Profumo di pesce e povertà.

Ok, sto per partire di nuovo. Stamattina la testa frulla alla massima velocità, pensieri di ogni genere e natura mi stanno travolgendo ma come sempre, cerco di selezionare e capire.

È impressionante come le questioni personali rimangano ferme, anche quando il corpo è in movimento. Colori e profumi, persone e piccole scene quotidiane, mi rimandano a ricordi lontani e vicini. Momenti belli che vorrei conservare si affiancano inesorabilmente a quelli brutti che vorrei dimenticare. Come se i primi, non possano esistere senza i secondi.

Sto apprezzando questa solitudine come se fosse la più importante possibilità per rinascere davvero. Faccio grandi discorsi a me stessa e qualche volta li appunto sul mio quaderno.

Ieri ho percorso circa un chilometro a piedi sulla strada. Sono entrata con lo sguardo nelle baracche di lamiera sporche e a volte puzzolenti. Puntualmente una persona all’interno mi invitava ad entrare, una parrucchiera, un fruttivendolo o un piccolo omino che vendeva pollo allo spiedo. Sorridevano.

Sono andata al mercato e mi sono trovata davanti ad una distesa di colori e profumi, un contatto diretto con il sano e il genuino. Verdura e pesce erano esposti su grandi piatti colorati e le donne dietro alle bancarelle avevano puntualmente uno sguardo triste. Mi sembrava di vedere la loro anima.

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Mentre camminavo sul cemento umido, tra quelle facce vedevo la Thailandia, quella che avevo sempre sognato. Finalmente mi trovavo lì, al mercato del vero.

Una bambina che masticava un povero inglese, mi ha servito la mia porzione di verdure e pollo. Avevo fame e quel vassoio era molto invitante. Profumato.


Per cena invece mi sono vestita carina, avevo voglia di coccolarmi. Appena fuori dall’albergo un ragazzo mi invitava ad entrare nel ristorante thai per cui lavorava. Mi sono avvicinata e dopo aver risposto al suo saluto, mi sono fatta accompagnare ad un tavolo di legno abbellito da una candela rossa. Lui aveva capito di cosa avevo bisogno. Un tipico piatto thailandese era proprio quel che mi andava e quell’atmosfera calda e luminosa mi piaceva.

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Era bello cenare da sola, non provavo invidia per la coppia di fidanzati seduti vicino a me. Avevano entrambi una faccia annoiata e guardavano il cellulare scorrendo le notifiche di Facebook.
Che tristezza.
Io ero piena di me ed ero troppo contenta, scrivevo senza vergogna sul mio quadernino e dialogavo con le mie parole, argomentavo, discutevo.

Tutto è curato nel minimo particolare, ma in modo naturale. Dopo aver pagato il conto, 145 BATH, il ragazzo mi ha portato una salvietta umida e profumata per pulirmi le mani. Di fianco un fiore bianco. Era vero ed era appena stato colto. Per me.

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Dopo aver infilato il fiore tra i miei capelli mi sono alzata e alle mie spalle ho sentito la sua voce: “Sweet dreams!”.

Mi sono girata per ringraziarlo e ho di nuovo risposto al saluto. Mani giunte e capo chino.

I miei sogni sono stati dolci ma sul finale un filo agitati. Un traghetto tra qualche ora mi porterà a Koh Phangan. Un’altra isola che dista una mezz’ora da qui.

🙂

Keep in touch.

Erica, anzi Atmosferica.

Prime impressioni Thailandesi.

È forse la prima volta che identifico un titolo al mio articolo, ancor prima di scrivere. È forte il bisogno di fissare le mie prime sensazioni di questo cambiamento.

Questo è un altro mondo.

Quattordici ore di viaggio mi hanno portata qui, dove la lancetta dell’orologio recupera tre ore rispetto a Sydney ma è tutto talmente povero che mi sembra di vedere annullati anni e anni di evoluzione. Sembra assurdo.

L’atterraggio all’aeroporto di Koh Samui è stato di forte impatto. Guardando fuori dall’oblò, non vedevo luci ma solo il nero del mare. Ero seduta sul lato destro, da sola. L’aereo ha perso quota velocemente e ho avuto la sensazione di cadere a picco su quella distesa di acqua nera. Era sera. Le luci della pista mi hanno di nuovo fatta sentire a terra, dopo un lungo viaggio passato anche da Bangkok. Per poche ore.

La prima impressione sconvolgente me l’ha data proprio l’aeroporto. Sembrava una capanna illuminata, tutto interamente all’aperto e piccolo. Molto piccolo. Legno, piante e luci.
La percezione del drastico distacco dalla realtà Australiana a quella Thailandese è arrivata forte e chiara, inaspettata. So bene che qui mi ci sono portata io, so anche che sono venuta qui per respirare l’atmosfera di questo paese che nella sua povertà regala una strana voglia di magia. Tutto questo mi è chiaro, ma il tocco con il suolo e lo sguardo delle persone del posto, sono comunque stati una sorpresa inaspettata.

Dietro ad una scrivania povera e traballante, una ragazza dai dolci lineamenti vendeva “Sim Telefoniche Thailandesi Per Turisti”. Non penso che per i viaggiatori siano riservati numeri speciali ma era sicuramente la prima cosa che volevo fare una volta entrata in terra Thai. Un numero di telefono su cui avere connessione ovunque. Al prezzo di 400 BATH mi ha offerto un servizio completo, con le sue mani veloci ed esperte ha attivato tutto in tre minuti, evitandomi lo stress di dovermi interfacciare con messaggi incomprensibili. Più che lettere, le loro sembrano le greche che facevo alla scuola media tra un compito ed un altro.
Le ho anche chiesto se vendeva cover per il telefono, la mia era rotta e su questo sono particolarmente fissata. Devo avere una cover che mi soddisfi e soprattutto intatta. Con disinvolta gentilezza mi ha riconsegnato il telefono insieme ad una cover che lei non usava più.
La fantasia rappresenta un acchiappa sogni.
Mi ha fatta felice, mi è sembrato un regalo speciale.
Un pezzo di plastica che per me ha un grande valore.
Il valore dei suoi sogni.

Un taxi-bus mi ha portata nel piccolo resort in cui alloggio per sole due notti. Una è già andata. Una ragazza mi ha accolta come se fossi un importante ospite e mentre davo i miei dati per il check-in, mi ha anche offerto un fresco succo d’arancia. Non ho scelto un posto di lusso, non voglio essere servita e riverita come potresti pensare. Voglio viaggiare senza aspettarmi nulla, voglio entrare interamente nel loro modo di vivere e sto già apprezzando la loro estrema gentilezza e la voglia di farti sentire a casa. Anche se non hanno niente.

In Australia un succo all’arancia sarebbe un extra.
Anche in Italia.

Dalla stanza sento il rumore delle onde e dormo su un letto immensamente grande. Non sono abituata ad avere tutto questo spazio. I cigni costruiti con gli asciugamani sono sempre stati una mia passione.
Danno un tocco di arte ad un letto bianco e rosso.
Danno il benvenuto. Basta poco.
Sulla via principale vedo baracche di lamiera con insegne scolorite, motorini e macchine sfrecciano ad una velocità non consentita e ognuno fa un po’ quel che vuole. Nessuno indossa il casco e le precedenze sono un optional. Per il momento preferisco spostarmi a piedi e quando dovrò percorrere distanze più lunghe monterò su un taxi.
Il mio papà direbbe:
“Meglio spendere qualcosa in più, piuttosto che affittare un motorino e rischiare la vita.”
Ben detto papino.
Infatti farò così.

Respiro una Thailandia cruda ma non cattiva, mi sono catapultata in un altro mondo e mi sento curiosa di conoscerne ogni angolo, ogni carattere. Uso una piccola borsetta per contenere soldi, passaporto, telefono e una conchiglia colorata. Se riesco la tengo sotto ai vestiti, in modo che non sia visibile. Nel mio zaino ho l’occorrente di cui posso aver bisogno e il caldo è umido.
Trenta gradi.
Mi sono comprata un piccolo quadernino, con in copertina una coccinella rossa, su cui appunterò i miei pensieri. Quelli da prendere al volo.

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Che l’avventura abbia inizio.
Sempre se di inizio si può parlare.

Erica, anzi Atmosferica.

Scusa ma devo andare…

“Came to you with a broken faith
Gave me more than a hand to hold
Caught before I hit the ground
Tell me I’m safe, you’ve got me now.”

“Sono venuta da te con la speranza distrutta 
Mi hai dato più di una mano da stringere 
Mi hai sostenuta prima che toccassi il suolo 
Dimmi che sono al sicuro, tu mi hai ora.”

(Take me home – Jess Glynne)

Questa direi che rappresenterà per sempre la canzone dell’ultimo giorno di Australia. La ascolto da stamattina e la tengo segreta nelle mie orecchie anche ora che ti sto scrivendo. Sono emozionata e malinconica, sono forte e felice. Mi sento così, proprio come queste parole, proprio come questa arrabbiata ma dolce melodia.

Chiunque, forse anche tu, potrebbe dire che è una canzone triste di un amore disperato e non corrisposto. Lei canta chiedendo un’attenzione e pregando nel ritorno del suo amato, nell’aiuto in caso di difficoltà e di caduta. Chiede se lui potrebbe portarla a casa, è in crisi nera. Cerca una cura per la sua anima spezzata.

Io questo mi sono permessa di chiederlo all’Australia. Mi sono allontanata da tutto per protesta, ero arrivata ad un punto in cui avevo regalato troppo senza ricevere in cambio almeno la metà di quel che meritavo. Ora che è guarito, posso confessare un dolore che raggelava le mie giornate senza darmi troppi riscontri positivi. La mia partenza è stata data dalla voglia di far capire a me stessa che la mia anima avrebbe potuto sostenermi ovunque. Dovevo avere la certezza che da sola sarei potuta partire per qualsiasi viaggio dentro e fuori e che l’Australia non mi avrebbe fatto paura. Anche nel posto più lontano ce l’avrei fatta. Sono partita per una questione personale che dovevo risolvere, dovevo parlarmi e ascoltare ogni mia singola parola. A volte anche a voce alta.

Forte come la musica, ad altissimo volume.

Una sfida lunga sette mesi che si chiude oggi con un sorriso e gli occhi pieni di luce. Stringo i pugni dalla gioia e salto sulla valigia con due piedi per riuscire a chiuderci dentro tutto quello che di più bello e profondo sono riuscita trovare e raccogliere sul mio cammino. Non voglio perdere niente, devo conservare tutto.

Queste sono delle confidenze molto personali, lo so. Non so nemmeno se, leggendo, sia per te facile arrivare fino a lì. Fino al nodo. Fino al punto più profondo che sto toccando qui e ora. Sì perché l’Australia mi ha ancora, per poche ore. Mi sta urlando ora frasi di addio e un saluto memorabile. La sto ascoltando, la sto guardando. Come dice questa canzone, mi ha anche dato tante mani da stringere e le sarò grata per tutta la vita perché con queste mani, ho costruito la mia essenza, la mia rete, il mio nido, il mio rifugio. Ho donato quel che avanzava, tenendo per me il mio segreto potere. Quello per me indispensabile per stare bene. Poche sono le persone a cui l’ho regalato. Non me ne volere ma mi sento speciale.

Lei mi ha permesso anche di guardarmi dentro, mi ha portato in posti magnifici che solo quando sarò a casa guarderò con occhi consapevoli. Non credo di essere sempre stata presente, non penso di essere riuscita a rimanere al passo tra immagini ed emozioni. Tra luoghi e consapevolezza. Molto spesso non capivo la grandezza dello spettacolo che avevo a pochi metri dal mio naso, pensavo fosse normale. Ma non per questo è stato meno intenso, sia chiaro.

Sai, quando di fronte a te hai migliaia di chilometri deserti, è talmente difficile guardare lontano che riesci solo a guardarti dentro. È il posto più vicino da mettere a fuoco. Quando invece ti siedi davanti all’orizzonte, vedi questa linea infinita che taglia il cielo ed è talmente difficile capire la meraviglia di tutta quella infinità, che la cosa più facile da fare è arrivare all’orizzonte dei tuoi pensieri. Lì dove forse non eri ancora stata.

Sempre come dice la canzone, stavo toccando il fondo prima di partire. Non mi rendevo conto ma forse inconsciamente ne ero totalmente consapevole. Questo viaggio è stato la cura, mi ha dato la consapevolezza della mia potenza e dell’energia instancabile che mi riempie senza scappare mai. Mi appartiene e tra noi c’è un legame profondo. Mi piace, ora, guardare quel fondo dall’alto. È come se stessi galleggiando e il fondale sotto di me sia profondissimo, quasi lontanissimo. So perfettamente che un’ondata improvvisa potrebbe di nuovo farmi mancare l’aria tirandomi verso il basso, ma questa è la vita. Non è possibile eliminare la cattiva sorte, come la buona. Resta una vita intera da vivere ora, resta la voglia di rimanere a galla indipendentemente dalla forza del mare. Nel mio oceano ora c’è il sole, vedo pesci colorati e so nuotare senza fare fatica.

Quest’acqua limpida ora la porto con me, in Thailandia.

Erica, anzi Atmosferica.

Il posto migliore in cui stare…

Quando cerco il centro e il punto di equilibrio dove niente mi fa pendere dal lato più pesante, mi siedo a terra. Eccomi qui a scriverti dal pavimento di casa, da Sydney.

Potresti sederti sulla luna, identificare l’Australia, individuare la costa est e fare uno zoom su Sydney, Kent Street, 361/146, piano 22. Sono qui. In questo modo arriveresti qui, nel piccolo punto di questa grande terra, il punto in cui sono seduta cercando il mio posto.

Qual è il mio posto?

Proprio non lo so. Mi viene da dirti che il mio posto sono io. Il mio posto è il mio cuore, sono la mia anima e i miei occhi. Per il resto nulla è mio e nulla lo è stato.

Ho qualche giorno per raccogliere gli ultimi incontri, le ultime parole e gli ultimi sguardi. La parte più dura ma la più preziosa perchè sono certa che tutto quel che arriverà in queste ultime ore, sarà mio. Per sempre.

Sono scombussolata ma con i piedi ben saldi a terra. Non preoccuparti. Mi sono scritta una lista delle ultime cose da fare in modo da non arrivare all’ultimo giorno confuso a non saper che pesci pigliare. Sto per partire di nuovo. Te lo giuro.
Non riesco a definirti in poche parole il mio stato d’animo ma è anche bello sentirmi così. Mi piace.

Come sempre mi lascio travolgere dalle emozioni e ascolto canzoni in base ai giri strani che la mia mente decide di percorrere. Le seguo, musica e anima, viaggio con loro. Mi lascio trasportare in profonda tristezza ed immensa felicità. Sono dispiaciuta per quel che lascio ma curiosa di vedere quel che mi aspetta, chi mi aspetterà.

Chi lo sa.

Per unire il Mondo in un’immagine, pochi minuti fa guardavo questa foto che vedi in copertina. Qui dentro vedo tutto più piccolo, trovo equilibrio, riesco ad unire le varie strade, le emozioni frastornanti che pretendono troppo spazio. State calme! L’ho scattata ieri a Bondi Beach in un pomeriggio freddo e leggermente ventoso. In questo mare vedo l’acqua che unisce le terre, nella sabbia vedo la stabilità e la concretezza alle quali ogni oceano trova base e nel cielo, beh, nel cielo vedo tutto quel mistero che avvolge il Mondo, ovunque.

Ogni posto è pieno di cielo. Ogni posto è pieno di mistero.

Questa foto mi fa riflettere soprattutto ora in cui mi lascio cullare da un momentaneo e giustificato senso di perdizione. Presto lascerò l’Australia ma ovunque nel mondo potrò decidere di portarmi davanti ad un’infinita distesa d’acqua che bagna la terra.

Ovunque sarò, potrò stare bene.

Ovunque andrò, avrò ben chiaro che sarò io il posto migliore in cui stare, ancor meglio se di fronte al mare.

Erica, anzi Atmosferica.

Buongiorno Brisbane.

Proprio nel momento in cui ho sentito l’aereo staccarsi da terra, ho realizzato di essere ancora in viaggio.

L’ennesima partenza ma la prima da quando mi sento nuova. Inizia oggi un periodo di decollo e atterraggio, di andata e ritorno. Un aereo pieno di volti, alcuni dormivano già prima di spiccare il volo. Mi chiedo come abbiano potuto perdersi quel momento ogni volta per me emozionante e ancor più bello se vissuto con la mente rilassata. Abbandono.

Ti lasci schiacciare dalla forza, senti il petto a contatto con il cuore e ogni pensiero spicca il volo insieme a te. È uno strano momento di saluto, in cui in due minuti ti trovi a vedere mille luci che formano una città. La tua fino a qualche momento prima. Dove c’è nero c’è mare e riesci a unire i puntini sulla cartina geografica. La Terra. La luna o il sole.

Sei nelle mani di un pilota, sei sulle ali di un aereo e devi fidarti del cielo. Lui ti sosterrà e ti porterà dove stai chiedendo di andare. Una magia direi.

È stato un viaggio breve che dalle nostre parti può portarti in una vicina città Europea.
Parigi, Barcellona, Berlino.
Non so le durate e le distanze precise ma so che con un volo del genere potresti trovarti tra altre lingue, altre culture, tra la storia di un antico luogo e tra il cemento di muri scrostati dal tempo. Chiese ricche di atmosfera e spirito, viottoli stanchi di passi, piazze bagnate da fontane piene di monete e desideri.

Qui è sempre tutto nuovo e un volo di un’ora e mezza ti porta nella più vicina grande città.
In una delle…due.
Principali.

Puntando verso nord, Brisbane.

È così che mi ci sono portata. Una gita programmata all’ultimo e decisa così, su due piedi.
Quanto mi piacciono le idee improvvise, le partenze che non avresti pensato di cavalcare mai. Le pazzie.

Avevo abbandonato l’idea di Brisbane. Dopo migliaia di chilometri non riuscivo più a pensare di spostarmi da Sydney, mi sentivo bloccata e asciutta. Piena e satura.

E invece no.

È servito un sorriso di un amico. Uno stimolo che aspettavo da qualche tempo che mi desse una nuova spinta. Nuova come me.

Vorrei dirti anche che mi sento in movimento ma comunque ferma. Come ho pensato quando al gate è comparsa la scritta “Open”.
Stavo per partire ma mi sentivo salda e solida, tutta d’un pezzo. Questo volo non mi ha fatto l’effetto di altri, non ho sentito perdizione o quel filo di agitazione. Ero solo contenta.

Di Brisbane ho già visto l’alba e ho camminato sotto ad un cielo rosa delle sei di mattina. La prima impressione è stata bella e fresca, un benvenuto niente male.

Cercherò tra le vie un po’ di diversità, cercherò il particolare che la rende unica. Sono già in cammino e in scoperta, da oggi ricomincio.

Da oggi sono di nuovo aperta, di nuovo nuova.

Erica, anzi Atmosferica.

Il riscontro nell’incontro.

Finalmente riesco a ritagliare due ore piene di pensieri e parole, per scriverti e vuotare il sacco. Ultimamente arrivo sempre all’orlo. Dopo qualche giorno di silenzio, sento forte il bisogno di sfogarmi e gettare in parole tutto quello che frulla instancabile nella mia testa.
È una sensazione strana che solo chi ama scrivere può capire. Mi accorgo di avere questo bisogno quando, chiudendo gli occhi per un breve riposo dopo il lavoro, la mia anima inizia a parlare come se dovesse scrivere. Come se dovesse raccontare.

È proprio in quel momento che non la voglio zittire e inizio a scrivere come una diligente studentessa che non vuole perdersi una singola parola del professore. Scrivo tutto.

Sono giorni intensi come i miei pensieri e solo scrivendo quel che dice quella voce, posso fare ordine e tornare a vedere tutto con più chiarezza e calma. Si tratta di smistare ciò che è importante da ciò che occupa la mente solo perché non ha altro posto in cui stare. Una sorta di raccolta differenziata dei pensieri, una cura per l’anima, la soluzione ideale ad ogni stato di leggera confusione.

L’ultima settimana di lavoro sta fluendo veloce e malinconica. Sono molto dispiaciuta al pensiero di non rivedere più questa piccola famiglia che mi ha accolta e capita. D’altro canto però, sono adrenalinica e piena di motivazione all’idea di altre avventure e scoperte che mi aspettano.

Non voglio anticiparti molto perché sarà bello farti delle sorprese e portati in luoghi che non immagineresti. Ho voglia di farti viaggiare insieme a me, tu hai gli occhi bendati e solo al momento opportuno vedrai quanta bellezza sarà attorno a te. Solo lì potrai vedere.
Quando lo decido io.

Ci stai?

Sono emozionata. Ho una tremenda voglia di vivere ogni secondo delle mie giornate intensamente anche se, spesso, sento il mio fisico chiedere aiuto. Sono sempre troppo energica e anche nel contatto con le persone mi piace dare il massimo, amo entrare nella testa di chi ho davanti e regalare ciò che sento chiedere dalla connessione.

Mi è capitato soprattutto oggi di ricevere riscontri positivi, un cliente e un collega mi hanno colpita regalandomi due simpatiche ma molto vere affermazioni.

 Un signorotto serio e barbuto, avvocato e cliente abituale, mi ha fatto un sorriso per la prima volta. Ho come avuto la conferma che mi avesse capita, dopo tempo. È da più di due mesi che ordina sempre al tavolo 9, è uno di quei clienti che potrebbe dire…

“Il solito grazie!”

…ma non lo dice, giusto per rimanere tenebroso e poco prevedibile.

…ma tu comunque già lo sai…

Un flat white e pane tostato senza glutine con burro e vegemite.

Ogni volta mi ha ringraziato ma senza guardare mai i miei occhi. Bene, nonostante ciò, io l’ho sempre servito con il sorriso come a sfidarlo, come a dire…
…”Prima o poi mi sorriderai anche tu!”
Dopo ripetuti e gelidi “Thank you.”, oggi la svolta.
Mi ha guardata e mi ha detto:
“Thank you funny girl!”

🙂

Mi ha ringraziato dicendomi che sono una ragazza divertente. Sorrideva. Mi ha guardata dritta dritta negli occhi. Ho visto il suo sorriso farsi spazio tra i folti baffi ed è stato come vedere una lampadina in una stanza buia. Una candela accesa. Ho subìto attivamente il suo sguardo e mi ha comunicato altro oltre a quelle quattro parole.
Beh, una grande soddisfazione.
È proprio vero che a volte basta poco per essere felici. Mi ha fatto capire di aver accettato con piacere il mio regalo, i miei regali giornalieri.

Mi ha colpito anche la frase di Beppe, un ragazzo russo che lavora con noi da pochi giorni. Gli è bastato un niente per captare la mia essenza e decifrare il mio carattere.
Oggi mi ha fatto riflettere.

“You have a great personality. You are going to be a good woman, a good wife and a good mother.”

My God Beppe! Thank you!

Mi sono sentita apprezzata per quello che sono e per quello che vorrei essere. Per ciò che SOGNO di essere.
In pochi giorni ha visto in me la determinazione di una donna, la giusta personalità per essere una brava moglie e l’amorevolezza che potrei regalare da madre.
Non potevo ricevere complimento più bello e penso che lui l’abbia capito dal mio silenzio sfociato in un sorriso.

Sono tremendamente felice di questi piccoli riscontri che sto avendo. Sento di vivere intensamente questi ultimi giorni, non mi perdo nemmeno un secondo, uno sguardo, un sorriso, una parola che potrebbe cambiarmi la giornata.

Spero di essere riuscita a spiegarti la sensazione di pienezza che sta colmando la mia quotidianità in ogni piccola azione e attenzione. Tutta questa intensità si traduce in mancanza di tempo per te e a volte anche per me.
Ho le occhiaie.

Il freddo a Sydney è arrivato, la mattina un vento gelido e tagliente ti punta dritto dritto negli occhi. Nonostante ciò sento il cuore caldo e pronto, aperto e libero.
Te lo sto spiegando a parole mie, ma dovrei dirlo a parole sue.

Ssshhh. Silenzio.

Perché a noi il freddo non fa paura.

Erica, anzi Atmosferica.

La luna per un momento.

È tempo di scritture e aggiornamenti! Non è vero?
Mi rendo conto di essere stata parecchio sfuggente nell’ultimo periodo, ho scritto di mancanze e amori ma non della mia vita qui. Dentro e fuori.
Beh, se vuoi un breve aggiornamento, posso dirti che l’esistenza sta scorrendo sotto i miei piedi e sopra la mia testa alla velocità della luce. Forse è per questo che ho deciso di fermarmi per qualche giorno, almeno con la scrittura. Avevo e ho bisogno di qualcosa di fermo per un momento.

Il tempo passa in fretta, ho forte necessità di metabolizzare questo scorrere inarrestabile di minuti, secondi e giorni.

Mesi.

Sono immersa fino all’ultimo capello nella mia realtà che presto diventerà di qualcun’altro. Già, sto pensando a questo.
Un giorno molto vicino un’altra persona prenderà il mio letto e il mio lavoro, godrà della splendida vista del tramonto e del sole da questo balcone e conoscerà i miei coinquilini, i miei colleghi, i miei attuali amici. Sarà una persona o magari saranno due, tre. Magari quattro. Chi può dirlo.
La teoria del non attaccamento e il sempre più volante spirito che regnano il mio mondo, non portano a dispiacermi troppo per quel che lascerò ma mi caricano di energia per il nuovo che giorno dopo giorno scoprirò. Tutto sarà con me e se cambierò di nuovo vita, tutto rimarrà nella mia precedente strada che ha portato alla presente crescita. Alla rinascita.
È tutto con me, dentro di me. Sto osservando i miei cambiamenti anche più recenti. Erica, anzi, Atmosferica non è la stessa che è arrivata a Sydney quasi due mesi fa. Sydney non è la stessa che l’ha accolta inizialmente. È particolare sentire il cambiamento della città che sta al passo con quello della persona. È bello lasciarsi trasformare da una realtà di passaggio e da una vita momentanea ma comunque autentica. L’Australia quante facce ha cambiato, la gente quante cose mi ha detto, insegnato. Un’isola che sembra un altro mondo, in un momento ti trascina nell’abisso e poi subito dopo ti fa guardare in alto. Il cielo.

Mi sento in un momento.

Il momento.

Una frazione di tempo che mai ritornerà e sto respirando un fresco vento autunnale che, come già ti avevo detto, tanto autunnale non è. Mi sento in primavera, massima fioritura e colori accesi.

L’estate la sento, si avvicina.

La mia vita qui prosegue alla grande. Tra alti e bassi come è normale che sia, tra giornate di pioggia e giornate di sole, tra alcuni sconosciuti e altri sconosciuti che rimarranno tali, tra nuove prospettive e vecchie fotografie.
Tutto corre ma tutto rimane.
Come dire…

…è tutto in una fotografia di un momento. Una fotografia che parla del passato.

Stasera la luna mostra uno spicchio sottilissimo della sua tondeggiante forma, è bianca e molto luminosa. Qualche nuvola in corsa copre quel poco che si vede, per qualche secondo, per un momento. Mi sento un po’ così, tanto piena e tanto vasta, tanto grande ma tanto lontana, nascondo una notevole fetta e lascio per un momento uscire la mia luce dalla parte più stretta, difficile. Incomprensibile.
So bene che non sono facile ma forse è questo il bello no?
Lascio a te la libertà di immaginare quel che non si vede e quel che non si sente. Pensalo come vuoi ma deve essere bello. Ok?

Se vuoi puoi essere la nuvola che corre, puoi diventare il cielo nero che mi accoglie o andare ad esplorare la mia fetta più segreta. Per un momento riservata. Dai concedimelo per questa volta.
Prova a pensare al non detto, al lato buio e quello meno conosciuto.

Per un momento in sospeso.

Presto lo scoprirò, e capirai insieme a me quel che mi aspetta.

Sono o non sono la penna che scriverà il mio viaggio?

Molto presto numerosi colpi di scena e altri momenti di vita e di passaggio.

Erica, anzi Atmosferica in viaggio.

Non Mente ed è unica.

Ti piace?
È Bondi Beach.
La cosa strana e bizzarra è che questo scorcio mi ricorda la nostra Costiera Amalfitana.
La cosa che fa ancora più ridere è che io, sulla Costiera Amalfitana, non ci sono mai stata.
Ti rendi conto la mia testa dove va a finire?

Un po’ come quando ero in viaggio e mi si stendeva davanti la secca e infinita steppa australiana.
La mia mente vedeva la savana, leoni e giraffe, zebre e tigri.
La cosa bella è che non sono mai stata nemmeno nella savana. L’ho vista è vissuta in qualche cartone animato, una ventina di anni fa. Facciamo quindici dai.
Per il resto, è tutto nella mia immaginazione.

È tutto qui dentro.

A me piace.
Mi invento associazioni e somiglianze.
Anche quando conosco una nuova persona, nel giro di pochi minuti il mio cervello la abbina ad una che già conosco. Il modo di gesticolare, la forma del naso, la risata, la camminata, lo sguardo, il modo di commentare e la forma dei piedi.
Vai a capire…
Anche lì.

La mente di per se è un mondo incomprensibile, ma la mia deve esserlo all’ennesima potenza. Facciamo al cubo, dai.

Mente di Erica = (mondo incomprensibile)³

Un’equazione apparentemente semplice ma che nemmeno il più bravo dei matematici potrebbe risolvere. Sì perché la mia mente la conosco solo io, nessun altro. Ne tantomeno è possibile verificare quell’uguaglianza che oltre ad identificare la mia mente, delinea un mondo incomprensibile elevato al cubo. Impossibile.
Sono diventata gelosa di lei, la proteggo e la tutelo. La faccio crescere e l’accudisco, promettendole ogni giorno di lasciarla libera di esprimersi.
Lei mi ringrazia offrendomi molta creatività, servendomi su piatti d’argento testi e parole, associazioni strane come quelle di cui ti parlavo poco fa e tanti pensieri lunghi e profondi.
Abbiamo un buon rapporto. Non devo metterle vincoli ne paletti, non devo essere oppressiva e stressante, non devo dirle di pensare sempre alle stesse cose o a monotoni pensieri che le danno pesantezza.

Se mi comporto bene, ogni giorno mi regala emozioni. Mi fa ridere, mi fa piangere e mi carica di motivazione. Mi stimola, mi fa ragionare e quando mi voglio divertire, me lo fa fare con intelligenza. Mi rende simpatica, comprensiva, aperta al nuovo e predisposta al dialogo.

Se però non rispetto i patti, diventa cattiva.
Inizia ad allontanarsi da me, mi lascia sola e spesata. Disorientata, persa. Non mi guida e non mi sostiene, non mi da niente.
Poche sono le volte in cui mi sono sentita abbandonata ma le ricordo bene, chiaramente.
Si è ribellata perché non l’ho ascoltata, non l’ho capita, non l’ho protetta, non l’ho assecondata, non l’ho seguita ma soprattutto non le ho dato il tempo di cui necessitava.

Lei conosce il tempo. Lei è saggia e paziente.

Ora credo che abbiamo trovato un buon compromesso, un punto di equilibrio. La sento pacifica e serena, mi fa dormire bene la notte e mi fa ridere, tanto!
In questi giorni di temperature pazze e imprevedibili, una leggera sinusite mi sta facendo tribulare. Fortuna che c’è lei! Mi dice che devo riposare, mi devo curare ma senza preoccuparmi. Non è nulla di grave. Passerà.

Così dice!

Ascoltiamola!

🙂

Sono felice di averla come amica, lei è unica, potrebbe somigliare solo a se stessa e potrebbe ricordarmi nessun’altra se non lei. Fa parte di me e solo la pazzia me la potrebbe portare via. Una maledetta pazzia.

Io le sono infinitamente grata e poi è sincera, su di lei posso sempre contare. Tra le due, la bugiarda potrei essere solo io.

O no?

Perché la Mente, non Mente.

🙂

Dai… Fattela una risata.

Erica, anzi Atmosferica.

#tobecontinued

Poi arriva quel momento in cui ti guardi in una fotografia ed è come se ti guardassi dentro.
Ti vedi con occhi pieni di luce e un rosso sorriso appena accennato che vorrebbe quasi parlare, ma rimane chiuso.
Quelle guanciotte che hai sempre giudicato goffe, sono diventate inseparabili compagne di risate e quei capelli al color naturale, sono nuovi, di poche fotografie.
Delle ultime o forse di quelle cancellate.
Ti piace guardare chi sei diventata e ti ami così, senza limiti.
E insomma ti vedi diversa, trasformata, forse più donna, forse più saggia e sicuramente selvaggia, forse ti vedi più cosciente di chi sei ma soprattutto, di chi sarai.
Non parlo di lavoro e vita professionale, non parlo di carriera e di piramide sociale, parlo di Amore, Anima e Voglia di Volare.
Parlo anche di Spirito perché quello è essenziale.
Forse ti vedi nuovamente felice oppure sei felice nel vederti nuova.
Una cosa del genere insomma.
Una supernova.
Un’esplosione stellare, un’eclissi lunare.
Un gioco di parole, un gioco di emozioni e vibranti sensazioni.
Radiazioni.
Ringrazio la vita e il mio coraggio per avermi spinta fin qui.
Non so nemmeno io perché ho scelto questo posto, perché proprio una terra così lontana che a volte vuole solo toglierti il fiato.
Farti mancare l’aria.
Forse avevo bisogno di sentire mancanza e lontananza, di capire quanto distante sarei potuta andare per poi scoprire, quanto di nuovo nel mio cuore ci fosse da esplorare.
Sto provando tutto questo.
Ho vissuto tutto questo.
Ho sentito la forza dell’oceano tirarmi in basso, un forte vento spingermi in alto e poi anche l’asfalto correva, mamma mia quanto era caldo.
Ho fatto compagnia ad un gabbiano e gli ho chiesto di portarmi a volare.
“Si può fare!” mi ha risposto.
Era davvero un matto.
Un matto da legare.
Un matto come me.
Confesso.
E tu sai perché.
Sì perché quando senti questo potere, quando scopri di poterlo fare, non importa che tu sia fermo o in movimento, non importa che tu sia ricco o povero.
Ti serve solo avere la forza di prendere una bella rincorsa per spiccare il volo tenendogli la mano, al resto poi ci penserà il gabbiano.

#tobecontinued

Erica.

La Mancanza.

Oggi mi viene da parlarti della Mancanza.
Non voglio farlo con aria triste o stile malinconico, anche perché sono emozioni che ora come ora non mi appartengono. Voglio parlartene con libertà, spiegarti cosa sento e cosa è diventata per me la Mancanza. Te ne voglio parlare ora dopo un periodo di riflessione, ho capito molto a riguardo e sono arrivata a conoscerla talmente bene che mi sembra quasi di poterla toccare con mano.
Ne percepisco la consistenza, l’odore e il sapore.
La Mancanza.

Quante volte, nella vita di tutti i giorni, si dice “Mi manchi”, quante volte si sente, o si pensa di sentire, la Mancanza di qualcuno dopo qualche giorno di separazione…qualche ora…

Quante volte…

In quel caso penso non si tratti di Mancanza vera.
Penso che sia l’insofferenza dell’attesa e l’impazienza che ci tiene sospesi fino all’incontro successivo. Quella persona, che sia la dolce metà o un genitore, che sia l’amica o una sorella, è per noi essenziale e fondamentale per completare quello che è il puzzle della nostra quotidianità. L’esprimere Mancanza, in quel caso, è un modo per dimostrare affetto, per far sapere che senza di lui/lei, il nostro puzzle sarebbe incompleto e quel pezzo mancante sarebbe insostituibile.

Voglio parlarti di una Mancanza diversa. Voglio dirti che quando hai a che fare con un puzzle nuovo, perennemente incompleto e terribilmente difficile, ogni giorno cerchi negli occhi delle persone i pezzi Mancanti, cerchi luoghi per prendere spunti di colore, sapori e profumi per completare, ma a fine giornata, il tuo puzzle è comunque ancora tutto da inventare.

Questo posto mi porta a sentire la Mancanza come fosse un sentimento mai provato, del tutto nuovo. Dopo questi mesi trasformanti,  tutto è cambiato.
Quando avevo a portata di mano tutte le persone per me importanti, non ci facevo caso e sottovalutavo molto di quel che ora sento vuoto, sordo e muto. Il mio puzzle era bello ed ero orgogliosa del disegno che ogni giorno ne veniva fuori. Una bella sorpresa. Un bel gioco.

La Mancanza, quella vera, si sperimenta solo con La Lontananza, quella vera.

Migliaia di chilometri ti tengono distanti dal profumo della mamma, ore di fuso creano squilibrio e senti delle voragini nello stomaco che non si possono saziare nemmeno con cucchiaiate di Nutella. Arrivi a renderti conto che di lei ti manca il suo sorriso, di lei ti manca la sua voce. Di lei ti manca il modo in cui muove le mani e di lei il modo che ha di guardare nel vuoto. Speciale. Strano. Singolare. Di lei ti manca la sua mano e con lei, se potessi, faresti una passeggiata sul lungomare, ora.
La Mancanza ti fa guardare intensamente delle fotografie silenziose fino al punto di volerne percepire profumi e suoni, ti fa stare a guardare un tramonto e ti fa pensare che forse sarebbe bello condividerlo, ti fa ascoltare una canzone e ti fa chiudere gli occhi facendoti immaginare la voce della tua sorellina, che l’aveva intonata chissà quante volte.
Quella canzone.
L’aveva cantata a te.

Vivo bene la Mancanza perché so che avrà fine. Non la vivo con sofferenza perché gliene sarò grata per tutta la vita. La sto ringraziando. Seriamente. Quando respirerò quel profumo e tra le mani avrò quelle mani, sarò la persona più felice del mondo. Ringrazierò la vita, il mio coraggio e questo viaggio per avermi insegnato il valore della semplicità e nessuno mai, potrà farmi scordare tutto questo turbinio di emozioni che mi ha travolta fino a non farmi respirare.
Come ora.
Mentre ti scrivo queste parole.

Ho detto che non voglio più dire “Mi manchi”.
Non sopporto più la monotonia di questa frase che non mi permette di esprimere il crescere della Mancanza, l’immensità dell’impotenza che sento nel dire due parole che rimangono lì, scritte su un telefono.
Rimangono ferme, astratte, senza sapore, senza odore.
Che schifo.

Che saranno mai in confronto a quel che provo davvero?
Come posso mandare un messaggio concreto che faccia arrivare tutto il mio amore vero?

Ho capito una cosa semplice.

Basta il pensiero.
Quello arriva sempre quando è sincero.

Tu lo sai che parlo di te.
Io sono riconoscente alla vita perché ci ha fatto incontrare.

Quando mi lamentavo per le sofferenze e i dispiaceri, quando parlavamo insieme di delusioni e sconfitte, non pensavamo a quanto eravamo fortunate a trovarci vicine, davanti ad un caffè, sotto ad una coperta o in riva a un lago.
Era normalità?
No, non credo proprio.
I nostri occhi si esploravano, le nostre voci si univano e se volevamo, potevamo toccarci. Potevamo annusarci. Potevamo abbracciarci.

Quanto eravamo fortunate?

Tu sai quanta potenza abbiamo nel cuore e quanto brilleremo insieme.

Sarà tutto nuovo.

Sarà semplicemente amore.

Erica, anzi Atmosferica.