Un foglio bianco.

Nel momento della mentale confusione, fai ordine su un foglio bianco.

Prendi carta bianca e riparti da zero, prova a disegnare o scrivere quel che senti davvero.
Interpreta quello spazio come un lento respiro, una finestra sul mondo da cui vedere quel che ti piace, da cui parlare con una persona che ti da pace.

Su quel foglio potresti tornare bambino e disegnare ghirigori che da piccolo tappezzavano libri e quaderni, i muri della stanza e i divani di casa.
Potresti tornare a quel punto in cui tutto era incondizionato e la tua mente libera da ogni pensiero, dannato.
Riparti con quei fiori, con i cuori, le stelle e le coccinelle, con fantasie a colori.
Prosegui con le greche astratte, quelle che impegnano la mano, quelle che occupano tutto lo spazio senza dare un senso preciso.

Quando la carta è bianca, si canta!

Senza preavviso parte una dichiarazione d’amore, un messaggio di addio o un racconto di un viaggio infinito, parla una confessione o una breve frase esce dal cuore. A volte accade in una sola parola, che dice tutto e che si ripete ancora. Racconta una vita, una storia, una persona.

UNA ROSA

Magari è il tuo nome, la tua firma. La tua voglia di sentirti, viverti, ammirarti e stimarti. Forse sei tu che vieni a galla, la carta bianca…impossibile non amarla.

Parti dall’alto o dal basso, se preferisci inizia dal centro. Disegna un vortice, segui il suo tratto, arriva fino al punto. In basso a destra mettici una mela, in un punto a caso una barca, a vela.

E allora fallo anche tu. Immergi il tuo sguardo in un punto bianco, coloralo a tuo piacimento. Cerca tra i pensieri neri quelli da disegnare e tieni quelli candidi fermi. Tienili saldi alla base, lasciali galleggiare.

Perché un foglio bianco significa creatività e libertà, scioglie nodi, spegne rumori e ti insegna come dal bianco possano nascere i colori.

Erica, anzi Atmosferica.

 

Scrivere e volare.

Penso sia il caso di aggiornare questo “diario di poco bordo” a bordo di un treno, quello che mi porta a casa.
Scrivere, come ben sai, aiuta a fare ordine tra i pensieri sempre troppo veloci, aiuta ad ascoltare la parte più profonda, quella che puntualmente viene messa in secondo piano ma anche in discussione.
Penso sia il caso perché credo sia bello, ogni tanto, fare un punto su quel che è, su quel che è stato.
Un po’ meno bello pensare a quel che sarà. Non è molto giusto.

È bello scrivere, dicevo, perché poi è più facile l’analisi e la ricerca di una direzione mai chiara ed esplicita nel vivere le brevi giornate scandite da ritmi e orari, abitudini e volti, appuntamenti e difficili spunti.
Se scrivo dico quel che voglio, seguo il mio filo, sciolgo i nodi pensierosi, grovigli di domande. Scrivo anche per non dimenticare. Quel giorno, quello a cui ancora non voglio pensare, sarò di nuovo diversa e forse avrò bisogno di leggere chi ero. Di capire chi sarò diventata.

Voglio così, interrompere il loop delle usanze solite e decido di scrivere, facendo di questo viaggio in treno, un momento di riflessione.

Mi chiedi che faccio, mi chiedi dove sono.
Mi dici che non scrivo più tanto, mi scuso e chiedo perdono. Mi sono sempre promessa di mantenere vivo questo canale di comunicazione perché aiuta e mi libera però, non è semplice.

Seguo il flusso di una vita di lavoro, di richieste al cielo che forse stanno arrivando. Forse. Altre tardano ad arrivare, bisogna pazientare.

Ho attraversato un periodo nero in cui, sopraffatta dalla negatività e dalle richieste, dall’aspettativa sempre troppo alta e dalla mancanza di riscontri, stavo andando giù. Stavo scendendo per un tunnel di buio e paura, di domande senza risposte, discese senza freno, stanze senza ossigeno. Una strana ansia chiudeva lo stomaco, disturbava il sonno, il cuore e il suo battito.

Mi chiedevo se fossi sbagliata e se la mia perenne insoddisfazione potesse mai portarmi a qualcosa di positivo.

Ero in attesa.

La risposta è no. La risposta era sempre chiara nella mia testa ma mai palesata nei miei gesti, nelle mie decisioni e nelle mie azioni.

Mi rendevo conto di avere la paura del tempo che passa, associata ad una graduale acquisizione di consapevolezza di quel che è stato il mio viaggio. Soprattutto interiore.

L’Australia.

Non voglio tornare sempre lì ma, devi credermi, è stato trasformante e solo ora iniziano a riaffiorare tante emozioni, realizzazioni, flash-back, la linfa vitale che scorreva in me, la crescita, la faccia di quel posto. Lontano.

Mai avrei pensato che potesse dare i suoi effetti così “tardi”, così improvvisi ed ingestibili. Nel periodo di buio, non riuscivo ad accettarmi ferma e cercavo di volare in continuazione, alla ricerca di qualcosa che, come sempre, era già dentro me.

Non era, è.

Per uscire da quel tunnel soffocante, ho dovuto ripercorrere tutta la strada, ho dovuto ripassare la lezione come se, nel mio viaggio anche introspettivo, fossi andata a scuola.
Ho ripercorso gli step che mi hanno portata qui, alla decisione di vivere una vita presente. Ho preso nuovamente decisioni già prese, ho rivissuto le sensazioni e le emozioni che quando ero lontana, mi spezzavano il fiato prendendomi alla gola. Mi accadeva di essere triste, malinconica ma anche gioiosa.

Ho iniziato, quindi, a guardare il mondo con uno sguardo meno assopito da inutili negatività, ho ripreso ad apprezzare le piccole cose e i piccoli gesti. Ho messo a fuoco, di nuovo, la bellezza della vita. Ho messo in discussione le mie esperienze, le ho raccontate nuovamente per riviverle e capirle, ho cercato di apprezzarmi e di complimentarmi con me stessa. Ho avuto coraggio ed è giusto vederlo, conoscerlo.
Mi stavo dimenticando di quanto sia bello vivere di semplicità e di niente, di natura e cielo, di un sorriso e del bacio della mamma.

Ho notato come sia cambiato tutto, non appena io abbia iniziato a concentrarmi sul mio presente. Un attimo esistenziale. Un secondo di tutto ma apparentemente di niente.

Viaggio ancora su questo treno.

I paesaggi fuori dal finestrino, scorrono e mutano. La pioggia cade leggera senza voler disturbare, le nuvole si muovono senza saper dove andare. I panni stesi sul balcone, la tegola rotta che sta lì, in bilico senza cadere. La signora guarda fuori senza realmente guardare, il treno scorre e corre manco volesse volare. Scappare.

Io sono felice di vedere tutto questo. Io guardo il mondo e lo vivo con entusiasmo. Noto i dettagli e i particolari, mi faccio sorprendere dalle ovvietà che  non sono troppo normali.

Bello scoprire come sia proprio il mio atteggiamento nei confronti della vita, a determinare la vita.
Il positivo chiama la luce e la novità, il modo di vedere le cose determina l’esito del cambiamento.

Probabilmente note ovvie, queste.

Dirai.

Probabilmente, però, occorre ricordarle sempre,

perché non si sa mai.

Erica, anzi Atmosferica.

Torno a respirare.

Ed è proprio quando parli con Valentina, Giulia, Elena, Mattia…che torni a respirare.
Ed è proprio quando ricevi un grande riscontro pieno di significato e che va oltre le parole di un casuale incontro, che ricominci a respirare piena della tua libertà.

Quella interiore, che nessuno può vedere.


Ho ricevuto una grande spinta emotiva con cui ora, torno a scrivere con un altro “perché” ed un altro spirito. Con un motivo che è solo mio e con la volontà di lasciar fluire il fiume della mia anima, senza ostacolarlo più.

Oggi, nella vita di una routine scandita, schedulata e schematica, faccio miei momenti non condivisi e cammino per chilometri con una meta. Sconosciuta. O forse conosciuta. La musica sempre accesa ed il cuore in perenne attesa.
Cerco di non perdere di vista chi sono e dove io stia andando, mettendo in secondo piano la voce che vuole scrivere ma pensa non sia il caso.

No, ora non posso.

Cosa stava succedendo?
Uno strano torpore mi stava uccidendo.

Lascio fluire pensieri per me banali e normali, non trovo un senso a tutto quel che passa ma so perfettamente che devo portare pazienza.
La vita scorre veloce ed io non lo voglio accettare, non scrivo per aspettare un momento migliore che puntualmente tarda ad arrivare. È tutto un cambiamento che schiaccia il domani e le ispirazioni, non lasciandomi libera di respirare.

Non sto dietro alla trasformazione e non sto al passo con la mia continua voglia di rivoluzione. La perenne insoddisfazione fa i conti con la voglia di pazientare e di incanalare l’energia in un posto speciale.
Nel mio cuore.

Il mio habitat naturale.

Lì dentro mi trasformo in uccello e passo le giornate a volare.

Scrivere aiuta a parlare con chi non sa ascoltare, con chi non lascia spazio al libero divagare. Scrivo per me e per te che forse puoi capire, ma che probabilmente là fuori non staresti a sentire.

Mi guarderesti da lontano, camminare.

Troppi meccanismi rovinano i rapporti, tanti pensieri li rendono distorti e chissà mai perché ma, in fin dei conti, finisco sempre parlando con rime e assonanze forti. Consonanze lievi. Pensieri nati e poi morti.

Che ne so.

La mia testa deve liberarsi da prigioni inesistenti e riuscire ad esprimersi senza limiti, confini o giusti momenti.
Di giusto non c’è niente e di sbagliato neppure, soprattutto quando si è soli ad interpretare uno strano rumore, un silenzio interiore.

Scrivo per Valentina, Giulia, Elena e Mattia.
Scrivo per me.
Scrivo per dimostrare che amo questo scambio, un giusto compromesso tra lo scritto e il non detto.
Scrivo perché è curativo farlo, dentro ad un mondo dove tutto è sotto controllo.

Li ringrazio per avermi svegliato, stavo dormendo ma, soprattutto, pensando.
Stavo meditando e misurando un posto infinito. Avrei fallito senza rendermene conto.
Questa è una nuova alba che nasce dal mare, è un tramonto da colorare ed io sono fatta di zucchero, pane e pace interiore.

Erica, anzi Atmosferica.
Di nuovo, mi commuovo.

Napul’è

Bello vivere e visitare una città, sempre stata sulla bocca di tutti ma mai gustata di persona. Finalmente anche io ho potuto assaporare i suoi gusti, annusare i suoi profumi.

Che buona. Era ora.

Napoli mi ha sempre incuriosita, a partire dal suo nome, mi ha sempre dato l’idea di buono, bello, arioso, italiano e saporito.
I detti e le citazioni, le canzoni, i pareri e le dicerie, il caffè, l’accoglienza, la magia, la pizza e la pazzia, la sfogliatella, il mare e il Vesuvio, il cielo, il dialetto e le polpette al ragù.

Ho camminato tanto, assaggiato, ascoltato e finalmente capito. Qualcosa, non tutto. Per il tutto non basterebbe una vita.
Il caffè è buono soprattutto amaro, è cremoso e costa 90 centesimi, non c’è la presunzione ma la consapevolezza, quella vera, quella che tace ma è evidente e ti spiazza.

La città è grande ma non ho ben capito quanto, le persone sono accomodanti, gentili e accoglienti. Dopo qualche minuto di conversazione si è già amici, c’è la voglia di andare a fondo e di conoscersi con naturalezza. Che bellezza. Ci si guarda sorridendo e si canta per la strada. Si ride, si gode.
Mi sento un po’ come loro e la mia origine lo testimonia. Sì, sono terrona e anche con orgoglio, con foga.

Quel dialetto spaccato e stretto, rigido ma quasi melodico, ti arriva a volte dritto in faccia come uno schiaffo, ma nelle canzoni tocca prima il cuore, dolcemente, senza far rumore.

Scrivo di Napoli e sono felice, quanta gioia in questo posto e quanta semplicità tra le persone, libertà di espressione, la moda, lo stile in comunione.
Mi sono aperta al nuovo, mi sono chiusa al vecchio, ho cercato di non perdermi niente, per sbaglio, per giusto, per fortuna, con gusto.

Napoli vive tra le canzoni romantiche e le chitarre degli artisti di strada, galleggia sul mare con maestosità ed è talmente fitta da dare forma alle colline. Case antiche e nuove, ammassate tra panni stesi e signore affacciate ad osservare, a fumare sigarette inquinate da una povera vita, da una tristezza infinita.

La pizza fritta ha sconvolto il mio palato, la compagnia napoletana ha reso il tutto ancor più gustoso, leggero e sicuro, potenziando l’intensità del viaggio. Mi pareva di stare con un Cicerone saggio, ed ero con amiche grintose, curiose, giocose.

Divertente.

Era buona, intendo la pizza.
Ne avrei mangiate fino a scoppiare e aveva un buon gusto d’Italia. Quel gusto verde, rosso e bianco, quello del basilico e del pomodoro, quello della ricotta servita fresca, la mozzarella.

Napoli, quanto sei bella.

La sfogliatella croccante di sfoglia o di frolla, con quel velo di zucchero che ti imbratta la faccia, ti fa tornare bambina. Come quando mangiavi il gelato al cioccolato, con gusto, senza prendere fiato.

Era carnevale, domenica.
I bambini qui ci credono, non hanno messo via i sogni e girano per le strade con le bolle di sapone e le spade nella roccia, corrono in riva al mare tra i palloncini, gli alberghi ed un tramonto sul finale. Senza sosta.

C’è impegno e cura, sporcizia e disordine, c’è caos tra un vento fresco e sottile, tagliente, pungente. Quanta gente.
Napoli la sera sembra estate tutto l’anno, bevi un drink sul muretto, davanti al baretto. Il locale è chiamato così, questa è la dicerìa del ghetto.
Stai in compagnia in maniera naturale, di lavoro non si parla, si vive la vita che passa una volta. Il napoletano ti mostra con orgoglio, ti guida, istruisce. Ti fa cantare, mangiare e ti porta a ballare.

Il napoletano alleggerisce.

Per parlare di scultura e cultura, il Cristo Velato mi ha lasciato a bocca asciutta. Lo guardavo con occhi increduli, Lui, sdraiato e morente, sembrava ancora vivo e non fatto di pietra. Un velo sopra al corpo che sembra di tessuto, s’intravede in trasparenza il viso che soffre, la mano non mente.

Un ultimo giro nella piazza, un negozio vintage di gente squisita, una foto alla pizza e la Coca-Cola Fresca.
C’era il sole caldo che baciava il mio viso e poi quella strana voglia di caffè, all’improvviso.

Erica, anzi Atmosferica.

Vorrei essere una stella.


Sii curioso ed imprevedibile.
Non permettere mai a nessuno di poter calcolare le tue mosse e le tue idee.

Sii deciso nel compiere una scelta e nel portarla a termine. Non permettere mai a nessuno di pensarti inadeguato, non all’altezza, poco determinato.

Sii anche determinante nel risultato, mettici passione e coraggio, forza e motivazione.

Non permettere mai ai tuoi sogni di credersi più grandi di te, non sentirti mai esagerato nel pretendere il meglio dal tuo futuro.

Sii sempre pronto e tieni gli occhi aperti. La qualsiasi occasione potrebbe camminare sotto ai tuoi occhi in qualsiasi istante.

Sii grato alla vita ogni giorno, sii felice e sorridi sempre. Non aver paura di esprimere la tua opinione ma cerca di farlo con i dovuti modi.

Studia il tuo modo di fare e la tua persona, impara da te e dagli altri. Correggi gli errori, amati e ringraziati.

Sii gentile ed educato ma non farti mettere i piedi in testa da nessuno. Loro non sanno chi c’è dentro di te, loro non sanno da dove vieni, loro non sanno che cosa è accaduto.

Sii predisposto al cambiamento e abbi la forza di lanciarti nel vuoto. Non sempre si cade, qualche volta si può spiccare il volo.

Io questo l’ho provato, l’ho testato, ho volato.

Te lo giuro.

Cerca di giorno in giorno un nuovo spunto, un nuovo trampolino di lancio. Che siano due occhi o una mano, che sia una storia o una parola.

Fai della tua vita un’opera d’arte o una sala giochi, un lunapark pieno di giostre, saltimbanchi, luci e voci.

La sera nel letto fai respiri profondi, pensa al cielo infinito e alle stelle disperse. Stanno lassù senza nome come a dire:

“Siamo ugualmente belle”.


Io la stella la farei di professione, starei ferma ad emanare luce.

Da lassù vedrei cose che vuoi umani non potreste vedere, canterei ninnananne e farei da lume alle cene romantiche.

Con piacere.

Mi poserei sulla spalla di colui che piange, salterei giù dal cielo per fare promesse.

Mi ci sento davvero a volte, quando mi dicono di non smettere mai di splendere.

Di stelle ce ne sono tante ma farei la grande fatica di accenderle tutte quante.

Su e giù per l’universo, ininterrottamente.

Perchè le stelle son sogni e non potrei lasciarle spente.

Buonanotte.

Erica, anzi Atmosferica.

Ciao Amici.

Ho scritto per i miei amici,
quelli veri,
una filastrocca.
L’ho recitata una sera, davanti a loro e con il sorriso in bocca.
La ripropongo qui di seguito per farti partecipare,
con grande piacere.

Erano presenti tutti quanti, le mie stelle cadenti.
Era il mio compleanno.
Sono 26 quest’anno.
Sorridendo leggevo dedicando ad ognuno uno sguardo.
È stato speciale ma lascio giudicare a te,
dalle parole.

Dovresti cercare di visualizzare ognuno di loro,
in un’immagine semplice che,
con amore,
coloro.


14 gennaio 2017

Ciao Amici.
Che bello avervi qui stasera.

Sono sincera,
è un’emozione vera.

Ora che la storia è cominciata,
ognuno di voi penserà che sono la solita svitata.

Con le parole mi piace arrivare dove il cuore parla,
e questa qualità,
ho deciso di sfruttarla.

Tra voi vedo amici nuovi e vecchi,
maturi o acerbi,
sorelle e “fratelli”.

Sono felice,
ma soprattutto ricca di voi.
Preziosi gioielli.
Ma quanto siete belli?

Ho riunito in un tavolo la mia famiglia.
Non quella che mi ha creato ma quella che comunque mi somiglia.
Perchè, prima di dire che io ho scelto voi,
mi piace pensare che voi avete scelto me.
Se siete qui, c’è un perché!

Lo sapete che sono così, poetessa nel profondo,
ciclone nella giusta occasione e poi capricorno,
ascendente scorpione.

Sono fuoco e passione,
sono il vento nel mare,
sono un pesce in continua ricerca,
in questo interminabile girare.

Confermate?

E ora parlerei un pò di voi, cari i miei eroi.

Parlerei di te nata con me nel mese di gennaio.
Sei sorella, spesso dicono anche gemella e poi…
Sei bella.
Io vorrei per una volta soffiare con te la candelina,
che ne dici Ciambellina?

Ad occhi chiusi pesco il nome di Mattia.
Con grande piacere e onore ti presento tutti quanti,
qui nella città dei miei sogni.
A Milano adoro fantasticare
proprio come quando era il momento di viaggiare.

Beatrice,
preferisci che ti chiami pittrice?
Tu che grandi cuori rossi dipingi, tra le mie certezze alloggi.
Oggi come ieri, fai tuoi i miei pensieri di domani
e dimmi che rimani.

Silvia, come stai?
Tu e Mariolini siete per me una casa calda, un morbido divano,
l’affettato arrotolato su un grissino.
Una cioccolata con panna, due cuori e una capanna.
Grazie delle coccole e delle risate,
grazie della semplicità che sempre mi insegnate.

Francesca?
Ciao!
Tu che eri l’amica dell’amica.
Ora chi sei?
Sei la mia acqua pulita e il mio sapone al lampone,
chiarezza di pensiero ed emozione.
Io sono felice di starti accanto,
qui ed ora,
intoniamo il nostro segreto canto.

<

p style=”text-align: left;”>Chiara.
Riccia o liscia?
 Bionda o mora?
La bionda mi insegna dolcezza,
la mora ogni tanto mi accarezza.
La liscia è bella e curiosa, ha gli occhi grandi, è una mimosa.
La riccia sprizza simpatia da tutti i pori, quando c’è pulsa come mille cuori.

Luca Gatti sei un uomo da sposare.
“Forza fanciulle, fatevi avanti e fatelo ballare!”
Amante del buon mangiare e del ben dormire,
sei curioso, intelligente e sempre figo nel vestire.

Valentina,
Amante del buon gusto e del silenzio,
con tuo stile abbini accessori ad ogni nuovo inizio.
Siamo diverse, opposte e spesso contorte però ci amiamo follemente ed il nostro legame è forte.

Ehi dolce Marta, diventi zia?
Con quegli occhi scuri e quel sorriso luminoso indicherai la via.
Immagino il tuo viso vicino a quello del mare ed è bello,
quando mi lascio andare.

Alessandra, tenero muso.
Ti vedo in continua scalata ed ascesa, sei forte e potente, sei pura di sorgente.
Ti auguro di vincere ogni scommessa
ma a prescindere da ciò,
sei la mia campionessa.

Alessandro hai tante passioni eh?
Io non sono poetica come la zia ma adesso mi concentro, e via…lascio la scia.
La lascio come te, sulla neve fresca di montagna,
con quel tuo sguardo buono come un pandispagna.

Qui stasera, Marisol splende come sempre di una luce tutta sua.
Buona fortuna amica mia.
Ti auguro presto di realizzare i sogni nel cassetto
e di offrire a tutti quanti un buon confetto.

<

p style=”text-align: left;”>Laura, mamma mia.
Ricordo di te l’immagine dei tuoi capelli.
Erano gialli, rosa, viola e forse anche verdi.
Tra me e me pensavo:
”Che matta!”
Ora guarda qui, che mi sono fatta!
Vogliamo parlare di Cecilia?
Sento verso di lei un bene speciale, mi rende felice,
è fantasticamente vitale.
Sorride con gli occhi come anche tu sai fare e profuma di buono.
È tutta da baciare.

Elisa e le mie sorelle.
Le mie stelle più belle.
Voi fate luce dal cielo ed è grazie a voi che non mi perdo.
Senza di voi sarebbe tutto buio e lento,
spento.
Non esisterebbe l’oro ma solo l’argento.

Non dovevi esserci ma alla fine sei arrivato,
Andrea,
amico mio quanto mi sei mancato.
Prometti di non perdere mai energia e vita,
perchè per te non esiste salita.

Bene, torniamo a noi…
Grazie di tutto Amici miei,
Siete tutto quello che ho e che in un’altra vita vorrei.


Erica, anzi Vostra Atmosferica.

E chi l’avrebbe detto mai…

In questa domenica di luci e Pandoro, riso giallo e thè caldo, provo a scrivere di Brescia.
Dico “provo” perché non è semplice parlare di una città mai vista e incontrata per caso o per fortuna, grazie ad una persona indelebile. Come una stampa a caldo nel cuore.

E chi l’avrebbe detto.

Posso dire con certezza che se non fossi andata in Australia, se non avessi conosciuto Mattia, probabilmente questa gita fuori porta sarebbe stata rimandata. Rimandata a non so quando, forse a mai. Sono queste le conoscenze che la vita ti porta a fare, ti devia su altre strade nei suoi premeditati giri senza fine.

“Grazie del giro, vita!”

Se hai seguito le mie vicessitudini, il suo nome non dovrebbe esserti nuovo.
Mattia, l’Ingegnere, il mio compagno di viaggio per un lungo periodo senza frontiere. Lungo quanto non lo so, non riesco a quantificarlo in giorni e parole.
Diciamo che è stato.
Punto.
Non si può dare un banale numero ad una tale meraviglia piena di improvvisi soffi al cuore, incredibili visioni, canzoni cantate e ora riascoltate.
Dico sul serio.
Tutto ha avuto tra noi un filo conduttore, un odore e un sapore.
Ogni tanto tornano all’improvviso.
Prima di dormire, mentre sorseggio un caffè o quando mi soffermo ad osservare qualcosa.
Qualcuno senza nome.

La classica immagine a cui penso racconta di quando Mattia era alla guida di Vando mentre io guidavo i miei pensieri e le mie scritture. Lui mi guardava chiaramente o con la coda dell’occhio, capiva i miei giri e io cantavo a squarciagola. Lui lo faceva in maniera composta.
Figuriamoci.
Io ridevo sempre, lui mi guardava sorridendo a volte solo con gli occhi.
Io ridevo ancora di più quando lui non rideva e ridevo ancora e ancora di più quando lui capiva e taceva.

Proprio come quel giorno a Brescia,
la sua città.

Una giornata intensa che ancora adesso non ho metabolizzato del tutto.
È passata più di una settimana.
Forse due, anzi tre.
Tante persone, le sue, e tanti ricordi, i nostri.
Una città nuova, la città di Mattia.
Un susseguirsi di incontri, intervallati da una lunga passeggiata per le viuzze e le piazze, per quelle immagini nebbiose piene di fascino e soffusa luce.
La luce della sera.
Già natalizia.
Meravigliosa.
Da Piazza Vittoria a Piazza Della Loggia, Dal Duomo fino al Tempio Capitolino, dalla Piazza del Mercato fino a lassù…
…al Castello fatato.

Le città di sera sono sempre più belle.

img_4921
img_4928Brescia non è da sottovalutare, è piena di arte e mistero, di sorprese e citazioni appese ai muri, ai tetti delle case, nei nomi delle vie e delle cose.
È particolare nella sua disposizione, banalmente costruita su quattro piazze ognuna speciale.
Giravamo in tondo quel giorno, con la nebbia che faceva da sfondo.

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Mattia faceva da Cicerone ma sono certa che qualcosina l’abbiamo scoperta insieme, proprio come nei nostri viaggi. Solo nostri.
Sono felice di aver passeggiato con lui e con quell’anima da viaggiatore precisino che l’ha sempre contraddistinto.
A volte l’ho odiato, confesso.
Ma lui non era sbagliato.
Per i miei gusti, però, era troppo quadrato, preciso, fermo nel suo pensiero.
Uh, che nervoso.
È successo che questo suo lato non l’abbia sopportato ma a Brescia, tutto è andato liscio.
Brescia parlava tra le strade silenziose, mi bagnava i capelli di rugiada e vapore. Se ha deciso di farsi trovare così, lo ha fatto per farmi quella bella impressione lì.
È vanitosa, l’ho conosciuta.
Te lo posso assicurare.

Mi piace l’idea di scoprirmi viaggiatrice anche tra le vie di una città vicina, a pochi chilometri da casa. Dalla mia.
Ero a tratti silenziosa, a tratti piena di entusiasmo. Ero stranita e stupita dal tempo.
“Poco fa ero in Australia, ma come…sono già qua?”
Seguivo un percorso, quello che ovunque nel mondo è necessario seguire per non perdere fiato. Per evitare l’affanno e per vivere al meglio il momento.

Ho ricordato con Mattia le zanzare spiaccicate sul tetto di Vando, abbiamo sdrammatizzato sulle difficoltà incontrate e raccontato strani episodi, strane persone.
Quante storie, tante, troppe!
Per non parlare delle risate. Il tonno e il mais, le crisi di panico e il vento fortissimo, il sole bollente, la schiena dolorante, l’oceano potente.
Quanti cassetti che abbiamo riempito, quante le foto che abbiamo scattato.

Brescia mi ha fatto capire che nella vita tutto è possibile e che a volte, a quella città ti viene da pensare, ti viene da volerci tornare perché è la casa di qualcuno che ha viaggiato con te e abita il tuo cuore.

Thank you Mat.

🙂

Erica, anzi Atmosferica.

Questo è il bello.

Un nuovo articolo per festeggiare l’inizio di una nuova realtà, una nuova avventura che prospetta crescita e cambiamento.

Tutto deve sempre cambiare.
Nulla sarà mai fermo.

Il viaggio del “Chissà dove arriverò”,
il viaggio del “Parto da qui”,
è iniziato pochi giorni fa, a Milano, alla fermata Missori della metropolitana.

Settembre e Ottobre,
Due mesi pieni di alti e bassi,
sali e scendi,
energia mancante,
disaccordo emozionale,
accordo astrale,
difficoltà nei volti,
aspettativa negli occhi.

Dal 2 di novembre tutto questo mi ha portato sulla strada del “Da oggi inizio”
e sulla sedia di una scrivania.

La mia.

Un’agenzia di branding dove lo studio del marchio e dei colori sono il centro del mondo ed il primo pensiero giornaliero, quello precedente allo sbadiglio. Io sto dalla parte della gestione del progetto, della supervisione del tutto, dove le responsabilità senza tempo sono sinonimo di impegno.
Fondamentale è il rispetto delle tempistiche, il contatto con il cliente e l’interpretazione delle sue esigenze.

Tutto pane per i miei denti.
Tutta questione di precisione e comprensione, assertività accomodante, puntualità nelle consegne.

Quante parole difficili.
🙂

Sono qui e vorrei fermarmi a guardare il mio posto, il traguardo raggiunto dopo un percorso, dopo giorni di corse e fatica, di grinta mai persa ma qualche volta assopita.
Sono qui e cerco di guardarmi ferma e non già in movimento, mi osservo da fuori e non dall’interno, voglio focalizzare per una frazione di secondo questa realtà di colpo materializzata, diventata improvvisamente “La mia giornata”.

Mi viene in mente il termine in inglese “journey”, una parola che in italiano significa “viaggio” ma che ricorda il suono di una “giornata”.

Appunto.

È proprio vero che non è mai finita.

Mai accadrà di arrivare.

La giornata stessa è un infinito viaggiare.

Questa riflessione mi perseguita dai tempi dell’Australia, della Thailandia, dal mio trascorso in un posto del mondo dove ad andare veloce era solo l’asfalto sotto le ruote, oppure in un altro posto dove avevo tempo, tanto tempo per pensare, riflettere, spaziare.

Ora qui fuori la luce del giorno si riflette nei vetri azzurri del palazzo di fronte e il tramonto scende sulle case, alle 16.45 sempre puntuale. Guardo fuori e la speranza si è fatta realtà, le mille domande trovano risposta nella normalità e io lavoro, con tutta la forza che ho.

Lavoro per il mio futuro e per la mia crescita, lavoro per la mia realizzazione, incastro ogni mia cellula assecondando le mie esigenze,

e quelle degli altri.

È il caso di iniziare a comprendere che la vita va veloce e inutile è cercare di stare dietro alla sua interminabile voglia di arrivare.
È bello e giusto starci dentro, guardando attorno e godendo il momento.

In tutto ciò, vorrei dirti che non appena ho creduto di avercela fatta,
ho iniziato a chiedermi se ce la farò.

Questo è il bello della vita,

Questo è il bello del “Crescerò”.

Erica, anzi Atmosferica.
(Perennemente in viaggio…)

12 NOVEMBRE

Da qualche giorno avrei voluto scriverti, ma ultimamente non succede con facilità che ispirazione e tempo decidano di dedicarsi l’una all’altro anche solo per qualche minuto. Non creano un appuntamento di comune accordo, sono sfuggenti e poco collaborativi. Ispirazione arriva nei momenti più inopportuni in cui non ho nemmeno la possibilità di appuntarmi due pensieri su un pezzo di carta volante, e tempo

Beh, tempo è prezioso e si comporta da tale.


Oggi però hanno deciso di trovarsi e di darsi la mano, vogliono darmi la possibilità di appuntare parole in questa giornata che sentivo strana senza capire il perché, un ordinario sabato con un sapore diverso dal solito.

“Ma che giorno è?”

“12 NOVEMBRE”

Brivido.

La prima cosa che mi viene da dire è un bel PORCA MISERIA.
Un’esclamazione di stupore nel pensare che sia passato GIÀ un anno da quel giorno in cui il mio volo è iniziato. Mi viene da dire anche, però, che ad oggi mi sento molto diversa da quella persona che è partita, mi vedo più grande e più consapevole. Sotto questo punto di vista, pensare sia passato SOLO un anno, ha dell’incredibile.

Una data che rimbomba nei miei timpani e che ho ripetuto un sacco di volte a chi si interessava e mi chiedeva della mia partenza. Una data che mi sono appuntata, che ho aspettato senza aspettare niente.

Solo un salto nel vuoto.

Del 12 NOVEMBRE ho un ricordo sfuocato ma molto forte, emozionato e inconsapevole, curioso e coraggioso.

In aeroporto guardavo fuori dalle vetrate. Ricordo che è stato impattante vedere quegli aerei decollare poco prima del mio, l’aereo che mi avrebbe portato in Australia. Sono partita senza aspettative o programmi e ricordo che mi ripetevo continuamente di stare tranquilla e che sarebbe andato tutto bene. Sono stati minuti confusi, non avevo la più pallida idea di quel che mi sarebbe successo.

Frustrante, snervante.
Elettrizzante.

Non avevo ancora ben chiare le motivazioni che mi stessero spingendo a fare un gesto di quella portata, un passo che mi avrebbe per sempre cambiato la vita e che mi avrebbe aperto le porte della verità. Intendo dire che probabilmente non riuscivo a spiegare a parole il “Perché”, nonostante una grande spinta di ricerca caratterizzasse ormai le mie ultime consapevolezze.

Io volevo cercare e cercarmi, scoprire e scoprirmi, crescere ed evolvere, conoscere il mondo, la mia anima e il mio potere.
Sì, perché tutti ne abbiamo uno.

Quel 12 NOVEMBRE lo ricordo come un nodo alla gola che si è lasciato sciogliere dalla pressione del decollo, quando ti senti schiacciato al sedile e sei pieno di pensieri, ti senti anche solo ma già consapevole che puoi farcela benissimo.

ERO SOLA.

Questo non è mai stato un problema per me.
Partire con me stessa è stata una scelta di cuore e coerente con la mia idea di viaggio, soprattutto interiore. Approdare dall’altra parte del mondo e confermarmi forte e responsabile, sarebbe stata per me una grande vittoria. Avrei potuto gestire ed assecondare i miei stati d’animo al meglio, avrei potuto portarmi nel posto giusto qualora ne avessi avuto bisogno.

Se mi hai letto e seguito, ricorderai anche tu quel giorno che per me non ha anno. Per sempre sarà il 12 NOVEMBRE.
Per tutta la vita ce ne sarà uno e ogni anno sarà lui, pieno delle sue scoperte e dei suoi ricordi di viaggio.
Il 12 NOVEMBRE sarà il giorno della partenza che mi ricorderà, suonando come una campana, che nella vita è importante osare ed essere coraggiosi.
Il 12 NOVEMBRE mi chiederà se sono felice e, se non lo sarò, mi chiederà di fare in modo di esserlo. Mi parlerà di vita e scelte, non facendomi perdere mai la voglia di viaggiare dentro il mio mondo interiore sempre molto più vasto di quel che pensiamo e soprattutto diverso da quello reale.
Il pianeta Terra.
Che invenzione meravigliosa.

Il 12 NOVEMBRE sarà sempre un giorno speciale che potrò assaporare come oggi, guardando un freddo cielo che fa pensare al mare, a quando alzavo le mani in segno di vittoria perché finalmente potevo volare.

Erica, anzi Atmosferica.

“Nuovo Articolo”

Quando seguo la mia mano e l’ispirazione, vado a cliccare quel bottone che dice “Nuovo Articolo” e capita, come oggi, che io inizi a scrivere solo per il piacere di farlo, per la curiosità di vedere che ne viene fuori.

È divertente, è una scommessa, una prova e una sorpresa. Quanti pensieri stanno lì senza essere ascoltati, quanti desideri rimandati e quanti piccoli sogni nascosti dietro a quelli più grandi.
Quando scrivo, questo non può accadere, seguo le mie mani e ogni tasto schiacciato aiuta a pensare al presente, alla piccola azione che il corpo svolge “qui ed ora”. La scrittura è la mia psicologa, la mia più intima confidente e, ogni tanto, sento il bisogno di parlarle.

Sono giorni difficili, molto difficili.

Lo dico e lo ammetto perché non scappo da una sensazione di malessere e insoddisfazione, di insofferenza ed energia incostante.
Sto provando ad ascoltarmi, senza buttarmi giù. Sto cercando la pazienza in ogni angolo delle mie giornate, dove mi trovo a girovagare senza uno scopo ma per un motivo.

La realizzazione dei miei sogni.

La consapevolezza del mio potere.

La continua spinta che mai deve mancare.

Sono determinata in questo, più che mai.

Mi sono ripromessa che devo rendere ogni giorno speciale e degno di essere chiamato “vita”. Il proposito che deve realizzarsi nelle ventiquattro ore è molto semplice:

“Ogni giorno deve succedere qualcosa.”

E se non succede?

Beh, devo farlo succedere io.

Una e-mail, una chiamata, un messaggio, una cena che porta un buon messaggio, un sapore nuovo o un pianto isterico, una grassa risata o un incontro inaspettato, un nuovo taglio di capelli o, che ne so, un’idea nuova di vita e sogno.

Una bella emozione che mi faccia pensare:
“Oh, questa è vita!”

Deve accadere quel qualcosa, devo essere soddisfatta della mia giornata di ricerca, l’ennesima.

Non arriva subito ciò che chiediamo, non bisogna aver fretta. Probabilmente è necessario affrontare situazioni e cogliere occasioni, prima di arrivare lì, dove sarebbe bello arrivare.

I grandi atleti, prima di vincere si impegnano in estenuanti allenamenti, i bravi medici, prima di salvare vite studiano per lunghi anni. Non serve solo impegno ma anche vocazione, serve la chiamata che faccia da luce, motivazione, grinta, passione.

Nel frattempo, mi impegno affinché ogni giorno sia un prezioso ricordo del domani, un pezzo del mio percorso e un insegnamento da custodire.

Solo così, ce la potrò fare.

Io ci credo e continuo a sognare.

Erica, anzi Atmosferica.