indole che mi porta a spingere sempre l’acceleratore della vita.

Vorrei parlarti più spesso, vorrei sentirmi connessa a te che, nonostante tutto, digiti “Atmosferica blog” su Google.

Lo vedo! Ti seguo, ti sento!

Leggo i termini di ricerca con cui entri in contatto con me e cerchi i miei scritti. Mi viene da pensare solo a cose belle, mi immagino un legame che sia positivo e ricco di comprensione anche se non ci conosciamo. 

Magari mi hai trovato per caso.

Mi identifichi come quella del “Viaggio in Australia”, “Atmosferica e artisti di strada”, “Maddaloni Atmosferica”, “Il Monaco che vendette la sua Ferrari”, “Atmosferica deserto”, “Respira, ascolta e ama”, “Atmosferica spirituale”, “Raccogliere pere Australia :)”, “Partire e non tornare”, “Nostalgia Atmosferica blog”, “Vivere a Sydney”…e tanto, tanto, tanto altro.

Queste sono alcune delle parole e delle frasi che ti portano a me. Per la prima volta in questi giorni o dall’inizio di questo viaggio mai finito e infinito.

Sono felice di aver creato questo angolo di cielo.

Un posto per pochi, di cari pensieri, profondi, ma accessibili a tutti. Sinceri.

Sono contenta sia tutto qui da leggere e respirare, ricordare e rivivere. Sognare.

Oggi, come il 12 Novembre 2015.

Anche io spesso mi cerco. 

Uso termini di ricerca a cui Google non trova risultato.

Mi cerco tra le parole della gente e tra le tue. Mi vedo. Mi ascolto, tra le mie.

Allora posso dire di esserci ancora e di averti scritto dall’angolo più vero.

Dal nostro angolo di cielo.

Grazie.

Erica, anzi Atmosferica.

Riflettevo, improvvisamente.

Riflettevo che, nella foga del volere tutto e subito mi sono lasciata sfuggire tante grandi soddisfazioni nella vita.
Tanti risultati che sarebbero stati raggiunti con pazienza e dedizione, sono andati persi a causa della voglia di arrivare, della fretta di dimostrare a me stessa che ce l’avrei potuta fare.

Riflettevo che è bello segnare un punto lontano da raggiungere piano piano senza scorciatoie, senza trucchi o deviazioni verso punti più vicini.
Pensare di voler arrivare là, è bello e stimolante, è una direzione, una strada di grande luce smagliante.

Riflettevo che senza volerlo troppo, senza saperlo del tutto, ho agito secondo il veloce istinto pensando di poter arrivare lontano in poco tempo, facendo poca strada. Sbagliando.

Chi sono io? Non ho questo potere.

Riflettevo che assaporare traguardi sudati è bello. Godere del sapore del tempo è bello. Gustare la fatica che strizza la mente, l’affanno che non fa dormire la notte. È bello.


Ti chiedi perché gli occhi sono spenti mentre la mente confusa è attenta ai tradimenti.


Riflettevo che ogni nodo trova la sua soluzione, ogni mistero ha un semplice segreto da svelare, la curiosità di scoprire fa crescere e un giorno ti trovi più grande.
Improvvisamente.

Riflettevo che tutto il negativo diventa bello se giustiziato da una grande soddisfazione. Tutto il sacrificio e la forza d’animo portano un premio d’oro, lucente.

Riflettevo che sto diventando grande, come i piccoli traguardi raggiunti…

…tra tutta questa gente.

Erica anzi, Atmosferica.

Un motivo c’era.

Forse serve una mattina tranquilla anche se un po’ influenzata per lasciare che il corpo si rilassi e che la mente torni a viaggiare un po’.
Forse serve una fotografia ricevuta da Valentina, una mappa di quel Paese lontano che ancora oggi mi rende orgogliosa dei passi da gigante che mi ha fatto fare per poterlo attraversare tutto, da Ovest a Est.

Leggo dei nomi, vedo le poche e lunghe strade tracciate di rosso, le ripercorro con Amore ma senza nostalgia.
Lí ci sono andata davvero.
Un posto lontano di cui ricordo la fatica mentale, la mancanza di casa unita alla voglia di farcela. Un viaggio di scoperta e rivelazione che mi ha permesso di affermare la mia forza, il mio coraggio, la mia grande libertà, il mio “io”, il mio potere, i miei desideri.

“Australia” per me non vuol dire “canguri e ragni” ma molto di più. Per me significa Viaggio Interiore, cielo immenso e lunghe strade infinite.

Per me “Australia” è sinonimo di grandezza e infinito, indipendenza emotiva e fisica, lavoro stancante e tanta natura.

“Australia” è nel mio cuore e a volte me ne dimentico, concentro tutta l’attenzione sul presente senza pensare a quel posto che mi ha fatto rinascere, mi ha fatto imparare che “Se vuoi, Puoi” e che oltre alle meraviglie naturali c’è molto altro da scoprire, basta volerlo cercare e trovare.

Sono quasi felice, oggi, di non essere troppo in forma. Il mio corpo si è fermato per un motivo.

Sono contenta di poter volare su quell’aereo della mia crescita e sulle ali di quella scelta presa con grande coraggio. Un biglietto di sola andata, pochi soldi in tasca, la preoccupazione dei miei genitori e troppa voglia di dimostrare che “Un motivo c’era” e che dovevano fidarsi di me.

Dovevo fidarmi di me.

Mi serve guardare una cartina, mi serve leggere il nome della città di Perth in cui sono arrivata ma da cui non sono partita. Mi serve leggere Indian Ocean per rivedere onde alte e travolgenti, per sentire l’acqua gelida che mi bagnava i piedi e che voleva portarmi via, il vento forte e la sabbia dritta dritta sugli stinchi, gli schizzi in faccia, i surfisti che erano tanto bravi e coraggiosi ma mai troppo belli come tutti pensano.
I gabbiani sempre compagni, le rocce che cambiavano colore, i miei occhi illuminati dal cielo stellato, la notte.

Poi ritrovo il Nullarbor Plain, una distesa di niente e di sete, il vuoto più assoluto che ho riempito di pensieri, chilometro dopo chilometro. Auto-analisi, canzoni, risate al vento e tante fotografie. Uh, quante.

Detto questo…

Auguro a te, di ritrovarti nel deserto delle paure e delle incertezze per capire chi sei e da dove vieni, ma soprattutto dove vuoi andare.
Lí dove la mente è persa, l’unica possibilità che hai è creare la tua strada e farla tua in ogni curva e ostacolo.

Decidi tu la rotta della tua vita, lasciati guidare dalla tua essenza, e non potrai che prendere la direzione giusta.

Erica, anzi Atmosferica.

Un foglio bianco.

Nel momento della mentale confusione, fai ordine su un foglio bianco.

Prendi carta bianca e riparti da zero, prova a disegnare o scrivere quel che senti davvero.
Interpreta quello spazio come un lento respiro, una finestra sul mondo da cui vedere quel che ti piace, da cui parlare con una persona che ti da pace.

Su quel foglio potresti tornare bambino e disegnare ghirigori che da piccolo tappezzavano libri e quaderni, i muri della stanza e i divani di casa.
Potresti tornare a quel punto in cui tutto era incondizionato e la tua mente libera da ogni pensiero, dannato.
Riparti con quei fiori, con i cuori, le stelle e le coccinelle, con fantasie a colori.
Prosegui con le greche astratte, quelle che impegnano la mano, quelle che occupano tutto lo spazio senza dare un senso preciso.

Quando la carta è bianca, si canta!

Senza preavviso parte una dichiarazione d’amore, un messaggio di addio o un racconto di un viaggio infinito, parla una confessione o una breve frase esce dal cuore. A volte accade in una sola parola, che dice tutto e che si ripete ancora. Racconta una vita, una storia, una persona.

UNA ROSA

Magari è il tuo nome, la tua firma. La tua voglia di sentirti, viverti, ammirarti e stimarti. Forse sei tu che vieni a galla, la carta bianca…impossibile non amarla.

Parti dall’alto o dal basso, se preferisci inizia dal centro. Disegna un vortice, segui il suo tratto, arriva fino al punto. In basso a destra mettici una mela, in un punto a caso una barca, a vela.

E allora fallo anche tu. Immergi il tuo sguardo in un punto bianco, coloralo a tuo piacimento. Cerca tra i pensieri neri quelli da disegnare e tieni quelli candidi fermi. Tienili saldi alla base, lasciali galleggiare.

Perché un foglio bianco significa creatività e libertà, scioglie nodi, spegne rumori e ti insegna come dal bianco possano nascere i colori.

Erica, anzi Atmosferica.

 

Scrivere e volare.

Penso sia il caso di aggiornare questo “diario di poco bordo” a bordo di un treno, quello che mi porta a casa.
Scrivere, come ben sai, aiuta a fare ordine tra i pensieri sempre troppo veloci, aiuta ad ascoltare la parte più profonda, quella che puntualmente viene messa in secondo piano ma anche in discussione.
Penso sia il caso perché credo sia bello, ogni tanto, fare un punto su quel che è, su quel che è stato.
Un po’ meno bello pensare a quel che sarà. Non è molto giusto.

È bello scrivere, dicevo, perché poi è più facile l’analisi e la ricerca di una direzione mai chiara ed esplicita nel vivere le brevi giornate scandite da ritmi e orari, abitudini e volti, appuntamenti e difficili spunti.
Se scrivo dico quel che voglio, seguo il mio filo, sciolgo i nodi pensierosi, grovigli di domande. Scrivo anche per non dimenticare. Quel giorno, quello a cui ancora non voglio pensare, sarò di nuovo diversa e forse avrò bisogno di leggere chi ero. Di capire chi sarò diventata.

Voglio così, interrompere il loop delle usanze solite e decido di scrivere, facendo di questo viaggio in treno, un momento di riflessione.

Mi chiedi che faccio, mi chiedi dove sono.
Mi dici che non scrivo più tanto, mi scuso e chiedo perdono. Mi sono sempre promessa di mantenere vivo questo canale di comunicazione perché aiuta e mi libera però, non è semplice.

Seguo il flusso di una vita di lavoro, di richieste al cielo che forse stanno arrivando. Forse. Altre tardano ad arrivare, bisogna pazientare.

Ho attraversato un periodo nero in cui, sopraffatta dalla negatività e dalle richieste, dall’aspettativa sempre troppo alta e dalla mancanza di riscontri, stavo andando giù. Stavo scendendo per un tunnel di buio e paura, di domande senza risposte, discese senza freno, stanze senza ossigeno. Una strana ansia chiudeva lo stomaco, disturbava il sonno, il cuore e il suo battito.

Mi chiedevo se fossi sbagliata e se la mia perenne insoddisfazione potesse mai portarmi a qualcosa di positivo.

Ero in attesa.

La risposta è no. La risposta era sempre chiara nella mia testa ma mai palesata nei miei gesti, nelle mie decisioni e nelle mie azioni.

Mi rendevo conto di avere la paura del tempo che passa, associata ad una graduale acquisizione di consapevolezza di quel che è stato il mio viaggio. Soprattutto interiore.

L’Australia.

Non voglio tornare sempre lì ma, devi credermi, è stato trasformante e solo ora iniziano a riaffiorare tante emozioni, realizzazioni, flash-back, la linfa vitale che scorreva in me, la crescita, la faccia di quel posto. Lontano.

Mai avrei pensato che potesse dare i suoi effetti così “tardi”, così improvvisi ed ingestibili. Nel periodo di buio, non riuscivo ad accettarmi ferma e cercavo di volare in continuazione, alla ricerca di qualcosa che, come sempre, era già dentro me.

Non era, è.

Per uscire da quel tunnel soffocante, ho dovuto ripercorrere tutta la strada, ho dovuto ripassare la lezione come se, nel mio viaggio anche introspettivo, fossi andata a scuola.
Ho ripercorso gli step che mi hanno portata qui, alla decisione di vivere una vita presente. Ho preso nuovamente decisioni già prese, ho rivissuto le sensazioni e le emozioni che quando ero lontana, mi spezzavano il fiato prendendomi alla gola. Mi accadeva di essere triste, malinconica ma anche gioiosa.

Ho iniziato, quindi, a guardare il mondo con uno sguardo meno assopito da inutili negatività, ho ripreso ad apprezzare le piccole cose e i piccoli gesti. Ho messo a fuoco, di nuovo, la bellezza della vita. Ho messo in discussione le mie esperienze, le ho raccontate nuovamente per riviverle e capirle, ho cercato di apprezzarmi e di complimentarmi con me stessa. Ho avuto coraggio ed è giusto vederlo, conoscerlo.
Mi stavo dimenticando di quanto sia bello vivere di semplicità e di niente, di natura e cielo, di un sorriso e del bacio della mamma.

Ho notato come sia cambiato tutto, non appena io abbia iniziato a concentrarmi sul mio presente. Un attimo esistenziale. Un secondo di tutto ma apparentemente di niente.

Viaggio ancora su questo treno.

I paesaggi fuori dal finestrino, scorrono e mutano. La pioggia cade leggera senza voler disturbare, le nuvole si muovono senza saper dove andare. I panni stesi sul balcone, la tegola rotta che sta lì, in bilico senza cadere. La signora guarda fuori senza realmente guardare, il treno scorre e corre manco volesse volare. Scappare.

Io sono felice di vedere tutto questo. Io guardo il mondo e lo vivo con entusiasmo. Noto i dettagli e i particolari, mi faccio sorprendere dalle ovvietà che  non sono troppo normali.

Bello scoprire come sia proprio il mio atteggiamento nei confronti della vita, a determinare la vita.
Il positivo chiama la luce e la novità, il modo di vedere le cose determina l’esito del cambiamento.

Probabilmente note ovvie, queste.

Dirai.

Probabilmente, però, occorre ricordarle sempre,

perché non si sa mai.

Erica, anzi Atmosferica.