Il mio viaggio continua…

Viaggiavo e sorridevo.
Ai capelli qualche boccolo, la pelle dorata e secca di salsedine.
Del mare.
Poggiavo i piedi sul sedile, tenevo le gambe piegate in uno stretto abbraccio.
Era il mio.
Più stringevo, più liberavo.
L’asfalto bollente correva veloce.

Ero felice.

La strada era al contrario e il cielo infinito.
Come fosse ieri ricordo che, ogni volta che guardavo su, faticavo con il respiro.
Erano giorni strani, pieni di tutto e di niente.
Ricordo come fosse ieri.
Ero talmente bella da farmi mancare il fiato.

Ehi cos’hai capito…

Ero bella dentro, ero un fiume in piena, forte e potente.
Nessuna barriera, nessun limite.
C’era solo quella strada e, su di lei, ho imparato a respirare.

Diritta e infinita.

Migliaia di secchi chilometri, il deserto, l’oceano e ancora il deserto.
Era verde.
Secco ma verde.
Avrei chiesto la velocità al suono, avrei voluto vedere la fine

ma non è mai arrivata.
Nemmeno quando mi sono fermata.

Quella strada continua, cambiano i colori e i paesaggi.
Migliaia di secchi chilometri, il deserto, l’oceano e poi ancora il deserto.

È verde.

Secco ma verde.

Il deserto della mia anima

che rinasce.

Erica, anzi Atmosferica.

Mi credi se ti dico che…

A Venezia l’acqua nei canali è tornata limpida e l’aria è pulita anche tra i pensieri.

Mi credi se ti dico che…

È buona da mangiare? Fresca da bere, da sorseggiare. 

Che bello respirare, che bello osservare e avere il tempo di studiare tutto ciò che sta dentro e che sta fuori.

Non avevo mai notato quella crepa nel muro e…il vicino ha cambiato divano, che strano.

La realtà, silenziosa.

La seconda vita sotto la nostra vita, quella che accade senza chiedere permesso, senza richiamare sempre la nostra attenzione.

Eppure succede…

Mi credi se ti dico che…siamo sempre concentrati su altro?

Ho tra le mani, davanti agli occhi, una fotografia scattata in un giorno di vacanza come quando è agosto e troviamo rifugio in una stanza.

Il caldo che soffoca ma che fa pensare, il vento che annaffia una giornata di sole.

Mi affaccio alla finestra e faccio una riflessione.

Ne avevamo bisogno.

Il colore non era più acceso, il suono stava diventando rumore, il tempo troppo breve, la stanchezza uno stato mentale.

La compagnia era forzatura o fastidio, era un “Vado perché altrimenti non la vedo più!”, la solitudine era sola, la sofferenza priva di stimolo. 

Una notte non bastava per ricaricare le batterie, per programmare e per chiarire.

Una notte non bastava per pensare perché la mente stava sveglia sperando solo di sognare.

Il giorno era troppo vicino.

Il cuore era troppo lontano.

La comunicazione era arrivata ai minimi storici, non c’era nemmeno bisogno di ignorarsi perché la vita stessa portava a separarsi.

Sempre più forte, sempre più invadente.

Far finta di niente.

Allora forse apprezzo tutto questo.

Ho il tempo di guardarmi allo specchio, la voglia di restare sveglia, in un abbraccio, per qualche momento…

Ho il desiderio di ascoltare e di contare le dolci rughe sul viso di mia madre.

Ho la fortuna di guardare il cielo, di ascoltare i suoni della natura e di una città silenziosa che non deve aver paura.

La luna. Il tramonto. Che meraviglia il mondo.

Ho ritrovato tre sorelle, le mie amiche, le chiacchiere tra anime gemelle.

Guardo la fiamma del camino, brucia di tempo e pace. Sento la sua voce.

Si sente osservata, sa di essere bella, cresce di tanti colori, è orgogliosa

monella.

Sento la risata di un bambino, sta giocando a freccette con il padre.

Sento lui che canta, lei che incazzata lo interrompe.

Sento battiti di mani e vedo tanti, tantissimi panni stesi.

Vedo i balconi illuminati, la gente annoiata che unita festeggia.

Metto le mani in pasta e sorrido, gioco con del pongo trascorrendo quel tempo che poi rimpiango.

Inizialmente torna a disturbare la fretta e poi mi dico, “per una volta aspetta!”

Mi credi se ti dico che…Questa è la volta di cui tutti dobbiamo godere, questa è l’occasione per ricucire.

È un momento fermo diverso da una vacanza perché non c’è egoismo, non c’è noia che non sia bella.

È il momento per disegnare un futuro più chiaro, per colorare un rapporto diventato bianco-nero, per dirsi quello che è vero.

Te ne prego. Fallo nel modo più sincero.

Quando tutto questo sarà finito, non dimentichiamolo. Teniamoci per mano e impariamo la vita di nuovo.

Come fossimo bambini.

Il tempo sarà diverso e ogni cielo nuvoloso, sarà comunque terso.

Ci sarà la fortuna di avere un lavoro, senza pensare che un mondo senza…sarebbe d’oro.

Ti saluto dal mio divano, quello grande e morbido dove trovo una mano.

E credimi per l’ultima volta se ti dico che…

Che sia la mia, che sia la tua, una mano c’è sempre e questo mi basta…

per andare oltre…

Erica, anzi Atmosferica.

P.S. Mi credi se ti dico che…sono ancora qui?

Erica anzi, Atmosferica

Leggo sulla mia pelle “Atmosferica” e mi chiedo se sono ancora io, ripenso a quel giorno in cui mi sono sentita tanto grande e coraggiosa al punto di sentirmi parte del cielo, Atmosferica, colei che circonda e protegge, che sta alta e senza paura.

Tanto grande da sentire il mio nome far parte del cielo, sulla pelle.

Ripenso a quel giorno.

Vado così a scavare tra i ricordi e tra le sensazioni che correvano veloci e spavalde lungo la mia colonna vertebrale.

Non avevano paura di nulla, né della velocità, né della lontananza.

Ritorno a quel momento in cui la decisione di scrivere e condividere era prima di tutto l’esigenza di urlare al mondo quanto fossi orgogliosa di me stessa e, in secondo luogo, era il bisogno di scavare nella mia anima tenendo le fila di tutto quello che ne sarebbe stato. 

Era novembre e io sentivo l’estate in arrivo.

Arrivava il freddo, quello potente.

Volavo verso il caldo, che riempie.

Atmosferica nasce dalla voglia di comunicare e di riflettere, nasce dal bisogno di mettere per iscritto lunghe riflessioni e attimi indelebili, sofferenze insofferenti, solitudini mai condivise e consapevolezze di pura gioia, la nostalgia di casa, l’imprevedibilità delle scelte e la sorpresa di un incontro. 

Con me stessa.

Nasce per farmi scoprire quante cose stanno dentro senza mai uscire.

Nasce per farmi capire che esiste un modo per farle uscire, per stare bene.

Atmosferica è diventata sfacciata nel giro di poco ed è riuscita a urlare ogni segreto dell’anima, ogni scoperta profonda che capitava lungo la strada o che si palesava dopo troppa ricerca.

Con riservatezza.

La verità è che Erica è ancora in viaggio e non si è mai fermata e Atmosferica è in continua attesa di risposte ed equilibri, di continuità, di costanza, di una zona di comfort mai creata. 

Appositamente.

Forse per cercare forza, energia nuova, stimoli e stima.

(Rompere gli equilibri sembra essere la mia passione. Ingiustificata. Da sempre.)

È molto difficile quindi avere costanza nella scrittura e nella confessione quando si è continuamente in viaggio, in cambiamento. Quando si corre verso l’ignoto chiamato “IL MEGLIO”.

Quando un giorno stai sul melo e quello dopo ti ritrovi sul pero.

Quando “IL MEGLIO” non esiste o forse è semplicemente troppo grande.

La trasformazione avviene velocemente, l’insoddisfazione porta a grandi corse verso cose ”migliori” e non rimane mai il tempo di fermarsi.

Ecco, Atmosferica è una maratoneta ancora in cerca della giusta tecnica per ottimizzare il risultato. 

Sarebbe fantastico andare veloce, con il giusto respiro, minimizzando la perdita di energia e la mancanza di fiato.

La stanchezza sarebbe minore, le gambe leggere, la giornata più lunga e Atmosferica presente.

Sempre presente.

Tutto questo per dire che non mi sono mai fermata, non mi sono ancora data pace.

Sono in perenne ricerca, ho cambiato tre volte posto di lavoro da quando sono tornata.

Tornata?

Solo ora penso di avere la seria intenzione di fermarmi, riflettere, apprezzare quello che ho costruito in questi 27 anni, quello che ho raggiunto contando su me stessa senza mai stimarmi abbastanza, senza mai capire cosa realmente fosse “IL MEGLIO”.

Mi fermo ora a gustare i piccoli traguardi raggiunti cercando di accettare e frenare l’indole che mi porta a spingere sempre l’acceleratore della vita.

Vorrei parlarti più spesso, vorrei sentirmi connessa a te che, nonostante tutto, digiti “Atmosferica blog” su Google.

Lo vedo! Ti seguo, ti sento!

Leggo i termini di ricerca con cui entri in contatto con me e cerchi i miei scritti. Mi viene da pensare solo a cose belle, mi immagino un legame che sia positivo e ricco di comprensione anche se non ci conosciamo. 

Magari mi hai trovato per caso.

Mi identifichi come quella del “Viaggio in Australia”, “Atmosferica e artisti di strada”, “Maddaloni Atmosferica”, “Il Monaco che vendette la sua Ferrari”, “Atmosferica deserto”, “Respira, ascolta e ama”, “Atmosferica spirituale”, “Raccogliere pere Australia :)”, “Partire e non tornare”, “Nostalgia Atmosferica blog”, “Vivere a Sydney”…e tanto, tanto, tanto altro.

Queste sono alcune delle parole e delle frasi che ti portano a me. Per la prima volta in questi giorni o dall’inizio di questo viaggio mai finito e infinito.

Sono felice di aver creato questo angolo di cielo.

Un posto per pochi, di cari pensieri, profondi, ma accessibili a tutti. Sinceri.

Sono contenta sia tutto qui da leggere e respirare, ricordare e rivivere. Sognare.

Oggi, come il 12 Novembre 2015.

Anche io spesso mi cerco. 

Uso termini di ricerca a cui Google non trova risultato.

Mi cerco tra le parole della gente e tra le tue. Mi vedo. Mi ascolto, tra le mie.

Allora posso dire di esserci ancora e di averti scritto dall’angolo più vero.

Dal nostro angolo di cielo.

Grazie.

Erica, anzi Atmosferica.

Riflettevo, improvvisamente.

Riflettevo che, nella foga del volere tutto e subito mi sono lasciata sfuggire tante grandi soddisfazioni nella vita.
Tanti risultati che sarebbero stati raggiunti con pazienza e dedizione, sono andati persi a causa della voglia di arrivare, della fretta di dimostrare a me stessa che ce l’avrei potuta fare.

Riflettevo che è bello segnare un punto lontano da raggiungere piano piano senza scorciatoie, senza trucchi o deviazioni verso punti più vicini.
Pensare di voler arrivare là, è bello e stimolante, è una direzione, una strada di grande luce smagliante.

Riflettevo che senza volerlo troppo, senza saperlo del tutto, ho agito secondo il veloce istinto pensando di poter arrivare lontano in poco tempo, facendo poca strada. Sbagliando.

Chi sono io? Non ho questo potere.

Riflettevo che assaporare traguardi sudati è bello. Godere del sapore del tempo è bello. Gustare la fatica che strizza la mente, l’affanno che non fa dormire la notte. È bello.


Ti chiedi perché gli occhi sono spenti mentre la mente confusa è attenta ai tradimenti.


Riflettevo che ogni nodo trova la sua soluzione, ogni mistero ha un semplice segreto da svelare, la curiosità di scoprire fa crescere e un giorno ti trovi più grande.
Improvvisamente.

Riflettevo che tutto il negativo diventa bello se giustiziato da una grande soddisfazione. Tutto il sacrificio e la forza d’animo portano un premio d’oro, lucente.

Riflettevo che sto diventando grande, come i piccoli traguardi raggiunti…

…tra tutta questa gente.

Erica anzi, Atmosferica.

Un foglio bianco.

Nel momento della mentale confusione, fai ordine su un foglio bianco.

Prendi carta bianca e riparti da zero, prova a disegnare o scrivere quel che senti davvero.
Interpreta quello spazio come un lento respiro, una finestra sul mondo da cui vedere quel che ti piace, da cui parlare con una persona che ti da pace.

Su quel foglio potresti tornare bambino e disegnare ghirigori che da piccolo tappezzavano libri e quaderni, i muri della stanza e i divani di casa.
Potresti tornare a quel punto in cui tutto era incondizionato e la tua mente libera da ogni pensiero, dannato.
Riparti con quei fiori, con i cuori, le stelle e le coccinelle, con fantasie a colori.
Prosegui con le greche astratte, quelle che impegnano la mano, quelle che occupano tutto lo spazio senza dare un senso preciso.

Quando la carta è bianca, si canta!

Senza preavviso parte una dichiarazione d’amore, un messaggio di addio o un racconto di un viaggio infinito, parla una confessione o una breve frase esce dal cuore. A volte accade in una sola parola, che dice tutto e che si ripete ancora. Racconta una vita, una storia, una persona.

UNA ROSA

Magari è il tuo nome, la tua firma. La tua voglia di sentirti, viverti, ammirarti e stimarti. Forse sei tu che vieni a galla, la carta bianca…impossibile non amarla.

Parti dall’alto o dal basso, se preferisci inizia dal centro. Disegna un vortice, segui il suo tratto, arriva fino al punto. In basso a destra mettici una mela, in un punto a caso una barca, a vela.

E allora fallo anche tu. Immergi il tuo sguardo in un punto bianco, coloralo a tuo piacimento. Cerca tra i pensieri neri quelli da disegnare e tieni quelli candidi fermi. Tienili saldi alla base, lasciali galleggiare.

Perché un foglio bianco significa creatività e libertà, scioglie nodi, spegne rumori e ti insegna come dal bianco possano nascere i colori.

Erica, anzi Atmosferica.

 

Scrivere e volare.

Penso sia il caso di aggiornare questo “diario di poco bordo” a bordo di un treno, quello che mi porta a casa.
Scrivere, come ben sai, aiuta a fare ordine tra i pensieri sempre troppo veloci, aiuta ad ascoltare la parte più profonda, quella che puntualmente viene messa in secondo piano ma anche in discussione.
Penso sia il caso perché credo sia bello, ogni tanto, fare un punto su quel che è, su quel che è stato.
Un po’ meno bello pensare a quel che sarà. Non è molto giusto.

È bello scrivere, dicevo, perché poi è più facile l’analisi e la ricerca di una direzione mai chiara ed esplicita nel vivere le brevi giornate scandite da ritmi e orari, abitudini e volti, appuntamenti e difficili spunti.
Se scrivo dico quel che voglio, seguo il mio filo, sciolgo i nodi pensierosi, grovigli di domande. Scrivo anche per non dimenticare. Quel giorno, quello a cui ancora non voglio pensare, sarò di nuovo diversa e forse avrò bisogno di leggere chi ero. Di capire chi sarò diventata.

Voglio così, interrompere il loop delle usanze solite e decido di scrivere, facendo di questo viaggio in treno, un momento di riflessione.

Mi chiedi che faccio, mi chiedi dove sono.
Mi dici che non scrivo più tanto, mi scuso e chiedo perdono. Mi sono sempre promessa di mantenere vivo questo canale di comunicazione perché aiuta e mi libera però, non è semplice.

Seguo il flusso di una vita di lavoro, di richieste al cielo che forse stanno arrivando. Forse. Altre tardano ad arrivare, bisogna pazientare.

Ho attraversato un periodo nero in cui, sopraffatta dalla negatività e dalle richieste, dall’aspettativa sempre troppo alta e dalla mancanza di riscontri, stavo andando giù. Stavo scendendo per un tunnel di buio e paura, di domande senza risposte, discese senza freno, stanze senza ossigeno. Una strana ansia chiudeva lo stomaco, disturbava il sonno, il cuore e il suo battito.

Mi chiedevo se fossi sbagliata e se la mia perenne insoddisfazione potesse mai portarmi a qualcosa di positivo.

Ero in attesa.

La risposta è no. La risposta era sempre chiara nella mia testa ma mai palesata nei miei gesti, nelle mie decisioni e nelle mie azioni.

Mi rendevo conto di avere la paura del tempo che passa, associata ad una graduale acquisizione di consapevolezza di quel che è stato il mio viaggio. Soprattutto interiore.

L’Australia.

Non voglio tornare sempre lì ma, devi credermi, è stato trasformante e solo ora iniziano a riaffiorare tante emozioni, realizzazioni, flash-back, la linfa vitale che scorreva in me, la crescita, la faccia di quel posto. Lontano.

Mai avrei pensato che potesse dare i suoi effetti così “tardi”, così improvvisi ed ingestibili. Nel periodo di buio, non riuscivo ad accettarmi ferma e cercavo di volare in continuazione, alla ricerca di qualcosa che, come sempre, era già dentro me.

Non era, è.

Per uscire da quel tunnel soffocante, ho dovuto ripercorrere tutta la strada, ho dovuto ripassare la lezione come se, nel mio viaggio anche introspettivo, fossi andata a scuola.
Ho ripercorso gli step che mi hanno portata qui, alla decisione di vivere una vita presente. Ho preso nuovamente decisioni già prese, ho rivissuto le sensazioni e le emozioni che quando ero lontana, mi spezzavano il fiato prendendomi alla gola. Mi accadeva di essere triste, malinconica ma anche gioiosa.

Ho iniziato, quindi, a guardare il mondo con uno sguardo meno assopito da inutili negatività, ho ripreso ad apprezzare le piccole cose e i piccoli gesti. Ho messo a fuoco, di nuovo, la bellezza della vita. Ho messo in discussione le mie esperienze, le ho raccontate nuovamente per riviverle e capirle, ho cercato di apprezzarmi e di complimentarmi con me stessa. Ho avuto coraggio ed è giusto vederlo, conoscerlo.
Mi stavo dimenticando di quanto sia bello vivere di semplicità e di niente, di natura e cielo, di un sorriso e del bacio della mamma.

Ho notato come sia cambiato tutto, non appena io abbia iniziato a concentrarmi sul mio presente. Un attimo esistenziale. Un secondo di tutto ma apparentemente di niente.

Viaggio ancora su questo treno.

I paesaggi fuori dal finestrino, scorrono e mutano. La pioggia cade leggera senza voler disturbare, le nuvole si muovono senza saper dove andare. I panni stesi sul balcone, la tegola rotta che sta lì, in bilico senza cadere. La signora guarda fuori senza realmente guardare, il treno scorre e corre manco volesse volare. Scappare.

Io sono felice di vedere tutto questo. Io guardo il mondo e lo vivo con entusiasmo. Noto i dettagli e i particolari, mi faccio sorprendere dalle ovvietà che  non sono troppo normali.

Bello scoprire come sia proprio il mio atteggiamento nei confronti della vita, a determinare la vita.
Il positivo chiama la luce e la novità, il modo di vedere le cose determina l’esito del cambiamento.

Probabilmente note ovvie, queste.

Dirai.

Probabilmente, però, occorre ricordarle sempre,

perché non si sa mai.

Erica, anzi Atmosferica.

Torno a respirare.

Ed è proprio quando parli con Valentina, Giulia, Elena, Mattia…che torni a respirare.
Ed è proprio quando ricevi un grande riscontro pieno di significato e che va oltre le parole di un casuale incontro, che ricominci a respirare piena della tua libertà.

Quella interiore, che nessuno può vedere.


Ho ricevuto una grande spinta emotiva con cui ora, torno a scrivere con un altro “perché” ed un altro spirito. Con un motivo che è solo mio e con la volontà di lasciar fluire il fiume della mia anima, senza ostacolarlo più.

Oggi, nella vita di una routine scandita, schedulata e schematica, faccio miei momenti non condivisi e cammino per chilometri con una meta. Sconosciuta. O forse conosciuta. La musica sempre accesa ed il cuore in perenne attesa.
Cerco di non perdere di vista chi sono e dove io stia andando, mettendo in secondo piano la voce che vuole scrivere ma pensa non sia il caso.

No, ora non posso.

Cosa stava succedendo?
Uno strano torpore mi stava uccidendo.

Lascio fluire pensieri per me banali e normali, non trovo un senso a tutto quel che passa ma so perfettamente che devo portare pazienza.
La vita scorre veloce ed io non lo voglio accettare, non scrivo per aspettare un momento migliore che puntualmente tarda ad arrivare. È tutto un cambiamento che schiaccia il domani e le ispirazioni, non lasciandomi libera di respirare.

Non sto dietro alla trasformazione e non sto al passo con la mia continua voglia di rivoluzione. La perenne insoddisfazione fa i conti con la voglia di pazientare e di incanalare l’energia in un posto speciale.
Nel mio cuore.

Il mio habitat naturale.

Lì dentro mi trasformo in uccello e passo le giornate a volare.

Scrivere aiuta a parlare con chi non sa ascoltare, con chi non lascia spazio al libero divagare. Scrivo per me e per te che forse puoi capire, ma che probabilmente là fuori non staresti a sentire.

Mi guarderesti da lontano, camminare.

Troppi meccanismi rovinano i rapporti, tanti pensieri li rendono distorti e chissà mai perché ma, in fin dei conti, finisco sempre parlando con rime e assonanze forti. Consonanze lievi. Pensieri nati e poi morti.

Che ne so.

La mia testa deve liberarsi da prigioni inesistenti e riuscire ad esprimersi senza limiti, confini o giusti momenti.
Di giusto non c’è niente e di sbagliato neppure, soprattutto quando si è soli ad interpretare uno strano rumore, un silenzio interiore.

Scrivo per Valentina, Giulia, Elena e Mattia.
Scrivo per me.
Scrivo per dimostrare che amo questo scambio, un giusto compromesso tra lo scritto e il non detto.
Scrivo perché è curativo farlo, dentro ad un mondo dove tutto è sotto controllo.

Li ringrazio per avermi svegliato, stavo dormendo ma, soprattutto, pensando.
Stavo meditando e misurando un posto infinito. Avrei fallito senza rendermene conto.
Questa è una nuova alba che nasce dal mare, è un tramonto da colorare ed io sono fatta di zucchero, pane e pace interiore.

Erica, anzi Atmosferica.
Di nuovo, mi commuovo.

Napul’è

Bello vivere e visitare una città, sempre stata sulla bocca di tutti ma mai gustata di persona. Finalmente anche io ho potuto assaporare i suoi gusti, annusare i suoi profumi.

Che buona. Era ora.

Napoli mi ha sempre incuriosita, a partire dal suo nome, mi ha sempre dato l’idea di buono, bello, arioso, italiano e saporito.
I detti e le citazioni, le canzoni, i pareri e le dicerie, il caffè, l’accoglienza, la magia, la pizza e la pazzia, la sfogliatella, il mare e il Vesuvio, il cielo, il dialetto e le polpette al ragù.

Ho camminato tanto, assaggiato, ascoltato e finalmente capito. Qualcosa, non tutto. Per il tutto non basterebbe una vita.
Il caffè è buono soprattutto amaro, è cremoso e costa 90 centesimi, non c’è la presunzione ma la consapevolezza, quella vera, quella che tace ma è evidente e ti spiazza.

La città è grande ma non ho ben capito quanto, le persone sono accomodanti, gentili e accoglienti. Dopo qualche minuto di conversazione si è già amici, c’è la voglia di andare a fondo e di conoscersi con naturalezza. Che bellezza. Ci si guarda sorridendo e si canta per la strada. Si ride, si gode.
Mi sento un po’ come loro e la mia origine lo testimonia. Sì, sono terrona e anche con orgoglio, con foga.

Quel dialetto spaccato e stretto, rigido ma quasi melodico, ti arriva a volte dritto in faccia come uno schiaffo, ma nelle canzoni tocca prima il cuore, dolcemente, senza far rumore.

Scrivo di Napoli e sono felice, quanta gioia in questo posto e quanta semplicità tra le persone, libertà di espressione, la moda, lo stile in comunione.
Mi sono aperta al nuovo, mi sono chiusa al vecchio, ho cercato di non perdermi niente, per sbaglio, per giusto, per fortuna, con gusto.

Napoli vive tra le canzoni romantiche e le chitarre degli artisti di strada, galleggia sul mare con maestosità ed è talmente fitta da dare forma alle colline. Case antiche e nuove, ammassate tra panni stesi e signore affacciate ad osservare, a fumare sigarette inquinate da una povera vita, da una tristezza infinita.

La pizza fritta ha sconvolto il mio palato, la compagnia napoletana ha reso il tutto ancor più gustoso, leggero e sicuro, potenziando l’intensità del viaggio. Mi pareva di stare con un Cicerone saggio, ed ero con amiche grintose, curiose, giocose.

Divertente.

Era buona, intendo la pizza.
Ne avrei mangiate fino a scoppiare e aveva un buon gusto d’Italia. Quel gusto verde, rosso e bianco, quello del basilico e del pomodoro, quello della ricotta servita fresca, la mozzarella.

Napoli, quanto sei bella.

La sfogliatella croccante di sfoglia o di frolla, con quel velo di zucchero che ti imbratta la faccia, ti fa tornare bambina. Come quando mangiavi il gelato al cioccolato, con gusto, senza prendere fiato.

Era carnevale, domenica.
I bambini qui ci credono, non hanno messo via i sogni e girano per le strade con le bolle di sapone e le spade nella roccia, corrono in riva al mare tra i palloncini, gli alberghi ed un tramonto sul finale. Senza sosta.

C’è impegno e cura, sporcizia e disordine, c’è caos tra un vento fresco e sottile, tagliente, pungente. Quanta gente.
Napoli la sera sembra estate tutto l’anno, bevi un drink sul muretto, davanti al baretto. Il locale è chiamato così, questa è la dicerìa del ghetto.
Stai in compagnia in maniera naturale, di lavoro non si parla, si vive la vita che passa una volta. Il napoletano ti mostra con orgoglio, ti guida, istruisce. Ti fa cantare, mangiare e ti porta a ballare.

Il napoletano alleggerisce.

Per parlare di scultura e cultura, il Cristo Velato mi ha lasciato a bocca asciutta. Lo guardavo con occhi increduli, Lui, sdraiato e morente, sembrava ancora vivo e non fatto di pietra. Un velo sopra al corpo che sembra di tessuto, s’intravede in trasparenza il viso che soffre, la mano non mente.

Un ultimo giro nella piazza, un negozio vintage di gente squisita, una foto alla pizza e la Coca-Cola Fresca.
C’era il sole caldo che baciava il mio viso e poi quella strana voglia di caffè, all’improvviso.

Erica, anzi Atmosferica.

Vorrei essere una stella.


Sii curioso ed imprevedibile.
Non permettere mai a nessuno di poter calcolare le tue mosse e le tue idee.

Sii deciso nel compiere una scelta e nel portarla a termine. Non permettere mai a nessuno di pensarti inadeguato, non all’altezza, poco determinato.

Sii anche determinante nel risultato, mettici passione e coraggio, forza e motivazione.

Non permettere mai ai tuoi sogni di credersi più grandi di te, non sentirti mai esagerato nel pretendere il meglio dal tuo futuro.

Sii sempre pronto e tieni gli occhi aperti. La qualsiasi occasione potrebbe camminare sotto ai tuoi occhi in qualsiasi istante.

Sii grato alla vita ogni giorno, sii felice e sorridi sempre. Non aver paura di esprimere la tua opinione ma cerca di farlo con i dovuti modi.

Studia il tuo modo di fare e la tua persona, impara da te e dagli altri. Correggi gli errori, amati e ringraziati.

Sii gentile ed educato ma non farti mettere i piedi in testa da nessuno. Loro non sanno chi c’è dentro di te, loro non sanno da dove vieni, loro non sanno che cosa è accaduto.

Sii predisposto al cambiamento e abbi la forza di lanciarti nel vuoto. Non sempre si cade, qualche volta si può spiccare il volo.

Io questo l’ho provato, l’ho testato, ho volato.

Te lo giuro.

Cerca di giorno in giorno un nuovo spunto, un nuovo trampolino di lancio. Che siano due occhi o una mano, che sia una storia o una parola.

Fai della tua vita un’opera d’arte o una sala giochi, un lunapark pieno di giostre, saltimbanchi, luci e voci.

La sera nel letto fai respiri profondi, pensa al cielo infinito e alle stelle disperse. Stanno lassù senza nome come a dire:

“Siamo ugualmente belle”.


Io la stella la farei di professione, starei ferma ad emanare luce.

Da lassù vedrei cose che vuoi umani non potreste vedere, canterei ninnananne e farei da lume alle cene romantiche.

Con piacere.

Mi poserei sulla spalla di colui che piange, salterei giù dal cielo per fare promesse.

Mi ci sento davvero a volte, quando mi dicono di non smettere mai di splendere.

Di stelle ce ne sono tante ma farei la grande fatica di accenderle tutte quante.

Su e giù per l’universo, ininterrottamente.

Perchè le stelle son sogni e non potrei lasciarle spente.

Buonanotte.

Erica, anzi Atmosferica.

Ciao Amici.

Ho scritto per i miei amici,
quelli veri,
una filastrocca.
L’ho recitata una sera, davanti a loro e con il sorriso in bocca.
La ripropongo qui di seguito per farti partecipare,
con grande piacere.

Erano presenti tutti quanti, le mie stelle cadenti.
Era il mio compleanno.
Sono 26 quest’anno.
Sorridendo leggevo dedicando ad ognuno uno sguardo.
È stato speciale ma lascio giudicare a te,
dalle parole.

Dovresti cercare di visualizzare ognuno di loro,
in un’immagine semplice che,
con amore,
coloro.


14 gennaio 2017

Ciao Amici.
Che bello avervi qui stasera.

Sono sincera,
è un’emozione vera.

Ora che la storia è cominciata,
ognuno di voi penserà che sono la solita svitata.

Con le parole mi piace arrivare dove il cuore parla,
e questa qualità,
ho deciso di sfruttarla.

Tra voi vedo amici nuovi e vecchi,
maturi o acerbi,
sorelle e “fratelli”.

Sono felice,
ma soprattutto ricca di voi.
Preziosi gioielli.
Ma quanto siete belli?

Ho riunito in un tavolo la mia famiglia.
Non quella che mi ha creato ma quella che comunque mi somiglia.
Perchè, prima di dire che io ho scelto voi,
mi piace pensare che voi avete scelto me.
Se siete qui, c’è un perché!

Lo sapete che sono così, poetessa nel profondo,
ciclone nella giusta occasione e poi capricorno,
ascendente scorpione.

Sono fuoco e passione,
sono il vento nel mare,
sono un pesce in continua ricerca,
in questo interminabile girare.

Confermate?

E ora parlerei un pò di voi, cari i miei eroi.

Parlerei di te nata con me nel mese di gennaio.
Sei sorella, spesso dicono anche gemella e poi…
Sei bella.
Io vorrei per una volta soffiare con te la candelina,
che ne dici Ciambellina?

Ad occhi chiusi pesco il nome di Mattia.
Con grande piacere e onore ti presento tutti quanti,
qui nella città dei miei sogni.
A Milano adoro fantasticare
proprio come quando era il momento di viaggiare.

Beatrice,
preferisci che ti chiami pittrice?
Tu che grandi cuori rossi dipingi, tra le mie certezze alloggi.
Oggi come ieri, fai tuoi i miei pensieri di domani
e dimmi che rimani.

Silvia, come stai?
Tu e Mariolini siete per me una casa calda, un morbido divano,
l’affettato arrotolato su un grissino.
Una cioccolata con panna, due cuori e una capanna.
Grazie delle coccole e delle risate,
grazie della semplicità che sempre mi insegnate.

Francesca?
Ciao!
Tu che eri l’amica dell’amica.
Ora chi sei?
Sei la mia acqua pulita e il mio sapone al lampone,
chiarezza di pensiero ed emozione.
Io sono felice di starti accanto,
qui ed ora,
intoniamo il nostro segreto canto.

<

p style=”text-align: left;”>Chiara.
Riccia o liscia?
 Bionda o mora?
La bionda mi insegna dolcezza,
la mora ogni tanto mi accarezza.
La liscia è bella e curiosa, ha gli occhi grandi, è una mimosa.
La riccia sprizza simpatia da tutti i pori, quando c’è pulsa come mille cuori.

Luca Gatti sei un uomo da sposare.
“Forza fanciulle, fatevi avanti e fatelo ballare!”
Amante del buon mangiare e del ben dormire,
sei curioso, intelligente e sempre figo nel vestire.

Valentina,
Amante del buon gusto e del silenzio,
con tuo stile abbini accessori ad ogni nuovo inizio.
Siamo diverse, opposte e spesso contorte però ci amiamo follemente ed il nostro legame è forte.

Ehi dolce Marta, diventi zia?
Con quegli occhi scuri e quel sorriso luminoso indicherai la via.
Immagino il tuo viso vicino a quello del mare ed è bello,
quando mi lascio andare.

Alessandra, tenero muso.
Ti vedo in continua scalata ed ascesa, sei forte e potente, sei pura di sorgente.
Ti auguro di vincere ogni scommessa
ma a prescindere da ciò,
sei la mia campionessa.

Alessandro hai tante passioni eh?
Io non sono poetica come la zia ma adesso mi concentro, e via…lascio la scia.
La lascio come te, sulla neve fresca di montagna,
con quel tuo sguardo buono come un pandispagna.

Qui stasera, Marisol splende come sempre di una luce tutta sua.
Buona fortuna amica mia.
Ti auguro presto di realizzare i sogni nel cassetto
e di offrire a tutti quanti un buon confetto.

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p style=”text-align: left;”>Laura, mamma mia.
Ricordo di te l’immagine dei tuoi capelli.
Erano gialli, rosa, viola e forse anche verdi.
Tra me e me pensavo:
”Che matta!”
Ora guarda qui, che mi sono fatta!
Vogliamo parlare di Cecilia?
Sento verso di lei un bene speciale, mi rende felice,
è fantasticamente vitale.
Sorride con gli occhi come anche tu sai fare e profuma di buono.
È tutta da baciare.

Elisa e le mie sorelle.
Le mie stelle più belle.
Voi fate luce dal cielo ed è grazie a voi che non mi perdo.
Senza di voi sarebbe tutto buio e lento,
spento.
Non esisterebbe l’oro ma solo l’argento.

Non dovevi esserci ma alla fine sei arrivato,
Andrea,
amico mio quanto mi sei mancato.
Prometti di non perdere mai energia e vita,
perchè per te non esiste salita.

Bene, torniamo a noi…
Grazie di tutto Amici miei,
Siete tutto quello che ho e che in un’altra vita vorrei.


Erica, anzi Vostra Atmosferica.