Sydney, il mio film.

Vedo Sydney in tutta la sua possenza, la vedo che scorre tra le immagini veloci di un film.
Non posso fare altro che schiacciare il pulsante “STOP” e osservare, rivivere quella scena insieme ai due attori che giocano con un pallone, lì nel perfetto verde del Royal Botanic Garden.

Un giardino, un parco, un museo di natura parcheggiato ai piedi della città ed affacciato sul mare, sulla baia.
Era infinito e pieno di stradine. Alle radici delle piante un piccolo cartellino diceva il nome e una descrizione. Beh, un giardino botanico, appunto.

Guardando queste immagini veloci, rivivo per un momento le mie passeggiate e sento ancora il profumo dei fiori. Ricordo che durante il mio periodo a Sydney la temperatura era gradevole e quel pomeriggio il sole splendeva alto nel suo cielo sempre immenso.
Dico “quel pomeriggio” perché sì, solo una volta decisi di spingermi a passeggiare tra le piante e le fontanelle di quel parco.
Quel giorno avevo bisogno di ossigeno e aria, quella che non riuscivo a respirare tra i grattacieli che fanno da sfondo. Avevo bisogno di svagare e liberare i pensieri, in giornate in cui tutto sembrava ovattato.

Li vedi i palazzi?

Beh, sembrano nuovi, moderni, quasi dorati.
Non trovi?
Si vede la torre più alta di Sydney, ci sono salita. Girava in continuazione su 360 gradi e lassù, in cima, c’era un ristorante. Tu stavi seduto al tavolo e nel frattempo giravi per la città. Una vera figata.

Pensando a Sydney ritorna il profumo di casa e il pensiero di quelle molle nel materasso che a volte non mi lasciavano dormire. La moquette tanto odiata tappezzava tutte le stanze della casa e quella vista su Darling Harbour ogni sera aveva una luce diversa. La ricordi? Che tramonti, che colori. Ho visto anche qualche alba. Ritorno alle serate con gli amici e alle mattinate a spalmare marmellata su croccanti fette di pane. Quanti ricordi, tutti qui nel cuore.

Guardando queste scene mi sento ancora lì e mi ritengo fortunata. Ho avuto un’idea geniale nel decidere di fermarmi a Sydney per qualche mese, l’ho studiata e vissuta in un momento che ad oggi rivivo come quello “giusto”.
Sto realizzando ora, Sydney…cara.

L’Opera House che simboleggia la città, il vento tagliente e le nuvole sempre troppo bianche.
Io lì ci sono stata.
Io lì ho vissuto.
Vorrei quasi quasi bucare lo schermo e dire a quegli attori che lo so bene dove stanno giocando. Mi sento lì con loro e la sensazione è stranissima.

“Ehi belli, ci sono anche io! Passatemi la palla!”

Ricordo come Sydney mi ha fatta sprofondare in solitudini, mancanze, sofferenze e domande senza risposte. Per non parlare delle malinconie, ora del tutto saziate, guarite. Ricordo quando mi guidava in lunghe passeggiate che seguivo con piacere anche dopo ore di lavoro e con le vesciche ai piedi. Mi faceva incontrare persone e artisti di strada, mi regalava emozioni uniche che non posso spiegare a parole ma posso solo rivivere, annusare.
Sorridere.
Che immenso piacere.

In momenti come questi mi sento piena di esperienza e vita, quei mesi di vita in quella città, sono stati estremamente forti, vivi, difficili e affollati. Ho vissuto normalmente ma forse di normale non c’è stato proprio niente. Ho messo in discussione la mia persona, la mia crescita e la voglia di conoscere ogni mia singola cellula.
Sydney è stata all’altezza ed è stata forte abbastanza.

Sydney si è fatta spesso odiare ma ora, la guardo attraverso questo maledetto schermo con grande ed immenso amore.

Un giorno, presto o tardi che sia, mi vedrà tornare.

Buonanotte Italia, ora vado a sognare.

Erica, anzi Atmosferica.

“Qualcosa che non c’è.”

Quando scrivo ho bisogno di sintonizzarmi sulla giusta frequenza.
È come se le mie parole, andassero ad incastrarsi, accordarsi perfettamente al ritmo del mio cuore, e del tuo.
Non penso ci siano altri modi per spiegare.
Riesco a esprimere i miei alti e bassi, solo quando riesco a seguirli e a posizionarli nelle frequenze della scrittura.
Anche lei ha un ritmo, il mio.

Difficile da capire?

Per te nulla è difficile.

Potrei spiegarti che se ti piace leggere ciò che scrivo, significa che siamo sintonizzati sullo stesso canale. Riusciamo a parlare la stessa lingua o, meglio, sei in grado di capire la mia.
Mi permetto quindi, di continuare senza facilitazioni.
Sei forte!

Pensa che succede anche che io vada a rileggere pezzi scritti da me, dalla mia mente, e mi trovo sorpresa da tutti quei giri strani che non mi sembra nemmeno di percorrere tra i pensieri.
Viaggi di riflessioni lunghe e contorte che spesso vanno perse.
Chissà dove.
Tra la scrittura, invece, nulla sfugge.
Nulla passa inosservato.
Non esiste il “non detto”.
Non esistono paure, non sono ammesse mancanze di coraggio o sincerità verso se stessi.

Non c’è spazio per le esitazioni.

Non scrivo da parecchio.

Succede che ti incontro per strada e ricevo da te buoni riscontri, mi dici che spesso vai a controllare se ho pubblicato “Qualcosa”, mi fai sentire che i miei messaggi ti sono arrivati e che mi apprezzi per quel che sono riuscita a comunicarti. Anche io apprezzo te.
Mi dici che dovrei scrivere un libro (GRAZIE!!), che sono migliorata nel tempo e che non devo fermarmi.
Non posso fermarmi.
Non mi nascondi una lacrima di commozione, mi confidi che ti sono stata di aiuto in brutti momenti o che ti ho fatto viaggiare stando fermo quando anche tu eri curioso di farlo o quando avevi bisogno di scappare, riflettere, cambiare.

Per questo vorrei ringraziarti e dirti che ogni volta che sento il nome “Atmosferica” uscire dalla tua bocca, il cuore si commuove e collego tutto a quello, a questa raccolta di parole che forse solo parole non sono state.
Molto di più.
È assurdo come sia riuscita a parlare con te, senza nemmeno immaginare che tu leggessi veramente.
Tu, la mia compagna di banco delle elementari.
Tu, la ex-fidanzata del mio ex-fidanzato.
Tu, che credevo di starti sulle palle.
Tu, che mi hai scritto calde confidenze durante una gelida notte d’inverno.
Tu, che mai avrei pensato di ricevere un “Grazie” da te.

Questa è una figata pazzesca, grazie alle parole ho mantenuto neutralità e spontaneità, ho viaggiato insieme a te senza mai sentire il tuo peso o l’ingombro del tuo bagaglio.

Beh…

Grazie a te.

Oggi ti scrivo per dirti che se quel “Qualcosa” sta mancando da tempo, è solo per il fatto che sto cercando la mia frequenza nel mondo.
Sto crescendo, mi sto evolvendo.
Sto seguendo i miei battiti, sto lavorando su continui sali-scendi di emozioni, oggi le energie ci sono, domani forse saranno un po’ meno.
Devo preservarle e distribuirle in maniera intelligente.
Ogni giorno è una scommessa.
Ogni attimo è una ricerca.

Non è semplice tornare, non è un cambiamento facile da affrontare.
Non è mai finita.

Non mi sentirò mai tornata del tutto, fino a quando non realizzerò pienamente quel che è stato.
Che ho fatto?
Dove sono andata?
A volte mi sento
mai tornata,
altre,
mai partita.
Vedo cose uguali, altre cambiate e distanti anni-luce da ciò che sono.
Sono diventata.

In questi giorni mi succede di addormentarmi viaggiando nei colori australiani, parlando con amici di viaggio o osservando la vita a Sydney. Passeggio tra la natura, ascolto il rumore del mare pucciando i piedi a riva, guardo il cielo e il solito gabbiano.
Mi risveglio pensando che sono qui, nel letto di casa che non è ancora comodo come un tempo.
Che strano.

Per questo volevo scriverti oggi.

Scriverò,
mai fermerò queste mani.

Sto semplicemente tornando.
Sto decidendo come proseguire il mio viaggio, anche se, sto lasciando potere alla vita.
Solo lei ha la capacità di creare e distruggere, di unire e separare.

L’universo.

La scrittura sarebbe una lente di ingrandimento, un’analisi dettagliata di una fase che ora deve scorrere liscia senza subire rallentamenti.

C’è scritto: “NON DISTURBARE”

Sto seguendo il corso delle cose e questo non mi permette di trovare la giusta frequenza per quel “Qualcosa” che, come dice Elisa, ora “non c’è”.

Erica, anzi Atmosferica.


Elisa – “Qualcosa che non c’è”

Il vuoto e “La sera del ritorno”.

Ho altro da raccontare, altro che riguarda il mio ritorno. In questi giorni pieni di spostamenti, viaggi in treno e chilometri di cemento, sto cercando di ritrovare il mio posto nel mondo, in Italia.

Un angolo di pace che mi faccia sentire libera.

Continuo a pensare ad una bellissima serata trascorsa in compagnia di Zie e Amiche, qualche giorno fa. Ero tornata da forse 72 ore e una riunione di saluto e connessione nuova, è stata l’idea di Mamma. Un altro modo per darmi il benvenuto, un gesto amorevole per farmi sentire a casa.

Qualche pasticcino, una sana Macedonia e una bottiglia di prosecco per festeggiare. Questi erano i condimenti che rendevano il tutto più colorato e gustoso, frizzante e dolce. Il giardino di casa faceva da sfondo e delle candele colorate allontanavano le zanzare riscaldando l’Atmosfera.

Dopo i primi minuti di confusione e domande accavallate, il creativo Papà Elio è intervenuto con la sua idea. “Facciamo un gioco, mettiamoci in cerchio e ognuno farà una domanda quando sarà il proprio turno!”

Una risata generale è sfociata nell’accordo pieno, ha creato ordine e curiosità. Ero curiosa anche io, mi sentivo al centro dell’attenzione ma con molto piacere.

Il giro delle domande è partito subito in senso anti-orario. Di fianco a me, Papà osservava la scena dal mio stesso punto di vista. Forse accadeva per la prima volta. Guardavamo con gli stessi occhi, ascoltavamo con le stesse orecchie.

Vorrei condividere con te alcune domande e di seguito le mie risposte. Trovo giusto doverti rendere partecipe di una nostra serata, in cui meritavi di esistere anche tu.

“Hai mangiato qualcosa di particolare?”

Ho risposto che non ho mai assaggiato cibo che mi abbia fatto mancare il fiato. Nulla che mi abbia rapito le papille gustative. Certo, il cibo thailandese piccante mi ha tolto il respiro per ovvi motivi, ma per il resto non sono rimasta mai troppo stupita da quel che avevo nel piatto. In Australia sono arrivata a detestare frutta e verdura, avevano sapore e consistenza chimica e non sapevano di natura. Non troppo.
Non ho mai assaggiato la carne di canguro, non ce l’ho fatta. Per tutto il tempo del mio viaggio, ho mangiato solo carne bianca. Non mi sono mai imposta diete particolari, mangiavo quel che mi andava, quel che il corpo chiedeva.
In Thailandia, invece, mi sono depurata e purificata. Verdure cotte e crude, grandi insalate di frutta e riso ovunque. Una vera goduria per il mio palato.

“C’è mai stato un posto che hai chiamato ‘Casa’?”

No. Sydney mi ha cullata e coccolata, mi ha fatta sentire a casa ma non l’ho mai intesa come la mia città. Mi sentivo ad ogni modo ospite anche perché non ho mai pensato di non tornare in Italia.
Piazze, muretti e panchine, mi richiamavano nei momenti di solitudine in cui volevo sentirmi bene. Guardavo al cielo e vedevo le punte dei palazzi, possenti.
Mi piaceva ritornare nei miei angoli di pace, mi piaceva vedere Sydney in tutti i suoi specchi e colori, mi sentivo bene ma non a Casa. Sarà sempre nel mio cuore quella città, tanto cattiva all’inizio ma piena di amore alla fine.

“In un momento di tristezza hai mai pensato di tornare a casa?”

No. Ero sempre consapevole che ogni momento di tristezza e malinconia, era stato preceduto da un momento di benessere e sarebbe stato seguito da un’altro stato d’animo positivo. Credo che affrontare e superare negatività, sia sinonimo di maturità e voglia di conoscersi davvero. Bisogna essere in grado di guardare il proprio malessere dall’esterno cercando di non identificarsi in lui.
Io ci ho sempre provato, con la consapevolezza di voler tornare a casa per felicità.

“Qual è il tuo obiettivo ora? Dove vuoi andare?”

Il mio prossimo traguardo è quello di trovare pace nel niente. È difficile tornare in una realtà dove in ogni fase della vita si ha sempre avuto uno scopo, ma ora la sensazione di appartenenza non è più così forte. Il mio obiettivo è quello di trovare un equilibrio prima di agire per una costruzione, un progetto di lavoro.
Tutti si lamentano del fatto che si lavora troppo e che lo stress porta a correre continuamente, affaticando l’anima al pensiero del futuro.
Accade questo, sì, ma nel momento in cui non si ha nulla da fare, si entra facilmente in crisi, ci si sente persi senza una sfida giornaliera.
Di cosa ci si lamenta allora?
Voglio imparare a godermi un momento di vuoto senza dimenticare che ora sono piena di me, come è giusto che sia.
Da fine agosto, farò fruttare le mie energie e con la dovuta calma, penserò ai miei progetti.

“Chi è stata la persona che ti è rimasta nel cuore?”

Ilaria. Con lei ho avuto un bellissimo scambio di emozioni e insegnamenti. Lei mi ha insegnato una magica dolcezza fatta di fiori e conchiglie colorate, mi ha dimostrato che quel mondo ormai poco conosciuto ed esplorato esiste davvero, basta solo costruirlo giorno dopo giorno. Basta crederci.
Io a lei ho dato un pezzo della mia positività e della voglia di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, le ho voluto dire che “Tutto andrà bene!”.

“Sei rimasta in contatto con Mattia? L’Ingegnere…”

Certo, Mattia è tornato nella sua amata Brescia a Maggio. Una buona opportunità lavorativa lo ha fatto diventare Ingegnere a tutti gli effetti, è sereno.
Sicuramente andrò a respirare la sua realtà bresciana e sarò ben contenta di ospitarlo a Lecco, la mia cittadella sul Lago.

“Cosa ti ha segnato di più nel ritiro spirituale?”

Penso che la convivenza con la giungla sia stata per me la prova più snervate. Continuamente in tensione, cercavo di trovare pace anche se, puntualmente, saltavo in aria al minimo rumore o visione strana. Animali e umidità, caldo e temporali, buio e insetti.
La parte più difficile è stata questa. La giungla e il mistero del silenzio.

“Hai mai avuto paura?”

Sì. Quando abbiamo iniziato la traversata della spianata deserta in Australia, alla prima sosta siamo stati travolti da un temporale ventoso, persino le pentole perdevano il contatto con il suolo e Vando traballava e tremava come una foglia. Lì ho avuto paura, mi sono sentita piccola, indifesa ed impotente nei confronti dell’inaspettata forza della natura. Era appena iniziato un viaggio di migliaia di chilometri vuoti, lungo la costa sud dell’Australia. Si era appena aperta una scommessa e per un momento ho temuto di non essere pronta a vincere o comunque a combattere.
Dopo la tempesta è uscito il sole. I colori sono tornati accesi e le nuvole a fare da cornice.

Ecco queste sono alcune delle domande. Le più importanti. È stata un momento di condivisione emozionante che credo rimarrà tra i miei ricordi come “La sera del ritorno.”


Ora sto partendo di nuovo. Un aereo sta per decollare, il mio cuore sta per volare. Devo ancora abituarmi alla sensazione del vuoto, è vero. Forse è per questo motivo che non riesco ancora a fermarmi. Voglio sentire il petto schiacciato alla poltrona, voglio vedere le nuvole dall’alto. Sto seguendo il mio istinto che non vuole ancora frenare la corsa. Forse non sono fatta per rallentare o forse non è il momento.
Ora so che voglio scrivere e per farlo ho bisogno di stimoli giusti, voglio godermi il niente nei posti più belli, quelli che sono stati creati per me e per le mie storie.

E comunque,
il vuoto,
in cielo,
si sente meglio.

Erica, anzi Atmosferica.

Scusa ma devo andare…

“Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I’m safe, you’ve got me now.”

“Sono venuta da te con la speranza distrutta 
Mi hai dato più di una mano da stringere 
Mi hai sostenuta prima che toccassi il suolo 
Dimmi che sono al sicuro, tu mi hai ora.”

(Take me home – Jess Glynne)

Questa direi che rappresenterà per sempre la canzone dell’ultimo giorno di Australia. La ascolto da stamattina e la tengo segreta nelle mie orecchie anche ora che ti sto scrivendo. Sono emozionata e malinconica, sono forte e felice. Mi sento così, proprio come queste parole, proprio come questa arrabbiata ma dolce melodia.

Chiunque, forse anche tu, potrebbe dire che è una canzone triste di un amore disperato e non corrisposto. Lei canta chiedendo un’attenzione e pregando nel ritorno del suo amato, nell’aiuto in caso di difficoltà e di caduta. Chiede se lui potrebbe portarla a casa, è in crisi nera. Cerca una cura per la sua anima spezzata.

Io questo mi sono permessa di chiederlo all’Australia. Mi sono allontanata da tutto per protesta, ero arrivata ad un punto in cui avevo regalato troppo senza ricevere in cambio almeno la metà di quel che meritavo. Ora che è guarito, posso confessare un dolore che raggelava le mie giornate senza darmi troppi riscontri positivi. La mia partenza è stata data dalla voglia di far capire a me stessa che la mia anima avrebbe potuto sostenermi ovunque. Dovevo avere la certezza che da sola sarei potuta partire per qualsiasi viaggio dentro e fuori e che l’Australia non mi avrebbe fatto paura. Anche nel posto più lontano ce l’avrei fatta. Sono partita per una questione personale che dovevo risolvere, dovevo parlarmi e ascoltare ogni mia singola parola. A volte anche a voce alta.

Forte come la musica, ad altissimo volume.

Una sfida lunga sette mesi che si chiude oggi con un sorriso e gli occhi pieni di luce. Stringo i pugni dalla gioia e salto sulla valigia con due piedi per riuscire a chiuderci dentro tutto quello che di più bello e profondo sono riuscita trovare e raccogliere sul mio cammino. Non voglio perdere niente, devo conservare tutto.

Queste sono delle confidenze molto personali, lo so. Non so nemmeno se, leggendo, sia per te facile arrivare fino a lì. Fino al nodo. Fino al punto più profondo che sto toccando qui e ora. Sì perché l’Australia mi ha ancora, per poche ore. Mi sta urlando ora frasi di addio e un saluto memorabile. La sto ascoltando, la sto guardando. Come dice questa canzone, mi ha anche dato tante mani da stringere e le sarò grata per tutta la vita perché con queste mani, ho costruito la mia essenza, la mia rete, il mio nido, il mio rifugio. Ho donato quel che avanzava, tenendo per me il mio segreto potere. Quello per me indispensabile per stare bene. Poche sono le persone a cui l’ho regalato. Non me ne volere ma mi sento speciale.

Lei mi ha permesso anche di guardarmi dentro, mi ha portato in posti magnifici che solo quando sarò a casa guarderò con occhi consapevoli. Non credo di essere sempre stata presente, non penso di essere riuscita a rimanere al passo tra immagini ed emozioni. Tra luoghi e consapevolezza. Molto spesso non capivo la grandezza dello spettacolo che avevo a pochi metri dal mio naso, pensavo fosse normale. Ma non per questo è stato meno intenso, sia chiaro.

Sai, quando di fronte a te hai migliaia di chilometri deserti, è talmente difficile guardare lontano che riesci solo a guardarti dentro. È il posto più vicino da mettere a fuoco. Quando invece ti siedi davanti all’orizzonte, vedi questa linea infinita che taglia il cielo ed è talmente difficile capire la meraviglia di tutta quella infinità, che la cosa più facile da fare è arrivare all’orizzonte dei tuoi pensieri. Lì dove forse non eri ancora stata.

Sempre come dice la canzone, stavo toccando il fondo prima di partire. Non mi rendevo conto ma forse inconsciamente ne ero totalmente consapevole. Questo viaggio è stato la cura, mi ha dato la consapevolezza della mia potenza e dell’energia instancabile che mi riempie senza scappare mai. Mi appartiene e tra noi c’è un legame profondo. Mi piace, ora, guardare quel fondo dall’alto. È come se stessi galleggiando e il fondale sotto di me sia profondissimo, quasi lontanissimo. So perfettamente che un’ondata improvvisa potrebbe di nuovo farmi mancare l’aria tirandomi verso il basso, ma questa è la vita. Non è possibile eliminare la cattiva sorte, come la buona. Resta una vita intera da vivere ora, resta la voglia di rimanere a galla indipendentemente dalla forza del mare. Nel mio oceano ora c’è il sole, vedo pesci colorati e so nuotare senza fare fatica.

Quest’acqua limpida ora la porto con me, in Thailandia.

Erica, anzi Atmosferica.

Il posto migliore in cui stare…

Quando cerco il centro e il punto di equilibrio dove niente mi fa pendere dal lato più pesante, mi siedo a terra. Eccomi qui a scriverti dal pavimento di casa, da Sydney.

Potresti sederti sulla luna, identificare l’Australia, individuare la costa est e fare uno zoom su Sydney, Kent Street, 361/146, piano 22. Sono qui. In questo modo arriveresti qui, nel piccolo punto di questa grande terra, il punto in cui sono seduta cercando il mio posto.

Qual è il mio posto?

Proprio non lo so. Mi viene da dirti che il mio posto sono io. Il mio posto è il mio cuore, sono la mia anima e i miei occhi. Per il resto nulla è mio e nulla lo è stato.

Ho qualche giorno per raccogliere gli ultimi incontri, le ultime parole e gli ultimi sguardi. La parte più dura ma la più preziosa perchè sono certa che tutto quel che arriverà in queste ultime ore, sarà mio. Per sempre.

Sono scombussolata ma con i piedi ben saldi a terra. Non preoccuparti. Mi sono scritta una lista delle ultime cose da fare in modo da non arrivare all’ultimo giorno confuso a non saper che pesci pigliare. Sto per partire di nuovo. Te lo giuro.
Non riesco a definirti in poche parole il mio stato d’animo ma è anche bello sentirmi così. Mi piace.

Come sempre mi lascio travolgere dalle emozioni e ascolto canzoni in base ai giri strani che la mia mente decide di percorrere. Le seguo, musica e anima, viaggio con loro. Mi lascio trasportare in profonda tristezza ed immensa felicità. Sono dispiaciuta per quel che lascio ma curiosa di vedere quel che mi aspetta, chi mi aspetterà.

Chi lo sa.

Per unire il Mondo in un’immagine, pochi minuti fa guardavo questa foto che vedi in copertina. Qui dentro vedo tutto più piccolo, trovo equilibrio, riesco ad unire le varie strade, le emozioni frastornanti che pretendono troppo spazio. State calme! L’ho scattata ieri a Bondi Beach in un pomeriggio freddo e leggermente ventoso. In questo mare vedo l’acqua che unisce le terre, nella sabbia vedo la stabilità e la concretezza alle quali ogni oceano trova base e nel cielo, beh, nel cielo vedo tutto quel mistero che avvolge il Mondo, ovunque.

Ogni posto è pieno di cielo. Ogni posto è pieno di mistero.

Questa foto mi fa riflettere soprattutto ora in cui mi lascio cullare da un momentaneo e giustificato senso di perdizione. Presto lascerò l’Australia ma ovunque nel mondo potrò decidere di portarmi davanti ad un’infinita distesa d’acqua che bagna la terra.

Ovunque sarò, potrò stare bene.

Ovunque andrò, avrò ben chiaro che sarò io il posto migliore in cui stare, ancor meglio se di fronte al mare.

Erica, anzi Atmosferica.

La casa dov’è?

Ti scrivo dal prato e dalla piscina, dalla città di Brisbane e da un cielo a pecorelle. No, niente acqua a catinelle!
La pioggia non la vedo da molto.

Un ultimo giro per le vie del capoluogo del Queensland ci ha fatto scoprire una piscina pubblica a South Bank. Qui puoi venire a farti un tuffo quando vuoi e decidere se farti coccolare dalla sabbia artificiale, dal prato o dal cemento.
Una figata pazzesca questa pozza di acqua azzurra. Un’idea geniale più che altro.

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Il sole è ancora caldo e l’ultimo giro sul traghetto è stato suggestivo. Vedere la città dal fiume è emozionante con la luce e con il buio. Vedi due volti, due atmosfere entrambe magiche.

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Quanto mi piace scriverti da Brisbane! Mi sento super ispirata e voglio fermare ogni sensazione che la città mi sta regalando. È calma ma possente ed è un mix di grattacieli e chiese improvvise come sorprese. Forse Brisbane è l’unione di tutte le città australiane.

Sì.

La cattedrale in mezzo ai grattacieli fa la sua scena. Particolare. È moderna come loro, pulita, nuova. Non stona tra tutta questa altezza, è suggestivo notare l’accostamento. È un po’ come quando ti vesti a casaccio ma guardandoti allo specchio scopri di essere pieno di stile. Un abbinamento azzardato ma che rappresenta al meglio la tua personalità.

Brisbane è un po’ così. Abbina piscine a fiumi, chiese a palazzi, colori a tinte unite e negozi eleganti ad altri alternativi. Puoi in ogni caso ritrovare la tua dimensione. Dove vuoi. Puoi viverla a tua immagine e somiglianza.

Tra qualche ora un treno ci riporterà al Domestic Airport da dove voleremo di nuovo a Sydney.
Parlo di lei come se fosse casa, e in fin dei conti non è un errore.
Ho la mia casa, la conosco, ho il mio cuscino profumato dell’Ikea e il mio piumone rosso.
Torno al freddo e a Kent Street, al piano 22 e alla meravigliosa vista su Darling Harbour.

Ritorno nella città che mi ha fatta crescere rapidamente e che rappresenta la MIA città australiana. Quella più importante.
Quella a cui ho avuto tempo e modo di affezionarmi.
Cara Sydney.

Continuo a sentirmi scombussolata ma non perdo la bussola. So da dove vengo, dove sono e dove sono diretta. Mi aspettano montagne russe emozionali che mi terranno a testa in giù e mi faranno mancare il fiato. Non ho paura.

Nel frattempo ringrazio Brisbane per questa piacevole seppur breve conoscenza. Mi ha mostrato un altro lato dell’Australia, è stata una piacevole scoperta in tutta la sua particolarità.

Proseguo ora il mio cammino, prendo ora un altro volo. Torno ancora lì, dove un tempo mi sentivo persa ma ora mi sento a casa.

Erica, anzi Atmosferica.

Brisbane ieri e oggi.

Sto scoprendo una Brisbane imbarazzante.
Intendo dire che con la sua bellezza è in grado di farmi arrossire, mi lascia di stucco e senza parole. Neanche il più affascinante uomo ci riesce ultimamente, invece lei mi ha spiazzata continuamente, più volte.

La giornata di ieri è stata pazzesca.
Greta è riuscita ad organizzare una gita memorabile al Noosa National Park. Due ore di macchina verso nord, un gruppo tosto di simpatici ragazzi e tanta voglia di assaporare l’inizio del fine settimana e arancioni sfumature nel cielo.
Un sogno ad occhi aperti quel posto, una passeggiata sulla striscia di cemento che attraversava il bosco ci ha portati alla spiaggia. Si respirava una potente energia naturale condita da profumo di pollo allo spiedo comprato per il pic-nic in riva al mare. Qualche croccante chicco d’uva, una banana non troppo matura ed avocado spalmato sul pane fresco.
Il mare era abbastanza calmo, la compagnia era italiana e il sole caldo.
Qui è ancora caldo.
Ho fatto il bagno.
Di nuovo.

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Vedevo la voglia di scattare fotografie combattendo con la memoria piena del telefono, voglia di ridere e ascoltare storie. Sentivo risate fragorose e mi è piaciuto raccontare, cantare e riposare. Tutti eravamo lì ma tutti avevamo la nostra avventura, ognuno la sua. La vita ci aveva uniti per un momento ed era giusto condividerlo a pieno. Amicizie in comune, avventure australiane e Brisbane, Sydney, Perth, Melbourne e il deserto, l’arrivo e il ritorno, ostelli ed esperienze in famiglia, la voglia di Italia o quella persistente di Australia.

Belle storie, ognuna ovviamente singolare.


Perché il viaggio è sinonimo anche di incontri e non solo di nuovi paesaggi. Come mi ha detto Matteo, un ragazzo conosciuto a Bondi Beach in un pomeriggio spensierato, viaggiare non è bello solo perché vedi posti nuovi ma soprattutto perché lungo la via si incontrano volti mai visti. A volte speciali. A volte banali.
Persone che potrebbero cambiarti la vita o comunque il corso delle cose.
Succede, quindi, che in quel caso il viaggio diventa una storia e non importa lo sfondo del racconto.
Non importa in che posto sei del mondo ma solo l’anima che ha incrociato il tuo cammino per quel breve ma lungo secondo.


Verso l’ora del tramonto, una tappa alle piscine naturali era d’obbligo. Toccavo il cielo con un dito, ero stanca e asciutta di sole, ma ero felice.

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Dovevi vedere che spettacolo.
Non riuscivo a distogliere gli occhi dal cielo come ad aspettare un esplicito messaggio, non potevo perdermelo e nessuno doveva impedirmelo.
Una strana quiete, un’aria libera, ossigeno fresco e scogliera rossa.

Pace vera.


Oggi invece la magia della città.
In poche ore abbiamo camminato per chilometri e anche osservato Brisbane dal fiume all’ora del tramonto. Ho sentito subito un’atmosfera diversa da quella di Sydney, qui la città è più accomodante, ti coccola senza ancora conoscerti e senza farti sentire persa.
Un fiume ti accompagna attraverso formando leggere curve, i grattacieli sono tanti e pieni ma ben distribuiti lungo le rive del corso d’acqua.
Sydney è più compatta, sì.
Brisbane è rilassata.
Le luci sono ovunque colorate e sono rimasta piacevolmente stupita da piccole sorprese nascoste qua e là. La ruota illuminata, un piccolo tempio Nepalese ai suoi piedi e la scritta BRISBANE che avevo visto solo in fotografia. La cattedrale è suggestiva e i nomi delle vie inaspettati. Roma Street.
Che strano.

Ho sentito un po’ di arte. Ho guardato una città pensata e non solo riempita e poi innalzata. Da South Bank stasera era straordinaria, davvero. È bella e forse l’avrei scelta se l’avessi vista prima. L’avrei scelta per me e per la mia scrittura, per la mia ricerca e scoperta. Forse mi avrebbe dato altri messaggi ma sto comunque cercando di ascoltarli tutti, anche in poche ore, anche in pochi giorni.

Erica, anzi Atmosferica.

Il riscontro nell’incontro.

Finalmente riesco a ritagliare due ore piene di pensieri e parole, per scriverti e vuotare il sacco. Ultimamente arrivo sempre all’orlo. Dopo qualche giorno di silenzio, sento forte il bisogno di sfogarmi e gettare in parole tutto quello che frulla instancabile nella mia testa.
È una sensazione strana che solo chi ama scrivere può capire. Mi accorgo di avere questo bisogno quando, chiudendo gli occhi per un breve riposo dopo il lavoro, la mia anima inizia a parlare come se dovesse scrivere. Come se dovesse raccontare.

È proprio in quel momento che non la voglio zittire e inizio a scrivere come una diligente studentessa che non vuole perdersi una singola parola del professore. Scrivo tutto.

Sono giorni intensi come i miei pensieri e solo scrivendo quel che dice quella voce, posso fare ordine e tornare a vedere tutto con più chiarezza e calma. Si tratta di smistare ciò che è importante da ciò che occupa la mente solo perché non ha altro posto in cui stare. Una sorta di raccolta differenziata dei pensieri, una cura per l’anima, la soluzione ideale ad ogni stato di leggera confusione.

L’ultima settimana di lavoro sta fluendo veloce e malinconica. Sono molto dispiaciuta al pensiero di non rivedere più questa piccola famiglia che mi ha accolta e capita. D’altro canto però, sono adrenalinica e piena di motivazione all’idea di altre avventure e scoperte che mi aspettano.

Non voglio anticiparti molto perché sarà bello farti delle sorprese e portati in luoghi che non immagineresti. Ho voglia di farti viaggiare insieme a me, tu hai gli occhi bendati e solo al momento opportuno vedrai quanta bellezza sarà attorno a te. Solo lì potrai vedere.
Quando lo decido io.

Ci stai?

Sono emozionata. Ho una tremenda voglia di vivere ogni secondo delle mie giornate intensamente anche se, spesso, sento il mio fisico chiedere aiuto. Sono sempre troppo energica e anche nel contatto con le persone mi piace dare il massimo, amo entrare nella testa di chi ho davanti e regalare ciò che sento chiedere dalla connessione.

Mi è capitato soprattutto oggi di ricevere riscontri positivi, un cliente e un collega mi hanno colpita regalandomi due simpatiche ma molto vere affermazioni.

 Un signorotto serio e barbuto, avvocato e cliente abituale, mi ha fatto un sorriso per la prima volta. Ho come avuto la conferma che mi avesse capita, dopo tempo. È da più di due mesi che ordina sempre al tavolo 9, è uno di quei clienti che potrebbe dire…

“Il solito grazie!”

…ma non lo dice, giusto per rimanere tenebroso e poco prevedibile.

…ma tu comunque già lo sai…

Un flat white e pane tostato senza glutine con burro e vegemite.

Ogni volta mi ha ringraziato ma senza guardare mai i miei occhi. Bene, nonostante ciò, io l’ho sempre servito con il sorriso come a sfidarlo, come a dire…
…”Prima o poi mi sorriderai anche tu!”
Dopo ripetuti e gelidi “Thank you.”, oggi la svolta.
Mi ha guardata e mi ha detto:
“Thank you funny girl!”

🙂

Mi ha ringraziato dicendomi che sono una ragazza divertente. Sorrideva. Mi ha guardata dritta dritta negli occhi. Ho visto il suo sorriso farsi spazio tra i folti baffi ed è stato come vedere una lampadina in una stanza buia. Una candela accesa. Ho subìto attivamente il suo sguardo e mi ha comunicato altro oltre a quelle quattro parole.
Beh, una grande soddisfazione.
È proprio vero che a volte basta poco per essere felici. Mi ha fatto capire di aver accettato con piacere il mio regalo, i miei regali giornalieri.

Mi ha colpito anche la frase di Beppe, un ragazzo russo che lavora con noi da pochi giorni. Gli è bastato un niente per captare la mia essenza e decifrare il mio carattere.
Oggi mi ha fatto riflettere.

“You have a great personality. You are going to be a good woman, a good wife and a good mother.”

My God Beppe! Thank you!

Mi sono sentita apprezzata per quello che sono e per quello che vorrei essere. Per ciò che SOGNO di essere.
In pochi giorni ha visto in me la determinazione di una donna, la giusta personalità per essere una brava moglie e l’amorevolezza che potrei regalare da madre.
Non potevo ricevere complimento più bello e penso che lui l’abbia capito dal mio silenzio sfociato in un sorriso.

Sono tremendamente felice di questi piccoli riscontri che sto avendo. Sento di vivere intensamente questi ultimi giorni, non mi perdo nemmeno un secondo, uno sguardo, un sorriso, una parola che potrebbe cambiarmi la giornata.

Spero di essere riuscita a spiegarti la sensazione di pienezza che sta colmando la mia quotidianità in ogni piccola azione e attenzione. Tutta questa intensità si traduce in mancanza di tempo per te e a volte anche per me.
Ho le occhiaie.

Il freddo a Sydney è arrivato, la mattina un vento gelido e tagliente ti punta dritto dritto negli occhi. Nonostante ciò sento il cuore caldo e pronto, aperto e libero.
Te lo sto spiegando a parole mie, ma dovrei dirlo a parole sue.

Ssshhh. Silenzio.

Perché a noi il freddo non fa paura.

Erica, anzi Atmosferica.

Anche questa volta.

Di ritorno da Palm Beach, abbiamo il naso fresco e i piedi ancora umidi. Il sole batte basso sui vetri del pullman e sono solo le sedici. È stata un’idea carina quella di venire oggi nella penisola a forma di Palma che si allunga nel mare a nord di Sydney.

Un mercatino domenicale ci ha dato il benvenuto, era l’ora di pranzo e alcune particolarità cuocevano a fuoco lento. Altre bancarelle esponevano bigiotteria artigianale e quelle più banali vestiti a fantasia colorata. Una bella atmosfera e subito la decisione di chiudere il buchino con una fetta di torta turca. Non ricordo il nome perché era troppo strano ma ho bene in mente la somiglianza con la Torta Salata della mamma.
Conteneva spinaci e pollo, era soffice e una spruzzatina di limone è stata il tocco magico.

Il prato, come al solito curato alla perfezione, stava a ridosso della spiaggia e la voglia di osservare il mare da lì ci ha distesi rilassati. Musica nelle casse, un libro per Ilaria, il sole tiepido e l’arietta fresca.

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Più tardi, dopo un pisolo di qualche minuto, ci siamo incamminati sulla spiaggia. Abbiamo deciso di procedere verso la parte destra, là dove gli scogli entravano nell’oceano e le onde spruzzavano potenza. Una passeggiata sulla riva umida, Luca giocava con l’acqua bagnandosi i piedi, io osservavo e fotografavo. Ilaria camminava per prima, lasciando le sue impronte nella sabbia color biscotto.

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Laggiù dove il rumore del mare creava schiuma, saltellare sulle rocce è stato divertente. Un giusto impegno concentrato per poi apprezzare il mare aperto, per arrivare in quel punto più vicino all’orizzonte.
Chissà poi perché…

Perche questa voglia di toccare una linea inesistente?

Il punto più sporgente è sempre quello che mi da soddisfazione, mi regala racconti e voli di gabbiani. C’era anche un uomo che volava. Era un deltaplano penso.
Ilaria lo guardava affascinata come se fosse qualcosa di mai visto, Luca, meno assopito, chiedeva come avrebbe fatto a fermarsi, a planare.

Sul mare?

In quel magico punto, il mare aveva il suo ritmo. A volte urlava e altre cantava. Parlava.
Seguivo la schiuma che forse copriva la roccia, forse no. Rimaneva a galla.
Ero ipnotizzata ma non ero salva, quasi quasi mi bagnava. Ogni tanto scherzava.

Ora siamo di ritorno, con la faccia un po’ stravolta.
Eravamo di passaggio anche questa volta.

Erica, anzi Atmosferica.

Il mare che unisce.

È stato bello, ieri, uscire dal lavoro e vedere Luca e Ilaria. Erano lì fuori, sulla panchina del parchetto, aspettavano che finissi per andare insieme a Bondi Beach. La gita del giorno.

“Andiamo in spiaggia?”

La domanda di Luca mi ha fatto pensare a come per me sia normale poter avere il mare vicino e nei suoi occhi ho visto la voglia di vedere il mare. Non lo vedeva da tanto. A volte me ne dimentico.

Il bus 333, da Elisabeth Street, ci ha portati direttamente in riva e la folata di aria oceanica che ci ha travolti appena arrivati, li ha lasciati un po’ senza parole. Ho visto. Ho fatto attenzione.

Spesso non vivo la mia esperienza tramite i miei occhi ma attraverso quelli degli altri. È bello e mi piace notare espressioni, l’approccio e la reazione.

La spiaggia di Bondi si stendeva dorata davanti a noi e non faceva caldo. Ho seguito i loro spontanei movimenti e ci siamo portati alla riva dove le onde sbattevano e i surfisti si lanciavano combattenti pieni di sfida e passione. I gabbiani erano tanti e l’acqua molto fredda. Il cielo di un azzurro intenso e la sabbia umidiccia. Non ci importava.

Lasciandoci sempre trasportare dal momento ci siamo trovati seduti, gambe incrociate e zero teli mare adatti all’occasione. Diretto contatto con la terra, con l’emozione. Abbiamo iniziato a parlare e io ascoltavo le loro sensazioni che magari uscivano ad alta voce. Luca commentava la potenza del mare e solo in un secondo momento si è reso conto fosse OCEANO. Quello vero, quello forte.

Ilaria parlava alla natura stando in silenzio. Scattava foto e si lasciava trasportare dagli impulsi. Si ascoltava.
Si avvicinava al mare quando questo la chiamava, lo guardava quando lo sentiva ed era tutto così, naturale appunto.

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Abbiamo lanciato pezzi di pane ai gabbiani che golosi come al solito facevano la guerra. Era bello puntare verso l’alto e vedere che acchiappavano il cibo al volo senza nemmeno lasciarlo prima cadere a terra, a sabbia. Gabbiani ingordi.
Anche Luca li ha conosciuti, finalmente. Ilaria già li conosceva.

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Non ti dico la mia sensazione nel condividere tutto questo con loro. Io, che fino a qualche giorno fa mi ci portavo da sola in quei posti, stavo offrendo qualche emozione anche a loro. Loro la stavano offrendo a me.

Uno scambio bello che mi mancava. Mi sentivo libera di ridere e oziare anche con loro, di ascoltare e cantare, di rotolarmi nella sabbia appiccicosa senza pensare che mi sarei sporcata i pantaloni. Libertà.

Verso le sedici e trenta la luna bianca alla nostra sinistra iniziava ad alzarsi nel cielo ancora azzurro. Ombra sul mare ma sole là, dalla parte di quelle case arroccate sulla scogliera. Quell’angolo che mi ricorda la Costiera Amalfitana.

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🙂

C’era con noi anche Elena. Una giornata tutta all’Italiana ma comunque nuova. Sto facendo incontrare persone che non si conoscono ma che potrebbero trovare qualcosa che le accomuna. Mi piace unire pezzi come meglio credo e vedere che disegno ne viene fuori. Ieri era bello, divertente e artistico. Era nuovo ed ero troppo felice di essere lì con loro.

È stato forse il primo giorno da quando sono qui, che non ho nemmeno guardato il telefono. Ad una certa ora l’Italia inizia a squillare, le amiche vogliono aggiornamenti e la mamma chiede se va tutto bene. Non volevo perdermi nemmeno un secondo di quel momento, me lo sono goduta in ogni regalo e sorpresa. Semplice.

Oggi è sabato. Stasera si uniranno altri pezzi a questo puzzle improvvisato. La mia collega francese organizza una cena per il suo compleanno e sono curiosa di vedere che ne verrà fuori, anche lì.
Sperimentare, conoscere, raccontare e scoprire.

Non penso ci sia nulla di più bello e stimolante. L’avventura che lega le persone, nel mondo.
Il mare che fa da tramite.

Erica, anzi Atmosferica.