La Mancanza.

Oggi mi viene da parlarti della Mancanza.
Non voglio farlo con aria triste o stile malinconico, anche perché sono emozioni che ora come ora non mi appartengono. Voglio parlartene con libertà, spiegarti cosa sento e cosa è diventata per me la Mancanza. Te ne voglio parlare ora dopo un periodo di riflessione, ho capito molto a riguardo e sono arrivata a conoscerla talmente bene che mi sembra quasi di poterla toccare con mano.
Ne percepisco la consistenza, l’odore e il sapore.
La Mancanza.

Quante volte, nella vita di tutti i giorni, si dice “Mi manchi”, quante volte si sente, o si pensa di sentire, la Mancanza di qualcuno dopo qualche giorno di separazione…qualche ora…

Quante volte…

In quel caso penso non si tratti di Mancanza vera.
Penso che sia l’insofferenza dell’attesa e l’impazienza che ci tiene sospesi fino all’incontro successivo. Quella persona, che sia la dolce metà o un genitore, che sia l’amica o una sorella, è per noi essenziale e fondamentale per completare quello che è il puzzle della nostra quotidianità. L’esprimere Mancanza, in quel caso, è un modo per dimostrare affetto, per far sapere che senza di lui/lei, il nostro puzzle sarebbe incompleto e quel pezzo mancante sarebbe insostituibile.

Voglio parlarti di una Mancanza diversa. Voglio dirti che quando hai a che fare con un puzzle nuovo, perennemente incompleto e terribilmente difficile, ogni giorno cerchi negli occhi delle persone i pezzi Mancanti, cerchi luoghi per prendere spunti di colore, sapori e profumi per completare, ma a fine giornata, il tuo puzzle è comunque ancora tutto da inventare.

Questo posto mi porta a sentire la Mancanza come fosse un sentimento mai provato, del tutto nuovo. Dopo questi mesi trasformanti,  tutto è cambiato.
Quando avevo a portata di mano tutte le persone per me importanti, non ci facevo caso e sottovalutavo molto di quel che ora sento vuoto, sordo e muto. Il mio puzzle era bello ed ero orgogliosa del disegno che ogni giorno ne veniva fuori. Una bella sorpresa. Un bel gioco.

La Mancanza, quella vera, si sperimenta solo con La Lontananza, quella vera.

Migliaia di chilometri ti tengono distanti dal profumo della mamma, ore di fuso creano squilibrio e senti delle voragini nello stomaco che non si possono saziare nemmeno con cucchiaiate di Nutella. Arrivi a renderti conto che di lei ti manca il suo sorriso, di lei ti manca la sua voce. Di lei ti manca il modo in cui muove le mani e di lei il modo che ha di guardare nel vuoto. Speciale. Strano. Singolare. Di lei ti manca la sua mano e con lei, se potessi, faresti una passeggiata sul lungomare, ora.
La Mancanza ti fa guardare intensamente delle fotografie silenziose fino al punto di volerne percepire profumi e suoni, ti fa stare a guardare un tramonto e ti fa pensare che forse sarebbe bello condividerlo, ti fa ascoltare una canzone e ti fa chiudere gli occhi facendoti immaginare la voce della tua sorellina, che l’aveva intonata chissà quante volte.
Quella canzone.
L’aveva cantata a te.

Vivo bene la Mancanza perché so che avrà fine. Non la vivo con sofferenza perché gliene sarò grata per tutta la vita. La sto ringraziando. Seriamente. Quando respirerò quel profumo e tra le mani avrò quelle mani, sarò la persona più felice del mondo. Ringrazierò la vita, il mio coraggio e questo viaggio per avermi insegnato il valore della semplicità e nessuno mai, potrà farmi scordare tutto questo turbinio di emozioni che mi ha travolta fino a non farmi respirare.
Come ora.
Mentre ti scrivo queste parole.

Ho detto che non voglio più dire “Mi manchi”.
Non sopporto più la monotonia di questa frase che non mi permette di esprimere il crescere della Mancanza, l’immensità dell’impotenza che sento nel dire due parole che rimangono lì, scritte su un telefono.
Rimangono ferme, astratte, senza sapore, senza odore.
Che schifo.

Che saranno mai in confronto a quel che provo davvero?
Come posso mandare un messaggio concreto che faccia arrivare tutto il mio amore vero?

Ho capito una cosa semplice.

Basta il pensiero.
Quello arriva sempre quando è sincero.

Tu lo sai che parlo di te.
Io sono riconoscente alla vita perché ci ha fatto incontrare.

Quando mi lamentavo per le sofferenze e i dispiaceri, quando parlavamo insieme di delusioni e sconfitte, non pensavamo a quanto eravamo fortunate a trovarci vicine, davanti ad un caffè, sotto ad una coperta o in riva a un lago.
Era normalità?
No, non credo proprio.
I nostri occhi si esploravano, le nostre voci si univano e se volevamo, potevamo toccarci. Potevamo annusarci. Potevamo abbracciarci.

Quanto eravamo fortunate?

Tu sai quanta potenza abbiamo nel cuore e quanto brilleremo insieme.

Sarà tutto nuovo.

Sarà semplicemente amore.

Erica, anzi Atmosferica.