L’insofferente attesa.

Sì, lo so, vi ho sempre detto che bisogna saper dare tempo al tempo, aspettare e non essere frettolosi nell’attendere che qualcosa accada.

Ieri non ce la facevo.

Ci siamo svegliati verso le 8, anche se la sveglia naturale non sarebbe stata molto più tardi. Dovevamo aspettare il meccanico che venisse a recuperare Vando per portarlo in officina. L’appuntamento era alle 8.30.
Siamo stati costretti a campeggiare tre giorni a Exmouth senza la possibilità di muoverci per un problema alla pompa della benzina.

Il mezzo non ne voleva sapere. Non si accendeva più.

Ci siamo affidati alle parole di quell’uomo dalla divisa blu e rossa. Sarebbe arrivato il lunedì mattina.

Va bene.

Mi sembrava il classico australiano che se la prende comoda, per nulla stressato e senza problemi.

Alle 8.40 lo abbiamo chiamato per sapere se stesse arrivando.

Si è presentato alle 10.30.

Il programma di ripartire in giornata, si stava già sgretolando. Una forte insofferenza mi ha assalito e non riuscivo a trovare un modo per impegnare la mente, sfogarmi, rilassarmi.

Il lavoro non sarebbe stato lungo, ce lo avrebbe consegnato per l’ora di pranzo.

Sì, sicuramente.

Ancora una volta non ci speravo per niente e facevo bene.

Abbiamo temporeggiato in campeggio. Il personale gentilissimo ci ha detto che non c’era nessun problema. Il check out lo avevamo fatto entro le 10 come da regola quindi nessuna preoccupazione.

NO WORRIES

Per combattere quel senso di impotenza davanti all’imprevisto, mi sono seduta al tavolo della cucina comune. Mattia mi faceva compagnia ma non trovavo un modo per avere pace.

Le ore passavano e la chiamata del meccanico non arrivava. Nella mia testa avevo accettato con relax la villeggiatura forzata per tutto il fine settimana ma, l’idea di buttare via la giornata di ieri mi rendeva impaziente, mi mandava fuori di testa.

Francesca è riuscita a trovare la sua dimensione andando a rilassarsi in piscina. Era tranquilla, si è fatta un tuffo, ha letto qualche pagina del suo libro.

Io del sole non ne volevo sapere, mettere piede fuori dalla cucina voleva dire morire di caldo. L’idea di fare una nuotata, una corsa o prendere a cazzotti qualcosa erano automaticamente eliminate. Ho bevuto una Coca-Cola che mi tirasse un po’ su. Sì esatto, continuavo a muovermi ma in realtà sentivo le energie a terra.

Non riuscivo a stare seduta, non riuscivo a stare ferma.

Mattia mi guardava cercando di trovare un modo per capirmi, seguirmi, assecondarmi.

“Forse devo scrivere, sì, no… Non ce la faccio.”

Camminavo cercando un punto di appiglio, mi stiracchiavo, respiravo.

Pensavo al mio papà quando mi dice di inspirare ed espirare in quattro tempi. Riempi i polmoni, gonfia il petto, sgonfia il petto, svuota i polmoni. Ho fatto l’esercizio sdraiandomi su una panca di legno, chiudevo gli occhi e cercavo di concentrarmi.

La calma e il sangue freddo di Mattia, mi hanno stupita per l’ennesima volta. Mi sono sempre reputata una persona in grado di affrontare imprevisti, di mantenere un forte autocontrollo.

Sì, generalmente sono così.

Sotto pressione do il meglio di me.

Generalmente.

Erano le 12, poi le 12.30, poi le 13.

Sono riuscita a farmi qualche risata. Mi sono riguardata ogni video che tengo con amore nel mio computer. Le mie amiche, quanti ricordi, minuti e minuti di risate, le mie sorelle, la mia mamma. Mi sono trovata a ripensare e a rivivere momenti indimenticabili.

La Costa Azzurra, la Costa Smeralda, i concerti con Alice, Ligabue a Campovolo con Marta, le mie sorelle che mi mancano un sacco. Il mio essere sempre scoppiettante, super euforica e a volte anche troppo. Mi sono riguardata, mi sono vista cambiata. La mia testa era finalmente impegnata e stupita! Spesso non mi riconoscevo, mi coprivo gli occhi, facevo fatica a guardarmi.

Mi stavo calmando, forse avevo trovato una giusta valvola di sfogo.

Erano le 15. Va bene, rimaniamo un’altra notte qui.

Ho richiamato il meccanico. Iniziavo a pensare che se la stesse prendendo davvero comoda. Volevo la mia casa, volevo sdraiarmi e dovevo accettare di passare un’altra notte lì.

Erica, arrenditi.

Mi ha risposto dicendomi che aveva quasi finito. Il classico australiano.

“No ma fai con comodo!”

Pensavo…

“Ci manca solo che alle 16 mi dici che non hai fatto in tempo a finire e mi tocca dormire senza la mia casa.”

Ovviamente in quel caso avremmo dormito in un letto, il campeggio era super fornito anche di stanze. Ci sarebbe stata una soluzione a tutto.

Finalmente arriva la chiamata. Vando era pronto e di nuovo super energico.

Ho tirato un forte respiro. Mi sono bagnata le gambe e la faccia alla fontanella nel prato. Bevevo acqua e il sole stava per andarsene, finalmente.

Verso sera, ripensando alla giornata, ho dovuto ammettere che avevo conosciuto un’altra parte di me.

Un leggero mal di testa, mi diceva che finalmente avevo smollato la tensione. Avevo accumulato stress e non avevo saputo gestirlo.

È proprio vero che non si finisce mai di conoscersi. Ogni giorno è una scoperta e ogni imprevisto una prova.

Ora siamo in viaggio amici. Finalmente siamo ripartiti. Stamattina alle 7 abbiamo acceso i motori.

Prevediamo il rientro a Perth tra circa 48 ore.

Erica, anzi Atmosferica.

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4 commenti su “L’insofferente attesa.”

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