Erica anzi, Atmosferica

Leggo sulla mia pelle “Atmosferica” e mi chiedo se sono ancora io, ripenso a quel giorno in cui mi sono sentita tanto grande e coraggiosa al punto di sentirmi parte del cielo, Atmosferica, colei che circonda e protegge, che sta alta e senza paura.

Tanto grande da sentire il mio nome far parte del cielo, sulla pelle.

Ripenso a quel giorno.

Vado così a scavare tra i ricordi e tra le sensazioni che correvano veloci e spavalde lungo la mia colonna vertebrale.

Non avevano paura di nulla, né della velocità, né della lontananza.

Ritorno a quel momento in cui la decisione di scrivere e condividere era prima di tutto l’esigenza di urlare al mondo quanto fossi orgogliosa di me stessa e, in secondo luogo, era il bisogno di scavare nella mia anima tenendo le fila di tutto quello che ne sarebbe stato. 

Era novembre e io sentivo l’estate in arrivo.

Arrivava il freddo, quello potente.

Volavo verso il caldo, che riempie.

Atmosferica nasce dalla voglia di comunicare e di riflettere, nasce dal bisogno di mettere per iscritto lunghe riflessioni e attimi indelebili, sofferenze insofferenti, solitudini mai condivise e consapevolezze di pura gioia, la nostalgia di casa, l’imprevedibilità delle scelte e la sorpresa di un incontro. 

Con me stessa.

Nasce per farmi scoprire quante cose stanno dentro senza mai uscire.

Nasce per farmi capire che esiste un modo per farle uscire, per stare bene.

Atmosferica è diventata sfacciata nel giro di poco ed è riuscita a urlare ogni segreto dell’anima, ogni scoperta profonda che capitava lungo la strada o che si palesava dopo troppa ricerca.

Con riservatezza.

La verità è che Erica è ancora in viaggio e non si è mai fermata e Atmosferica è in continua attesa di risposte ed equilibri, di continuità, di costanza, di una zona di comfort mai creata. 

Appositamente.

Forse per cercare forza, energia nuova, stimoli e stima.

(Rompere gli equilibri sembra essere la mia passione. Ingiustificata. Da sempre.)

È molto difficile quindi avere costanza nella scrittura e nella confessione quando si è continuamente in viaggio, in cambiamento. Quando si corre verso l’ignoto chiamato “IL MEGLIO”.

Quando un giorno stai sul melo e quello dopo ti ritrovi sul pero.

Quando “IL MEGLIO” non esiste o forse è semplicemente troppo grande.

La trasformazione avviene velocemente, l’insoddisfazione porta a grandi corse verso cose ”migliori” e non rimane mai il tempo di fermarsi.

Ecco, Atmosferica è una maratoneta ancora in cerca della giusta tecnica per ottimizzare il risultato. 

Sarebbe fantastico andare veloce, con il giusto respiro, minimizzando la perdita di energia e la mancanza di fiato.

La stanchezza sarebbe minore, le gambe leggere, la giornata più lunga e Atmosferica presente.

Sempre presente.

Tutto questo per dire che non mi sono mai fermata, non mi sono ancora data pace.

Sono in perenne ricerca, ho cambiato tre volte posto di lavoro da quando sono tornata.

Tornata?

Solo ora penso di avere la seria intenzione di fermarmi, riflettere, apprezzare quello che ho costruito in questi 27 anni, quello che ho raggiunto contando su me stessa senza mai stimarmi abbastanza, senza mai capire cosa realmente fosse “IL MEGLIO”.

Mi fermo ora a gustare i piccoli traguardi raggiunti cercando di accettare e frenare l’indole che mi porta a spingere sempre l’acceleratore della vita.

Vorrei parlarti più spesso, vorrei sentirmi connessa a te che, nonostante tutto, digiti “Atmosferica blog” su Google.

Lo vedo! Ti seguo, ti sento!

Leggo i termini di ricerca con cui entri in contatto con me e cerchi i miei scritti. Mi viene da pensare solo a cose belle, mi immagino un legame che sia positivo e ricco di comprensione anche se non ci conosciamo. 

Magari mi hai trovato per caso.

Mi identifichi come quella del “Viaggio in Australia”, “Atmosferica e artisti di strada”, “Maddaloni Atmosferica”, “Il Monaco che vendette la sua Ferrari”, “Atmosferica deserto”, “Respira, ascolta e ama”, “Atmosferica spirituale”, “Raccogliere pere Australia :)”, “Partire e non tornare”, “Nostalgia Atmosferica blog”, “Vivere a Sydney”…e tanto, tanto, tanto altro.

Queste sono alcune delle parole e delle frasi che ti portano a me. Per la prima volta in questi giorni o dall’inizio di questo viaggio mai finito e infinito.

Sono felice di aver creato questo angolo di cielo.

Un posto per pochi, di cari pensieri, profondi, ma accessibili a tutti. Sinceri.

Sono contenta sia tutto qui da leggere e respirare, ricordare e rivivere. Sognare.

Oggi, come il 12 Novembre 2015.

Anche io spesso mi cerco. 

Uso termini di ricerca a cui Google non trova risultato.

Mi cerco tra le parole della gente e tra le tue. Mi vedo. Mi ascolto, tra le mie.

Allora posso dire di esserci ancora e di averti scritto dall’angolo più vero.

Dal nostro angolo di cielo.

Grazie.

Erica, anzi Atmosferica.

Riflettevo, improvvisamente.

Riflettevo che, nella foga del volere tutto e subito mi sono lasciata sfuggire tante grandi soddisfazioni nella vita.
Tanti risultati che sarebbero stati raggiunti con pazienza e dedizione, sono andati persi a causa della voglia di arrivare, della fretta di dimostrare a me stessa che ce l’avrei potuta fare.

Riflettevo che è bello segnare un punto lontano da raggiungere piano piano senza scorciatoie, senza trucchi o deviazioni verso punti più vicini.
Pensare di voler arrivare là, è bello e stimolante, è una direzione, una strada di grande luce smagliante.

Riflettevo che senza volerlo troppo, senza saperlo del tutto, ho agito secondo il veloce istinto pensando di poter arrivare lontano in poco tempo, facendo poca strada. Sbagliando.

Chi sono io? Non ho questo potere.

Riflettevo che assaporare traguardi sudati è bello. Godere del sapore del tempo è bello. Gustare la fatica che strizza la mente, l’affanno che non fa dormire la notte. È bello.


Ti chiedi perché gli occhi sono spenti mentre la mente confusa è attenta ai tradimenti.


Riflettevo che ogni nodo trova la sua soluzione, ogni mistero ha un semplice segreto da svelare, la curiosità di scoprire fa crescere e un giorno ti trovi più grande.
Improvvisamente.

Riflettevo che tutto il negativo diventa bello se giustiziato da una grande soddisfazione. Tutto il sacrificio e la forza d’animo portano un premio d’oro, lucente.

Riflettevo che sto diventando grande, come i piccoli traguardi raggiunti…

…tra tutta questa gente.

Erica anzi, Atmosferica.

Un foglio bianco.

Nel momento della mentale confusione, fai ordine su un foglio bianco.

Prendi carta bianca e riparti da zero, prova a disegnare o scrivere quel che senti davvero.
Interpreta quello spazio come un lento respiro, una finestra sul mondo da cui vedere quel che ti piace, da cui parlare con una persona che ti da pace.

Su quel foglio potresti tornare bambino e disegnare ghirigori che da piccolo tappezzavano libri e quaderni, i muri della stanza e i divani di casa.
Potresti tornare a quel punto in cui tutto era incondizionato e la tua mente libera da ogni pensiero, dannato.
Riparti con quei fiori, con i cuori, le stelle e le coccinelle, con fantasie a colori.
Prosegui con le greche astratte, quelle che impegnano la mano, quelle che occupano tutto lo spazio senza dare un senso preciso.

Quando la carta è bianca, si canta!

Senza preavviso parte una dichiarazione d’amore, un messaggio di addio o un racconto di un viaggio infinito, parla una confessione o una breve frase esce dal cuore. A volte accade in una sola parola, che dice tutto e che si ripete ancora. Racconta una vita, una storia, una persona.

UNA ROSA

Magari è il tuo nome, la tua firma. La tua voglia di sentirti, viverti, ammirarti e stimarti. Forse sei tu che vieni a galla, la carta bianca…impossibile non amarla.

Parti dall’alto o dal basso, se preferisci inizia dal centro. Disegna un vortice, segui il suo tratto, arriva fino al punto. In basso a destra mettici una mela, in un punto a caso una barca, a vela.

E allora fallo anche tu. Immergi il tuo sguardo in un punto bianco, coloralo a tuo piacimento. Cerca tra i pensieri neri quelli da disegnare e tieni quelli candidi fermi. Tienili saldi alla base, lasciali galleggiare.

Perché un foglio bianco significa creatività e libertà, scioglie nodi, spegne rumori e ti insegna come dal bianco possano nascere i colori.

Erica, anzi Atmosferica.

 

Scrivere e volare.

Penso sia il caso di aggiornare questo “diario di poco bordo” a bordo di un treno, quello che mi porta a casa.
Scrivere, come ben sai, aiuta a fare ordine tra i pensieri sempre troppo veloci, aiuta ad ascoltare la parte più profonda, quella che puntualmente viene messa in secondo piano ma anche in discussione.
Penso sia il caso perché credo sia bello, ogni tanto, fare un punto su quel che è, su quel che è stato.
Un po’ meno bello pensare a quel che sarà. Non è molto giusto.

È bello scrivere, dicevo, perché poi è più facile l’analisi e la ricerca di una direzione mai chiara ed esplicita nel vivere le brevi giornate scandite da ritmi e orari, abitudini e volti, appuntamenti e difficili spunti.
Se scrivo dico quel che voglio, seguo il mio filo, sciolgo i nodi pensierosi, grovigli di domande. Scrivo anche per non dimenticare. Quel giorno, quello a cui ancora non voglio pensare, sarò di nuovo diversa e forse avrò bisogno di leggere chi ero. Di capire chi sarò diventata.

Voglio così, interrompere il loop delle usanze solite e decido di scrivere, facendo di questo viaggio in treno, un momento di riflessione.

Mi chiedi che faccio, mi chiedi dove sono.
Mi dici che non scrivo più tanto, mi scuso e chiedo perdono. Mi sono sempre promessa di mantenere vivo questo canale di comunicazione perché aiuta e mi libera però, non è semplice.

Seguo il flusso di una vita di lavoro, di richieste al cielo che forse stanno arrivando. Forse. Altre tardano ad arrivare, bisogna pazientare.

Ho attraversato un periodo nero in cui, sopraffatta dalla negatività e dalle richieste, dall’aspettativa sempre troppo alta e dalla mancanza di riscontri, stavo andando giù. Stavo scendendo per un tunnel di buio e paura, di domande senza risposte, discese senza freno, stanze senza ossigeno. Una strana ansia chiudeva lo stomaco, disturbava il sonno, il cuore e il suo battito.

Mi chiedevo se fossi sbagliata e se la mia perenne insoddisfazione potesse mai portarmi a qualcosa di positivo.

Ero in attesa.

La risposta è no. La risposta era sempre chiara nella mia testa ma mai palesata nei miei gesti, nelle mie decisioni e nelle mie azioni.

Mi rendevo conto di avere la paura del tempo che passa, associata ad una graduale acquisizione di consapevolezza di quel che è stato il mio viaggio. Soprattutto interiore.

L’Australia.

Non voglio tornare sempre lì ma, devi credermi, è stato trasformante e solo ora iniziano a riaffiorare tante emozioni, realizzazioni, flash-back, la linfa vitale che scorreva in me, la crescita, la faccia di quel posto. Lontano.

Mai avrei pensato che potesse dare i suoi effetti così “tardi”, così improvvisi ed ingestibili. Nel periodo di buio, non riuscivo ad accettarmi ferma e cercavo di volare in continuazione, alla ricerca di qualcosa che, come sempre, era già dentro me.

Non era, è.

Per uscire da quel tunnel soffocante, ho dovuto ripercorrere tutta la strada, ho dovuto ripassare la lezione come se, nel mio viaggio anche introspettivo, fossi andata a scuola.
Ho ripercorso gli step che mi hanno portata qui, alla decisione di vivere una vita presente. Ho preso nuovamente decisioni già prese, ho rivissuto le sensazioni e le emozioni che quando ero lontana, mi spezzavano il fiato prendendomi alla gola. Mi accadeva di essere triste, malinconica ma anche gioiosa.

Ho iniziato, quindi, a guardare il mondo con uno sguardo meno assopito da inutili negatività, ho ripreso ad apprezzare le piccole cose e i piccoli gesti. Ho messo a fuoco, di nuovo, la bellezza della vita. Ho messo in discussione le mie esperienze, le ho raccontate nuovamente per riviverle e capirle, ho cercato di apprezzarmi e di complimentarmi con me stessa. Ho avuto coraggio ed è giusto vederlo, conoscerlo.
Mi stavo dimenticando di quanto sia bello vivere di semplicità e di niente, di natura e cielo, di un sorriso e del bacio della mamma.

Ho notato come sia cambiato tutto, non appena io abbia iniziato a concentrarmi sul mio presente. Un attimo esistenziale. Un secondo di tutto ma apparentemente di niente.

Viaggio ancora su questo treno.

I paesaggi fuori dal finestrino, scorrono e mutano. La pioggia cade leggera senza voler disturbare, le nuvole si muovono senza saper dove andare. I panni stesi sul balcone, la tegola rotta che sta lì, in bilico senza cadere. La signora guarda fuori senza realmente guardare, il treno scorre e corre manco volesse volare. Scappare.

Io sono felice di vedere tutto questo. Io guardo il mondo e lo vivo con entusiasmo. Noto i dettagli e i particolari, mi faccio sorprendere dalle ovvietà che  non sono troppo normali.

Bello scoprire come sia proprio il mio atteggiamento nei confronti della vita, a determinare la vita.
Il positivo chiama la luce e la novità, il modo di vedere le cose determina l’esito del cambiamento.

Probabilmente note ovvie, queste.

Dirai.

Probabilmente, però, occorre ricordarle sempre,

perché non si sa mai.

Erica, anzi Atmosferica.

Torno a respirare.

Ed è proprio quando parli con Valentina, Giulia, Elena, Mattia…che torni a respirare.
Ed è proprio quando ricevi un grande riscontro pieno di significato e che va oltre le parole di un casuale incontro, che ricominci a respirare piena della tua libertà.

Quella interiore, che nessuno può vedere.


Ho ricevuto una grande spinta emotiva con cui ora, torno a scrivere con un altro “perché” ed un altro spirito. Con un motivo che è solo mio e con la volontà di lasciar fluire il fiume della mia anima, senza ostacolarlo più.

Oggi, nella vita di una routine scandita, schedulata e schematica, faccio miei momenti non condivisi e cammino per chilometri con una meta. Sconosciuta. O forse conosciuta. La musica sempre accesa ed il cuore in perenne attesa.
Cerco di non perdere di vista chi sono e dove io stia andando, mettendo in secondo piano la voce che vuole scrivere ma pensa non sia il caso.

No, ora non posso.

Cosa stava succedendo?
Uno strano torpore mi stava uccidendo.

Lascio fluire pensieri per me banali e normali, non trovo un senso a tutto quel che passa ma so perfettamente che devo portare pazienza.
La vita scorre veloce ed io non lo voglio accettare, non scrivo per aspettare un momento migliore che puntualmente tarda ad arrivare. È tutto un cambiamento che schiaccia il domani e le ispirazioni, non lasciandomi libera di respirare.

Non sto dietro alla trasformazione e non sto al passo con la mia continua voglia di rivoluzione. La perenne insoddisfazione fa i conti con la voglia di pazientare e di incanalare l’energia in un posto speciale.
Nel mio cuore.

Il mio habitat naturale.

Lì dentro mi trasformo in uccello e passo le giornate a volare.

Scrivere aiuta a parlare con chi non sa ascoltare, con chi non lascia spazio al libero divagare. Scrivo per me e per te che forse puoi capire, ma che probabilmente là fuori non staresti a sentire.

Mi guarderesti da lontano, camminare.

Troppi meccanismi rovinano i rapporti, tanti pensieri li rendono distorti e chissà mai perché ma, in fin dei conti, finisco sempre parlando con rime e assonanze forti. Consonanze lievi. Pensieri nati e poi morti.

Che ne so.

La mia testa deve liberarsi da prigioni inesistenti e riuscire ad esprimersi senza limiti, confini o giusti momenti.
Di giusto non c’è niente e di sbagliato neppure, soprattutto quando si è soli ad interpretare uno strano rumore, un silenzio interiore.

Scrivo per Valentina, Giulia, Elena e Mattia.
Scrivo per me.
Scrivo per dimostrare che amo questo scambio, un giusto compromesso tra lo scritto e il non detto.
Scrivo perché è curativo farlo, dentro ad un mondo dove tutto è sotto controllo.

Li ringrazio per avermi svegliato, stavo dormendo ma, soprattutto, pensando.
Stavo meditando e misurando un posto infinito. Avrei fallito senza rendermene conto.
Questa è una nuova alba che nasce dal mare, è un tramonto da colorare ed io sono fatta di zucchero, pane e pace interiore.

Erica, anzi Atmosferica.
Di nuovo, mi commuovo.

“Qualcosa che non c’è.”

Quando scrivo ho bisogno di sintonizzarmi sulla giusta frequenza.
È come se le mie parole, andassero ad incastrarsi, accordarsi perfettamente al ritmo del mio cuore, e del tuo.
Non penso ci siano altri modi per spiegare.
Riesco a esprimere i miei alti e bassi, solo quando riesco a seguirli e a posizionarli nelle frequenze della scrittura.
Anche lei ha un ritmo, il mio.

Difficile da capire?

Per te nulla è difficile.

Potrei spiegarti che se ti piace leggere ciò che scrivo, significa che siamo sintonizzati sullo stesso canale. Riusciamo a parlare la stessa lingua o, meglio, sei in grado di capire la mia.
Mi permetto quindi, di continuare senza facilitazioni.
Sei forte!

Pensa che succede anche che io vada a rileggere pezzi scritti da me, dalla mia mente, e mi trovo sorpresa da tutti quei giri strani che non mi sembra nemmeno di percorrere tra i pensieri.
Viaggi di riflessioni lunghe e contorte che spesso vanno perse.
Chissà dove.
Tra la scrittura, invece, nulla sfugge.
Nulla passa inosservato.
Non esiste il “non detto”.
Non esistono paure, non sono ammesse mancanze di coraggio o sincerità verso se stessi.

Non c’è spazio per le esitazioni.

Non scrivo da parecchio.

Succede che ti incontro per strada e ricevo da te buoni riscontri, mi dici che spesso vai a controllare se ho pubblicato “Qualcosa”, mi fai sentire che i miei messaggi ti sono arrivati e che mi apprezzi per quel che sono riuscita a comunicarti. Anche io apprezzo te.
Mi dici che dovrei scrivere un libro (GRAZIE!!), che sono migliorata nel tempo e che non devo fermarmi.
Non posso fermarmi.
Non mi nascondi una lacrima di commozione, mi confidi che ti sono stata di aiuto in brutti momenti o che ti ho fatto viaggiare stando fermo quando anche tu eri curioso di farlo o quando avevi bisogno di scappare, riflettere, cambiare.

Per questo vorrei ringraziarti e dirti che ogni volta che sento il nome “Atmosferica” uscire dalla tua bocca, il cuore si commuove e collego tutto a quello, a questa raccolta di parole che forse solo parole non sono state.
Molto di più.
È assurdo come sia riuscita a parlare con te, senza nemmeno immaginare che tu leggessi veramente.
Tu, la mia compagna di banco delle elementari.
Tu, la ex-fidanzata del mio ex-fidanzato.
Tu, che credevo di starti sulle palle.
Tu, che mi hai scritto calde confidenze durante una gelida notte d’inverno.
Tu, che mai avrei pensato di ricevere un “Grazie” da te.

Questa è una figata pazzesca, grazie alle parole ho mantenuto neutralità e spontaneità, ho viaggiato insieme a te senza mai sentire il tuo peso o l’ingombro del tuo bagaglio.

Beh…

Grazie a te.

Oggi ti scrivo per dirti che se quel “Qualcosa” sta mancando da tempo, è solo per il fatto che sto cercando la mia frequenza nel mondo.
Sto crescendo, mi sto evolvendo.
Sto seguendo i miei battiti, sto lavorando su continui sali-scendi di emozioni, oggi le energie ci sono, domani forse saranno un po’ meno.
Devo preservarle e distribuirle in maniera intelligente.
Ogni giorno è una scommessa.
Ogni attimo è una ricerca.

Non è semplice tornare, non è un cambiamento facile da affrontare.
Non è mai finita.

Non mi sentirò mai tornata del tutto, fino a quando non realizzerò pienamente quel che è stato.
Che ho fatto?
Dove sono andata?
A volte mi sento
mai tornata,
altre,
mai partita.
Vedo cose uguali, altre cambiate e distanti anni-luce da ciò che sono.
Sono diventata.

In questi giorni mi succede di addormentarmi viaggiando nei colori australiani, parlando con amici di viaggio o osservando la vita a Sydney. Passeggio tra la natura, ascolto il rumore del mare pucciando i piedi a riva, guardo il cielo e il solito gabbiano.
Mi risveglio pensando che sono qui, nel letto di casa che non è ancora comodo come un tempo.
Che strano.

Per questo volevo scriverti oggi.

Scriverò,
mai fermerò queste mani.

Sto semplicemente tornando.
Sto decidendo come proseguire il mio viaggio, anche se, sto lasciando potere alla vita.
Solo lei ha la capacità di creare e distruggere, di unire e separare.

L’universo.

La scrittura sarebbe una lente di ingrandimento, un’analisi dettagliata di una fase che ora deve scorrere liscia senza subire rallentamenti.

C’è scritto: “NON DISTURBARE”

Sto seguendo il corso delle cose e questo non mi permette di trovare la giusta frequenza per quel “Qualcosa” che, come dice Elisa, ora “non c’è”.

Erica, anzi Atmosferica.


Elisa – “Qualcosa che non c’è”

Il vuoto e “La sera del ritorno”.

Ho altro da raccontare, altro che riguarda il mio ritorno. In questi giorni pieni di spostamenti, viaggi in treno e chilometri di cemento, sto cercando di ritrovare il mio posto nel mondo, in Italia.

Un angolo di pace che mi faccia sentire libera.

Continuo a pensare ad una bellissima serata trascorsa in compagnia di Zie e Amiche, qualche giorno fa. Ero tornata da forse 72 ore e una riunione di saluto e connessione nuova, è stata l’idea di Mamma. Un altro modo per darmi il benvenuto, un gesto amorevole per farmi sentire a casa.

Qualche pasticcino, una sana Macedonia e una bottiglia di prosecco per festeggiare. Questi erano i condimenti che rendevano il tutto più colorato e gustoso, frizzante e dolce. Il giardino di casa faceva da sfondo e delle candele colorate allontanavano le zanzare riscaldando l’Atmosfera.

Dopo i primi minuti di confusione e domande accavallate, il creativo Papà Elio è intervenuto con la sua idea. “Facciamo un gioco, mettiamoci in cerchio e ognuno farà una domanda quando sarà il proprio turno!”

Una risata generale è sfociata nell’accordo pieno, ha creato ordine e curiosità. Ero curiosa anche io, mi sentivo al centro dell’attenzione ma con molto piacere.

Il giro delle domande è partito subito in senso anti-orario. Di fianco a me, Papà osservava la scena dal mio stesso punto di vista. Forse accadeva per la prima volta. Guardavamo con gli stessi occhi, ascoltavamo con le stesse orecchie.

Vorrei condividere con te alcune domande e di seguito le mie risposte. Trovo giusto doverti rendere partecipe di una nostra serata, in cui meritavi di esistere anche tu.

“Hai mangiato qualcosa di particolare?”

Ho risposto che non ho mai assaggiato cibo che mi abbia fatto mancare il fiato. Nulla che mi abbia rapito le papille gustative. Certo, il cibo thailandese piccante mi ha tolto il respiro per ovvi motivi, ma per il resto non sono rimasta mai troppo stupita da quel che avevo nel piatto. In Australia sono arrivata a detestare frutta e verdura, avevano sapore e consistenza chimica e non sapevano di natura. Non troppo.
Non ho mai assaggiato la carne di canguro, non ce l’ho fatta. Per tutto il tempo del mio viaggio, ho mangiato solo carne bianca. Non mi sono mai imposta diete particolari, mangiavo quel che mi andava, quel che il corpo chiedeva.
In Thailandia, invece, mi sono depurata e purificata. Verdure cotte e crude, grandi insalate di frutta e riso ovunque. Una vera goduria per il mio palato.

“C’è mai stato un posto che hai chiamato ‘Casa’?”

No. Sydney mi ha cullata e coccolata, mi ha fatta sentire a casa ma non l’ho mai intesa come la mia città. Mi sentivo ad ogni modo ospite anche perché non ho mai pensato di non tornare in Italia.
Piazze, muretti e panchine, mi richiamavano nei momenti di solitudine in cui volevo sentirmi bene. Guardavo al cielo e vedevo le punte dei palazzi, possenti.
Mi piaceva ritornare nei miei angoli di pace, mi piaceva vedere Sydney in tutti i suoi specchi e colori, mi sentivo bene ma non a Casa. Sarà sempre nel mio cuore quella città, tanto cattiva all’inizio ma piena di amore alla fine.

“In un momento di tristezza hai mai pensato di tornare a casa?”

No. Ero sempre consapevole che ogni momento di tristezza e malinconia, era stato preceduto da un momento di benessere e sarebbe stato seguito da un’altro stato d’animo positivo. Credo che affrontare e superare negatività, sia sinonimo di maturità e voglia di conoscersi davvero. Bisogna essere in grado di guardare il proprio malessere dall’esterno cercando di non identificarsi in lui.
Io ci ho sempre provato, con la consapevolezza di voler tornare a casa per felicità.

“Qual è il tuo obiettivo ora? Dove vuoi andare?”

Il mio prossimo traguardo è quello di trovare pace nel niente. È difficile tornare in una realtà dove in ogni fase della vita si ha sempre avuto uno scopo, ma ora la sensazione di appartenenza non è più così forte. Il mio obiettivo è quello di trovare un equilibrio prima di agire per una costruzione, un progetto di lavoro.
Tutti si lamentano del fatto che si lavora troppo e che lo stress porta a correre continuamente, affaticando l’anima al pensiero del futuro.
Accade questo, sì, ma nel momento in cui non si ha nulla da fare, si entra facilmente in crisi, ci si sente persi senza una sfida giornaliera.
Di cosa ci si lamenta allora?
Voglio imparare a godermi un momento di vuoto senza dimenticare che ora sono piena di me, come è giusto che sia.
Da fine agosto, farò fruttare le mie energie e con la dovuta calma, penserò ai miei progetti.

“Chi è stata la persona che ti è rimasta nel cuore?”

Ilaria. Con lei ho avuto un bellissimo scambio di emozioni e insegnamenti. Lei mi ha insegnato una magica dolcezza fatta di fiori e conchiglie colorate, mi ha dimostrato che quel mondo ormai poco conosciuto ed esplorato esiste davvero, basta solo costruirlo giorno dopo giorno. Basta crederci.
Io a lei ho dato un pezzo della mia positività e della voglia di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, le ho voluto dire che “Tutto andrà bene!”.

“Sei rimasta in contatto con Mattia? L’Ingegnere…”

Certo, Mattia è tornato nella sua amata Brescia a Maggio. Una buona opportunità lavorativa lo ha fatto diventare Ingegnere a tutti gli effetti, è sereno.
Sicuramente andrò a respirare la sua realtà bresciana e sarò ben contenta di ospitarlo a Lecco, la mia cittadella sul Lago.

“Cosa ti ha segnato di più nel ritiro spirituale?”

Penso che la convivenza con la giungla sia stata per me la prova più snervate. Continuamente in tensione, cercavo di trovare pace anche se, puntualmente, saltavo in aria al minimo rumore o visione strana. Animali e umidità, caldo e temporali, buio e insetti.
La parte più difficile è stata questa. La giungla e il mistero del silenzio.

“Hai mai avuto paura?”

Sì. Quando abbiamo iniziato la traversata della spianata deserta in Australia, alla prima sosta siamo stati travolti da un temporale ventoso, persino le pentole perdevano il contatto con il suolo e Vando traballava e tremava come una foglia. Lì ho avuto paura, mi sono sentita piccola, indifesa ed impotente nei confronti dell’inaspettata forza della natura. Era appena iniziato un viaggio di migliaia di chilometri vuoti, lungo la costa sud dell’Australia. Si era appena aperta una scommessa e per un momento ho temuto di non essere pronta a vincere o comunque a combattere.
Dopo la tempesta è uscito il sole. I colori sono tornati accesi e le nuvole a fare da cornice.

Ecco queste sono alcune delle domande. Le più importanti. È stata un momento di condivisione emozionante che credo rimarrà tra i miei ricordi come “La sera del ritorno.”


Ora sto partendo di nuovo. Un aereo sta per decollare, il mio cuore sta per volare. Devo ancora abituarmi alla sensazione del vuoto, è vero. Forse è per questo motivo che non riesco ancora a fermarmi. Voglio sentire il petto schiacciato alla poltrona, voglio vedere le nuvole dall’alto. Sto seguendo il mio istinto che non vuole ancora frenare la corsa. Forse non sono fatta per rallentare o forse non è il momento.
Ora so che voglio scrivere e per farlo ho bisogno di stimoli giusti, voglio godermi il niente nei posti più belli, quelli che sono stati creati per me e per le mie storie.

E comunque,
il vuoto,
in cielo,
si sente meglio.

Erica, anzi Atmosferica.

Profumo di pesce e povertà.

Ok, sto per partire di nuovo. Stamattina la testa frulla alla massima velocità, pensieri di ogni genere e natura mi stanno travolgendo ma come sempre, cerco di selezionare e capire.

È impressionante come le questioni personali rimangano ferme, anche quando il corpo è in movimento. Colori e profumi, persone e piccole scene quotidiane, mi rimandano a ricordi lontani e vicini. Momenti belli che vorrei conservare si affiancano inesorabilmente a quelli brutti che vorrei dimenticare. Come se i primi, non possano esistere senza i secondi.

Sto apprezzando questa solitudine come se fosse la più importante possibilità per rinascere davvero. Faccio grandi discorsi a me stessa e qualche volta li appunto sul mio quaderno.

Ieri ho percorso circa un chilometro a piedi sulla strada. Sono entrata con lo sguardo nelle baracche di lamiera sporche e a volte puzzolenti. Puntualmente una persona all’interno mi invitava ad entrare, una parrucchiera, un fruttivendolo o un piccolo omino che vendeva pollo allo spiedo. Sorridevano.

Sono andata al mercato e mi sono trovata davanti ad una distesa di colori e profumi, un contatto diretto con il sano e il genuino. Verdura e pesce erano esposti su grandi piatti colorati e le donne dietro alle bancarelle avevano puntualmente uno sguardo triste. Mi sembrava di vedere la loro anima.

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Mentre camminavo sul cemento umido, tra quelle facce vedevo la Thailandia, quella che avevo sempre sognato. Finalmente mi trovavo lì, al mercato del vero.

Una bambina che masticava un povero inglese, mi ha servito la mia porzione di verdure e pollo. Avevo fame e quel vassoio era molto invitante. Profumato.


Per cena invece mi sono vestita carina, avevo voglia di coccolarmi. Appena fuori dall’albergo un ragazzo mi invitava ad entrare nel ristorante thai per cui lavorava. Mi sono avvicinata e dopo aver risposto al suo saluto, mi sono fatta accompagnare ad un tavolo di legno abbellito da una candela rossa. Lui aveva capito di cosa avevo bisogno. Un tipico piatto thailandese era proprio quel che mi andava e quell’atmosfera calda e luminosa mi piaceva.

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Era bello cenare da sola, non provavo invidia per la coppia di fidanzati seduti vicino a me. Avevano entrambi una faccia annoiata e guardavano il cellulare scorrendo le notifiche di Facebook.
Che tristezza.
Io ero piena di me ed ero troppo contenta, scrivevo senza vergogna sul mio quadernino e dialogavo con le mie parole, argomentavo, discutevo.

Tutto è curato nel minimo particolare, ma in modo naturale. Dopo aver pagato il conto, 145 BATH, il ragazzo mi ha portato una salvietta umida e profumata per pulirmi le mani. Di fianco un fiore bianco. Era vero ed era appena stato colto. Per me.

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Dopo aver infilato il fiore tra i miei capelli mi sono alzata e alle mie spalle ho sentito la sua voce: “Sweet dreams!”.

Mi sono girata per ringraziarlo e ho di nuovo risposto al saluto. Mani giunte e capo chino.

I miei sogni sono stati dolci ma sul finale un filo agitati. Un traghetto tra qualche ora mi porterà a Koh Phangan. Un’altra isola che dista una mezz’ora da qui.

🙂

Keep in touch.

Erica, anzi Atmosferica.

Ma alla fine di tutto questo…

Questo era il cielo appena fuori Sydney, era pieno, intenso e tipicamente Atmosferico. L’ho immortalato perché era autentico e mi riempiva. Era vero. Le nuvole gonfie, la luce del sole e il senso di profondità che solo il cielo australiano può spiegare.

Oggi riguardando l’immagine, sento che quel momento lontano, è già diventato un ricordo, qualcosa che non rivedrò più e sembra incredibile, quasi finto. Disegnato. Dipinto. Creato.

Per fortuna non ho mai lasciato passare giorno senza guardare lassù per almeno dieci minuti. Per fortuna ho raccolto nella mia testa tanto azzurro e blu stellato. Per fortuna è tutto qui, ben custodito. Nel viaggio che mi ha portato qui è stato divertente seguire il cielo è rincorrere le nuvole, vederlo di colori sensazionali o più scuro di un mare profondo. È stata ricorrente la sensazione di unione che lui giornalmente mi regalava insieme al mare. In fin dei conti sono entrambi immensi e infiniti, accomunano il mondo, uniscono le terre e toccano tutta l’umanità. Sono gli unici a poterlo fare. Mi hanno aiutato dandomi forza e accorciando distanze quando mi sentivo troppo lontana.

Lontana da tutto.

Qui a Sydney sono cambiati di nuovo i colori, la città cambia il cielo e questo a sua volta cambia il colore del mare. Di riflesso. L’attenzione si è spostata sulle persone e sui palazzi, sui grattaceli. Lo sguardo va su, ma non abbastanza e si ferma alla punta di alte costruzioni innalzate verso vette altissime e illuminate ma non infinite. Qui percepisco limiti e il gioco di colori di grandi vetrate ma non c’è l’infinito del cielo. Qui finisce velocemente e riempie spazi piccoli, chiusi e inquinati. Lo spirito di osservazione è aumentato del 300%. Guardo la gente che cammina, i giovani che si tengono per mano, quelli che attendono di attraversare al semaforo e noto il comportamento di automobilisti e camionisti. Sto studiando i mezzi, le stazioni e le tratte dei bus. Ho visto i lavoratori in pausa pranzo, la mattina presto diretti verso l’ufficio e la sera alle 17 uscire puntuali con la camicia non stropicciata e la cravatta ancora perfettamente annodata.

Mi sto facendo un’idea di tutto, nulla mi sfugge.

Poi vi dirò…

Da questa parte sento molto più forte la lontananza e le dieci ore che mi separano dalla vita italiana. Sì, la vita del futuro potrà sembrarvi divertente, ma quando ricevi un messaggio o una chiamata e puntualmente è per te ora di andare a dormire, non è per nulla incoraggiante. Sei costretto a bloccare la comunicazione tra uno sbadiglio e l’altro, per non addormentarti ogni volta alle due del mattino.

Intanto i giorni passano.

Sto abituandomi quindi, a vivere gran parte della giornata senza sentire l’esigenza di condividere ciò che mi succede con amiche, sorelle o genitori. Quando riesco a sentirli con calma, racconto tutto d’un fiato tralasciando inevitabilmente dettagli importanti o emozioni ormai scemate o trasformate in altre più forti o più recenti.

Sono piena di voglia di vivere questa città, proprio come quel cielo…ma sono anche spesso vuota per la mancanza di condivisione con chi vorrei, con chi è vicino ma lontano.

Troppo lontano.

Questo è il principale motivo per cui non vivrei mai in Australia. Il contrasto tra pienezza ed immenso vuoto potrebbe farmi male e accrescere sempre di più la distanza fino a farla diventare ancor più pesante. La vita è fatta di amore, del profumo di un abbraccio, della comprensione di uno sguardo e del calore di una mano. Qui per me è tutto senza profumo, tutto piatto e freddo, troppo distante per sentirlo.

Tutto.

Conoscerò Sydney e accoglierò ben volentieri ciò che avrà da offrirmi. Guarderò la città con positiva energia e grande predisposizione. Scatterò fotografie e farò nuove conoscenze, lavorerò e farò la turista, mi godrò l’ultimo caldo e poi le temperature miti che verranno. Ascolterò i rumori dopo il silenzio e ogni giorno seguirò l’evoluzione di lavori in corso delle mille gru posizionate in cima ai palazzi. Catturerò pezzi di vita e musiche mai sentite, starò a sedere sul balcone di casa con le mie scritture tra le mani, mi divertirò a scambiare due battute con i miei coinquilini francesi, brasiliani e colombiani, mi vestirò elegante per uscire a cena o per un giro nel centro. Subirò attivamente lo scorrere del tempo rendendo ogni giornata degna di essere raccontata, arricchirò la quotidiana routine di piccoli e nuovi obiettivi, mi prenderò la calma di sviluppare idee e andrò a ricercare stimoli creativi dove mi porterà il cuore. Immaginerò il mio futuro, pianificherò una nuova partenza e mi informerò per esaudire piccoli desideri con coscienza, penserò in segreto a nuove avventure e poi racconterò a voi le mie emozioni e le sorprese.

Questi sono i programmi ma alla fine di tutto questo, volerò nelle mani calde delle mie sorelle, nella comprensione di uno sguardo amico e nell’abbraccio profumato della mamma.

Giornata profonda e piena come quel cielo.

Erica, anzi Atmosferica.

Il blocco dello scrittore.

Oggi sono totalmente bloccata.

La mia mente ripensa ad un simpatico aneddoto, accaduto circa un mese fa quando ancora lavoravo in Farm a Pemberton.

Matteo in uno dei nostri discorsi, ricordo che mi parlò di quanto fosse stupito dal fatto che io avessi qualcosa da dire ogni giorno. Questa sua riflessione, lo portò a rivolgermi una domanda:

“Ma se un giorno ti capiterà di avere il “blocco dello scrittore” che farai? Di che parlerai? Non scriverai?”

In maniera disinvolta e simpatica risposi:

“Beh, parlerò del “blocco dello scrittore” e cercherò di capire cosa mi lascia senza parole…”

🙂

Credo sia arrivato il giorno.

Non che non abbia nulla da raccontare, anzi avrei molto da dire, ma credo che i miei pensieri siano così fitti e nervosi da non farsi prendere, analizzare, selezionare. Sento un forte baccano nella mia testa, accentuato dal vento che mi sbatte in faccia entrando dal finestrino di sinistra.

Potrei provare insieme a voi, a capire il motivo di questo intasamento. Voglio provare a gettare l’amo e, se un po’ di fortuna mi assisterà, pescherò i pesci più grossi e sostanziosi… In questo mare agitato che non si dà pace. Mi sono resa conto di questa difficoltà quando, dopo aver scritto qualche riga, cancellavo e riscrivevo. Cancellavo e riscrivevo di nuovo. E poi ancora…

Vorrei parlare a voi Donne che mi leggete, vorrei scrivere del nostro viaggio che da Adelaide sta proseguendo verso sud e vorrei, attraverso la scrittura, spegnere questa forte insofferenza che mi chiede insistentemente un letto, una stanza, un armadio.

Procedendo con ordine, vorrei dire a tutte voi Donne che siete una potenza incredibile. Non dimenticate mai, e dico mai, quanto siete speciali per voi stesse, per le altre Donne e per gli Uomini della vostra vita. Se non ci fosse questa forte forza che mi tira verso il basso, oggi, riuscirei a trasmettervi più energia e motivazione ma vi chiedo di cogliere questa mia vicinanza espressa in poche righe e senza troppi giri di parole.

Tanti auguri a tutte voi e se per caso oggi non riceverete gialle mimose, fregatevene perché non sono dei banali fiori a determinare il vostro grado di importanza nel mondo e nella vita. Voi siete vita. Voi date la vita.

I fiori colorano una stanza di profumo, voi rendete il mondo migliore.

Vi dedico il tramonto di Adelaide, con i suoi colori e la sua atmosfera. Condivido con voi questa palla infuocata che illuminava i miei vestiti e l’acqua del mare, diffondendo una luce dorata nel buio della sera.

Il secondo argomento da affrontare è il nostro viaggio. Stiamo scendendo verso la città di Melbourne ma prima di toccare la meta, faremo delle soste lungo la strada. Ovviamente. Potete geolocalizzarci a Mount Gambier, a sud di Adelaide di circa 400 chilometri. Nonostante sia iniziata da qualche giorno la stagione autunnale, qui il caldo non si è ancora placato e finché lì da voi non smette di nevicare, penso che per la storia dei contrari, qui continuerà a persistere un caldo direttamente proporzionale al vostro freddo.

Il terzo argomento è quello della sofferente insofferenza che mi colpisce sempre senza preavviso. Sto ascoltando il mio corpo e i miei bisogni, sto parlando tanto nel mio silenzio e sto andando a fondo di parecchie questioni. Mi sto analizzando. Ormai è dal 28 Dicembre che vivo una vita nomade, dormendo in un Van Mitsubishi, caro e insostituibile Vando. Gli sarò per sempre grata dei meravigliosi posti che mi ha fatto vedere sfidando temperature ardenti e tempeste impetuose, ma il mio fisico inizia a cedere. Ultimamente sento il bisogno di sprofondare in un letto, di ripiegare ordinatamente i miei vestiti in un armadio e di avere un bagno tutto mio, senza doverlo condividere con le signorotte che sto incontrando nei campeggi di tutta Australia. Credo di aver bisogno di stabilità e di spazi solo miei dove potermi ritrovare e riordinare, rilassare e ascoltare. Dall’altro lato però, questo mio bisogno deve essere placato ancora per qualche giorno. Devo fare pace con corpo, anima e cervello perché non è ancora il momento…

Non posso fermarmi, non ora.

Erica, anzi Atmosferica.