Le Sue Sorelle.

Blue Mountains, una valle di foreste coccolata da montagne che chissà per quale motivo rimandano al colore del mare. Blu. Oggi era una giornata nebbiosa, ma strana. Da apprezzare. Una luce bianca oltrepassava le nubi basse creando giochi di magia e nascondendo le grandi masse rocciose che non sembravano nemmeno tanto blu. Non sembravano proprio.

La gita del sabato con Pauline, la mia coinquilina francese. Nonostante la natura volesse giocare a nascondino, strani versi di animali che parevano grilli rimbombavano nella valle facendosi sempre più forti mano a mano che scendevamo la scalinata dei novecento gradini.

Prima di questo, però, le “Three Sisters” hanno preso la scena dal punto di osservazione più alto. Eccole le tre rocce che stavano giusto giusto poco più avanti della nebbia, come a dire “Ehi, non ci copri!”. Inutile dirti che anche in questo caso la mia mente ha richiamato le Tre Sorelle. Le mie. Le amo.

Illuminate e maestose, di diversa grandezza ma stesso spessore. Chiare e importanti, osservate con stupore e apprezzate, preservate. Le guardavo e pensavo a loro, in quel momento nel mondo dei sogni. Nei miei.
I primi 400 metri tra rocce e bosco autunnale, ci hanno portate al ponte che porta nella pancia di una di esse, quella meno sporgente.
Da lì vedevo ancor più intensi i raggi del sole, netti e taglienti. Come le rocce.

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E poi…tutta discesa, centinaia di gradini artificiali e di roccia, perfettamente rettangolari e di forme assurde, scomodi, stretti e pericolosi. Scivolosi. Le gambe tese e in alcuni punti tremolanti, gente che scendeva e gente che saliva guardandoci con la faccia di chi vuole sapere “Quanto manca all’arrivo?”.
Mi godevo la pace, chiacchieravo in inglese con Pauline. Parlavamo del più e del meno fino al raggiungimento del fondo, della radice. Una panchina ci ha ospitato per il pranzo, un pic-nic delizioso, silenzioso ma pieno di rumori naturali.

Ad un certo punto mi sono anche rivista in una delle passeggiate in montagna di quando ero più piccola, nelle “Three Sisters” ho rivisto i Tre Corni Di Canzo e se sei delle mie parti, puoi capire bene fin dove ho viaggiato. Lontano, molto lontano.

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Il clima era quello del vero autunno, umida freschezza all’ombra e piacevole coccola al sole. Foglie gialle e rosse, cadute e secche. D’altronde è maggio.

Dal fondo della valle, un rosso treno terribilmente in pendenza ci ha riportato alla cima in tre minuti. Un soffio. Un attimo.
Pazzesco vedere come una camminata di ore può perdere il suo tempo e la sua fatica in un battito di ciglia.
Polmoni pieni di ossigeno, stanchezza da fame e voglia di un thè caldo, soddisfazione e connessione con la natura. Energia e vibrazioni, suoni e animali solo nascosti. Dalla nebbia.

È vero, mi sono lamentata della nebbia ma tutto sommato non lo meritava, era comunque casa sua quella.
Era la Sua Valle, le Sue Blu Montagne, il Suo Umido Bosco e le Sue Tre Sorelle.

Io ero solo l’ospite, la Quarta Sorella.

Erica, anzi Atmosferica.