MAI DIRE MAI.

“Così smisi di costringermi a scegliere – Italia? India? Indonesia? – e ammisi che volevo conoscere tutti e tre i Paesi. Quattro mesi per ciascuno, un anno in tutto. Certo, era un sogno leggermente più ambizioso dell’acquisto di una scatola di matite. Ma era quello che volevo. E poi volevo scrivere di tutto questo. Per me non erano tanto luoghi da esplorare, altri viaggiatori lo avevano fatto prima di me; quello che mi interessava era indagare un aspetto di me stessa sullo sfondo di ciascun Paese. Volevo imparare l’arte del piacere in Italia, l’arte della devozione in India e, in Indonesia, l’arte di bilanciare l’uno e l’altra. Solo più tardi, dopo aver capito qual era il mio sogno, mi sono accorta che i nomi di quei tre Paesi cominciano tutti con la I. Mi è sembrato un presagio semplice per un viaggio alla scoperta del mio Io.”

Elisabeth Gilbert – “Mangia, prega, ama”

Questo libro continua a scavarmi e a creare in me nuovi pensieri e numerose possibili idee. Quelle che leggete potrebbero essere parole scritte da me, desideri nascosti dentro ai mille cassetti che ogni tanto vado ad aprire, giusto per rendermi conto che tutto nella vita è possibile.

“MAI DIRE MAI”

È una frase SEMPRE vera in ogni circostanza che mi fa puntualmente mettere in dubbio i progetti a lungo termine, moltiplicando nella mia testa le possibili opzioni e le tante strade che potrebbero aprirsi se solo evitassi di precludermi di vedere alcuni colori del ventaglio della vita, perché troppo strambi.

Ragionamento complesso che forse nemmeno i miei genitori potrebbero interpretare correttamente. È una profonda riflessione che ogni giorno mi chiama all’ordine.

Penso a quando la mamma mi dice di ascoltare la vocina. Lei ha sempre ragione e se sei in grado di sentirla, non ti sarà negata la possibilità di scoprire la verità, andando dove ti vuole portare. È difficile ascoltarla, ma una volta individuata e accettata, è molto semplice chiederle qualsiasi cosa in ogni momento. Mi piace farlo prima di dormire, quando adoro parlarmi e chiedermi se sono felice. Mi faccio domande, ascolto le risposte cercando dentro di me l’assoluta imparzialità.

Non passa giorno che io non mi chieda se sono dove davvero vorrei essere e non ho paura di farlo. A tutto c’è una soluzione e una possibile alternativa, non una via di fuga ma un’alternativa.

La risposta è , sono dove vorrei essere. Sono in Australia e mi sto muovendo nella direzione giusta. La vocina mi accompagna, mi dice che negli ultimi due mesi e mezzo della mia vita ho fatto come un salto. Mi ritrovo a volare con i gabbiani e forse devo ancora abituarmi alle vertigini. Mi dice anche che finalmente sono riuscita a sciogliere dei nodi dentro al mio cuore e che è orgogliosa di come riesco a comunicare con la mia famiglia e con il mondo intero.

La vocina mi dice che devo viaggiare in questo Paese e raccontare quel che vedo e sento. Un giorno, solo a rileggere le mie riflessioni, mi verrà un magone difficile da trattenere.

Se la ascolto bene, mi dice che vorrebbe vedere anche degli altri Paesi. L’arte del piacere, la potrò apprendere in Italia al mio ritorno… Ma l’arte della devozione, mi attira e mi chiama.

Sto lasciando correre la mia immaginazione e perché no, magari un giorno la seguirò come ho voluto fare nell’ultimo periodo.

Non mi precludo niente.

La vocina ovviamente, dice che devo lavorare ora. Devo guadagnare per poi tornare ad esplorare. Se mi parla di futuro, per il momento mi limito ad ascoltarla e magari un giorno metterò in pratica ma non ne sono certa. Ogni giorno il futuro cambia e anche la settimana prossima è ancora troppo lontana.

Ad ogni modo, il viaggio alla scoperta del mio Io è iniziato il 12 novembre 2015 e sono tremendamente abbagliata dalla luce che segna la mia strada.

Erica, anzi Atmosferica.

Immenso cielo.

Certo che dormire in Vando, è davvero un’esperienza che non dimenticherò per il resto della vita. Ormai da un mese, è il mio letto, la mia casa, la mia valigia e il mio compagno di viaggio. È un angolo di pace e di ispirazione, mi coccola e mi riscalda. Mi fa compagnia quando dormo e quando scrivo. È tanto comodo.

Oggi mi sono svegliata con il dolce rumore della pioggia che si infrangeva sul tetto e le goccioline sul vetro a dieci centimetri dal mio naso mi hanno dato il buongiorno insieme all’atmosfera uggiosa di questa giornata.

Ricordo quando dormivo nella mansarda di casa e mi svegliavo a causa dei lampi e dei tuoni, intensificati dalle travi in legno e dagli oblò vetrati sul soffitto in pendenza. Mi ricordo quanto mi piacesse ascoltare il rumore della pioggia, rimanendo immobile sul letto, godendomi ogni singola goccia. Mi lasciavo cullare la sera addormentandomi in pochi minuti e la mattina…

tic

tac

tac

tic

Che bel risveglio.

Pensavo alle quantità di acqua che il cielo stesse riversando e a quanto fosse triste o talmente felice al punto di piangere. Amavo dormire all’ultimo piano della casa, quello più alto e verso il cielo, e non mi alzavo dal letto senza prima averlo ascoltato.

Mi sento un po’ così anche qui. Appena apro gli occhi, il cielo mi sbatte la sua luce in viso e sto imparando ad avere un buon rapporto con lui, accettando ogni giorno i suoi capricci e le sue gioie.

Ho visto tanti cieli qui.

Spesso di un azzurro inteso, poche volte capriccioso come oggi. L’ho visto in tutto il suo splendore nelle notti stellate in campeggio dove, appena cala il sole, il buio fitto permette di captare i miliardi di punti luminosi che brillano più del solito. Un po’ come quando dicono che se vai nel deserto, vedi tutte le stelle più luminose.
Beh, nel deserto non ci sono ancora andata ma vi assicuro che la vista da qui, è spettacolare.

Ho visto nuvole immense correre insieme a noi nei nostri lunghi viaggi, ho dato a loro una forma, un nome e una vita. Qui il cielo è diverso, è più grande e più alto. I nuvoloni che coprirebbero un’intera città, qui sembrano piccoli, irrilevanti.

È proprio vero che la grandezza del contenuto dipende SEMPRE dal contenitore.

Mi è capitato di guardare all’orizzonte del mare e di fare un confronto tra la vastità dei due infiniti. Quante volte il cielo si superava, lo superava e lo schiacciava.

In Australia è tutto più grande e mi sento sempre piccolina ogni volta che mi concentro su quel che mi circonda. Distese di mare, di cielo, di sabbia o di erba secca portano i miei pensieri lontani vogliosi di raggiungere quella riga netta e orizzontale che mette fine alla mia corsa.

Ogni passo che fai, sposta la linea un passo più in là. Non ci sarà mai un modo per raggiungerla.

Il cielo non ha limiti, non conosce spazi e confini. È veloce ma anche molto lento e può riempirsi di un pianto che può durare giorni, come di una felicità ogni volta colorata.

Voglio assomigliare un po’ a lui, non voglio avere confini ma solo orizzonti irraggiungibili. Voglio conoscere la mia tristezza e farla sgorgare in un pianto, voglio essere radiosa come quel blu intenso e ricoperta di grandi nuvoloni che corrono via a velocità supersoniche.

Voglio cambiare ogni giorno, stupire chi mi guarda e regalare sorprese. Voglio essere immensa, alta e luminosa. Voglio colorarmi di blu, di bianco, di azzurro e di grigio. Voglio essere di un nero impenetrabile ma limpida e trasparente. Voglio vedere paesaggi magnifici e viaggiare sopra ogni bellezza del mondo. Voglio vedere, scrutare ed esaminare tutto dall’alto senza mai perdere la visione del tutto. Voglio volare insieme ai gabbiani e stare seduta su montagne di un soffice bianco. Voglio rotolare, riposare e cadere giù con la pioggia rimbalzando sopra a una nuvola di passaggio.

Voglio anche essere uggiosa e grigia perchè tanto poi…

…esce sempre il sole.

Erica, anzi Atmosferica.

This is my mother.

Quando penso alla mia mamma, vedo quegli occhi pieni di luce che sgorgano in amore immenso. Sono lontana da lei, ma questo viaggio mi sta facendo sentire la sua speciale vicinanza che si riflette ogni giorno in un legame profondo.

La mamma, quella che sa tutto anche se non le dici niente, non ha bisogno di parole per comprenderti e per interpretare ogni tuo stato d’animo.

La mamma sa e sente sempre tutto.

Con lei ho un rapporto amichevole e solare, tante volte l’ho inclusa e coinvolta, altre l’ho lasciata fuori. Non perché non volessi renderla partecipe ma perché non volevo sentisse la mia sofferenza.

La mia mamma…

…che se gioisco, gioisce il doppio di me e che se sto male sta male il doppio, compie oggi cinquant’anni, esattamente il doppio dei miei.

Ma caspita sei giovanissima!

Ci unisce il mese di gennaio gelido ma pieno di calore, ho preso da lei l’entusiasmo e la forza di un uragano. Sia chiaro che per lei non è un giro di boa ma una nuova partenza, un nuovo salto e una nuova scommessa.

Ha donato la vita a quattro figlie, imprimendo in noi un’educazione stabile e corretta ma piena di sole. Un sole speciale che leggi nel suo sorriso e nella sua fragorosa risata.

Quante volte ha avuto bisogno del mio amore…

…ma solo ultimamente, mi sto lasciando andare tra le sue braccia. Sono sempre stata una figlia sfuggente, mai troppo bisognosa del suo cuore.

Voleva coccolarmi, io scappavo.

Voleva parlarmi, io mi chiudevo.

Non sempre, ma spesso.


Ora, mamma, sappi che ho bisogno delle tue carezze e amo parlare con te. Non vedo l’ora di cantarti tanti auguri e augurarti altri centocinquanta anni pieni della tua forza e della tua voglia di volare.

Sai, in questo siamo simili. Sono convinta che sto planando sulle creste delle nuvole anche per te e sappi che sento la tua forza che ogni giorno mi spinge sempre più su, ma mai così vicina a te.

Ti auguro buon compleanno dal profondo del mio cuore, mamma, e se anche questo fuso orario non mi permette di soffiare insieme a te le candeline, sappi che sei la più bella del mondo.

Sii sempre orgogliosa di quello che sei e di quello che hai creato. Il tuo fertile amore, insieme a quello del papà, ha cresciuto le nostre anime senza mai farle sentire aride.

Grazie MAMMI, buon compleanno.

I love you.

“Mangia, prega, ama.”

 

Il cielo nuovamente nuvoloso e un risveglio poco piacevole causato del problemino che si presenta puntualmente ogni mese a noi donne, non mi fanno sentire al massimo della mia energia.

Voi donne mi capite!

Ti svegli, un giorno, e ti senti come se un trattore ti fosse passato sopra al corpo durante la notte. Sensazioni di gonfiore coordinate a fame compulsiva, sono ordinarie. Un leggero senso di fastidio nella parte bassa del ventre può diventare un dolore insopportabile e la cosa brutta è svegliarsi di notte con fitte che vanno a toccare le ginocchia.

Ahi ahi.

Che ne dite, l’ho descritto bene il dolore fisico unito al senso di insofferenza psicologico?

Voi uomini, che ne volete sapere! Dovete solo lasciar sbollire ogni nostro stato d’animo negativo e cercare di essere un po’ coccoloni e comprensivi.

La donna che si sente capita, elimina automaticamente il 50% dei dolori dal proprio corpo, attiva il senso collaborativo e metabolizza lo stress velocemente senza rendere la situazione troppo pesante.

Volete sapere se mi sento capita dal mio compagno di viaggio?

Mattia è molto comprensivo! Mi ha ceduto la sua metà di letto proponendo uno scambio, magari avrei dormito meglio. Mi lascia i miei tempi e i miei spazi. Senza fare troppe domande, cerca di capire dalle mie espressioni come sto. Si dedica alle faccende “domestiche” e meccaniche di Vando.

Per colazione un the caldo e qualche biscotto. Un antidolorifico mi guarirà nel giro di una mezz’ora e saremo pronti per una nuova giornata di ricerca.

Vi aggiorno: siamo a Pemberton. Dalla punta sud-ovest del Western Australia, siamo risaliti verso l’interno di circa 200 chilometri. Rimarremo qui una settimana nella quale OGNI azienda agricola sarà per noi possibilità di lavoro. Vi prometto che le spulceremo tutte servendoci della mitica invenzione di Google Maps. Ho visto dal satellite che ce ne sono molte nascoste ma le stradine sterrate non sfuggiranno. Dall’alto si vede tutto.

Qualche giorno di stop ci vuole e in più siamo in una zona ricca di Farm. Sembra che la coltivazione dell’avocado vada alla grande e nel giro di dieci giorni al massimo, mele e pere saranno pronte per la raccolta.

Siamo come sempre molto energici e mi chiedo da dove riesca ad attingere energia il giorno più doloroso e stressante del mese.

Ma sono carica.

Giuro.

Continuando la lettura di “Mangia, prega, ama”, fantastico libro scritto da Elisabeth Gilbert, mi sono sentita curiosa al punto di spingermi a cercare spezzoni del film su Youtube interpretato da Julia Roberts.

Qui dove la televisione non esiste e guardare un film sarà per molti giorni un grande sogno, mi accontento di qualche video anche se non fa altro che risucchiare alla velocità della luce i dati disponibili per la navigazione.

Tutto questo però, influisce sulla mia mente in maniera positiva. Sono stimolata, riflessiva e concentrata nello studio della mia anima.

Buona lettura, buona visione e buon inizio settimana a tutti.

Erica, anzi Atmosferica.


“Alla fine, sono arrivata a credere a una ricerca che io chiamo LA FISICA DELL’ANIMA, una forza della natura governata da leggi reali quanto la legge di gravità.
La regola di questo principio funziona più o meno così: se sei abbastanza coraggiosa da lasciarti indietro tutto ciò che è familiare e confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna.
Se sei veramente intenzionata a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio.
Se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti.
E se sei preparata soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa veramente scomode.
Allora la verità non ti sarà preclusa.”

Elizabeth Gilbert (Julia Roberts)
dal film “Mangia, Prega, Ama” di Ryan Murphy

Il faro.

La punta sud della costa ovest, nella regione di Margaret River, è identificata dal Faro di Capo Leeuwin.

Questo angolo di Australia, nell’estremo sud-ovest, è dedicato alla memoria di tutti i marinai del mondo. La dedica fu fatta dal primo ministro dell’Australia occidentale, John Forrest, il 10 dicembre 1896 durante l’apertura ufficiale.

In questo caso qualche dettaglio storico non mi sembra niente male.

Che ne dite?

Capo Leeuwin era spesso il primo approdo in terra australiana per le navi che viaggiavano attraverso il Capo di Buona Speranza. Tanti eroi del mare hanno trovato la loro fine tra le onde impetuose dell’oceano e vedere quelle targhe con i loro nomi disposte in fila sulla parete, è stato di forte impatto.

Cape Leeuwin Lighthouse, la casa della luce.

Una costruzione tanto perfetta quanto luminosa. Il sole si rifletteva sulle pietre bianche, facendolo sembrare vivo.

Sembrava che volesse gridare: “Io devo regalare luce!!”

Le sue intenzioni erano chiare ed ero totalmente appagata dalla bellezza di quel che vedevo. Il cielo era di un azzurro tanto pieno quanto quel bianco. Arrivata lì sotto, mi sono seduta su una panchina, il giardino era potato con cura e le onde sbattevano sugli scogli rossi.

Da lì, il sole si nascondeva incoronando di una luce angelica la sommità del faro. Che stupore.

Mi sembrava di avere una visione paradisiaca. Il bianco, la luce, l’azzurro.

Poteva essere una rivelazione e io mi sono concentrata nell’ascoltare. Percepivo un’essenza divina in quel che vedevo e che sentivo.

Ho ascoltato la luce.

Erica, anzi Atmosferica.


Vi trascrivo qui di seguito il dialogo tra Elisabeth Gilbert e uno sciamano indonesiano. Mi sto ritrovando molto nella lettura di questo libro in cui la scrittrice, parla del suo viaggio di un anno alla ricerca della verità, della sua verità.
Molti di voi conosceranno il libro, o il film interpretato da Julia Roberts.

“Voglio avere un contatto duraturo con Dio” gli dissi. “Qualche volta mi sembra di percepire l’essenza divina di questo mondo, ma poi ne perdo il senso, distratta da piccoli desideri e piccole paure. Io voglio restare sempre accanto a Dio, ma senza farmi monaca o rinunciare interamente ai piaceri della vita. Voglio vivere nel mondo e godere delle gioie che ci offre, ma voglio anche imparare a dedicarmi a Dio.”
Ketut disse che mi avrebbe risposto con un disegno. Mi mostrò uno schizzo che aveva fatto durante una meditazione: una figura umana androgina, in piedi, con le mani congiunte in preghiera. Ma quella figura aveva quattro gambe, e al posto della testa un groviglio di foglie e fiori selvatici. Sul cuore era disegnato un piccolo viso sorridente.
“Per trovare l’equilibrio che stai cercando” mi rispose Ketut attraverso l’interprete “Devi diventare così. Devi tenere i piedi ben piantati a terra, come se avessi quattro gambe. In questo modo puoi vivere nel mondo, ma devi smettere di guardarlo con la testa, devi guardarlo con il cuore. Così conoscerai Dio.”

“Mangia, prega, ama -Una donna cerca la felicità” di Elisabeth Gilbert

Gennaio.

Tralasciando l’inizio del nuovo anno che quello è ovvio e scontato, vi parlo di Gennaio come il mese a me caro.
Nei trentun giorni che lo formano, nascevano tante vite per me essenziali o senza le quali non sarebbe nata la mia passione, la voglia insaziabile di raccontare.

Il 2 Gennaio 1956 nasceva Elio, il mio Papà.

Il 14 Gennaio 1991 nascevo io, Atmosferica.

Il 27 Gennaio 1966 nasceva Eleonora, la mia Mamma.

Già il mio mese, mi faceva sentire accolta tra le loro braccia. Nascevo io, un piccolo esserino dai capelli NERI color carbone, che poi sarebbero presto diventati chiarissimi. Ricordo ancora quando mamma Eleonora mi ha raccontato che dopo il primo taglio di capelli, sono diventata bionda.
Ero una piccola biondina con il codino a fontanella e con gli occhi del colore del mare.
Appena nata urlavo e piangevo mostrando a loro sin da subito la mia voglia di esplodere e di comunicare.

Il 10 Gennaio 1991 è nata Alice, una grande amica. Un amore incondizionato mi lega a lei dagli anni delle superiori. Mi ha sempre riscaldata con la sua voce, quando canta i brividi sono garantiti. Un’anima buona, profonda e sempre aperta. È vicina a me in tutto, a volte sembra lontana ma come chi vi parla di una vera amicizia, vi dico che l’amore vero non si allontana mai.

Alice, quanto mi manca.

Gennaio è inverno e inverso ma in verità vi dico che assaporarlo d’estate ha un altro gusto. Questo emisfero quest’anno, mi regalerà un compleanno caldo, estivo, chissà dove e con chi.

Lo gusterò, Gennaio. Lo proverò bollente, mi scotterà e mi lascerà un segno indelebile per il resto della vita.

Festeggerò i miei 25 anni in Australia.

Gennaio, il mese prima di Febbraio.

Benvenuto.

Hope – Speranza

La speranza ha da sempre caratterizzato ogni mia singola azione. Ho sempre sperato con ottimismo perché forse è l’unico modo per fare delle scelte con determinazione, intraprendere una strada invece che un’altra, decidere di seguire un consiglio o fare di testa propria.

La vita ti pone sempre davanti a bivi che puntualmente si rivelano incognite a cui viene difficile rispondere. Come se le carte fossero entrambe coperte e, su due piedi, ti trovi a dover decidere quale girare con la consapevolezza che non potrai mai più vedere che faccia nascondeva quell’altra.

Ho sempre seguito l’istinto e il sesto senso nel fare scelte di speranza, perché sì, secondo me lì tutto si concentra. Nell’immaginare sempre una verde realtà che colora ogni destino che sia scritto o meno.

Mi trovo qui, in Australia con la speranza che possa essere l’esperienza più significativa, piena e densa di insegnamenti che potessi mai scegliere per me. Ho la speranza che tutto questo mi porterà ad essere una grande persona, un’anima ancor più buona ma consapevole che la cattiveria può condire ogni giornata.

Ho la speranza di non deludere mai i miei genitori, di essere sempre un esempio per le mie sorelle minori e sempre un appoggio per quella maggiore.

Spero un giorno di poter raccontare quello che di più bello ho visto scorrere davanti ai miei occhi, perché ero lì e potevo osservarlo fino ad assaporarne le più sottili sfumature. Spero anche di essere di aiuto e di compagnia a quel qualcuno che non è in grado di fare scelte o di prendere coraggio per svoltare la propria vita.

Con lo stesso verde, spero che qualcuno leggerà la mie parole estrapolando la propria verità portandola a sé come uno stimolo pieno di energia.

Cambiamento.

Partenza.

Consapevolezza.

Arrivo.

Voglio vivere nella speranza che questa vita mi farà un bel dono. Non importa se il giorno di Natale non troverò nulla sotto l’albero, non sentirò il gelo dell’inverno e non potrò scartare i regali come ogni anno, la mattina, insieme alla mia famiglia.

Spero solo che questo Natale sia pieno per tutti di vita e di speranza.

Perché finché c’è vita, c’è speranza.

Erica, anzi Atmosferica.

Grazie Papà.

Oggi voglio parlarvi di Papà Elio. Già dopo le prime parole mi si stringe la bocca dello stomaco ma lascerò scrivere le mie mani, e tutto verrà naturale.

Un grande Papà, lavoratore e sempre presente anche con i suoi lunghi silenzi. Le sue poche parole mi hanno sempre indicato la strada, lasciandomi ogni volta la libertà di scegliere pur sentendomi guidata.

Nel momento del bisogno però, ha sempre saputo regalarmi quel che silenziosamente gli chiedevo. Dalla sua profondità ho appreso molti insegnamenti e tante delle storie che mi ha raccontato, saranno per me esemplari, per il resto della vita.

Cresciuto in una grande famiglia, era il più piccolo di sei fratelli. Quattro donne e due maschietti. Sin dalla nascita, un ambiente famigliare prevalentemente femminile e numeroso ha sempre caratterizzato la sua realtà rendendolo un uomo protettivo e sempre estremamente comprensivo.

Siamo assai simili. Due capricorni testardi ma pieni di amore e dolcezza. Mi ritrovo molto in lui e voi non lo sapete, ma il dono della scrittura l’ho assolutamente ereditato. È anche grazie alla mia partenza che molte porte si sono aperte e alcuni nodi sciolti, sono sicura di averlo reso un padre orgoglioso e sono certa di averlo sorpreso regalandogli attraverso i miei scritti, delle grandi emozioni.

Tanti pensieri che non sono mai riuscita a dire a parole, ora possono fluire senza ostacoli e senza paura, consapevole che dichiarare amore debba essere la prima ragione di vita.

Vi suggerisco quindi di trovare il modo per far sapere a chi amate tutto quello che avete dentro. Ogni giorno è prezioso e assumerebbe un valore inestimabile se solo riusciste a esprimere quello che siete e sentite per voi stessi, per la vostra famiglia, per il vostro Papà.

L’amore che lega i miei genitori, ha creato un grande impero. Quattro figlie, ognuna con i propri sogni e desideri, bisogni ed esigenze, caratteri diversi ma con la stessa linea guida.

Il loro grande amore.

Ringrazio dal profondo del mio cuore Papà e Mamma. Ogni volta che penso a loro mi viene un po’ di malinconia e sicuramente il fatto che sia così lontana, mi rende più vulnerabile, la mancanza è forte.

Ritornando al dono della scrittura, vorrei dirvi che da quando sono partita, ho scoperto in Papà Elio uno scrittore talentuoso. La mia lontananza da casa ha fatto scattare una molla in lui che mi permette di sentirlo ancor più vicino di quando ero sotto al suo stesso tetto.

Mi ha colpita, emozionata e lasciata senza parole. Mi ha scritto messaggi, pensieri e anche una poesia.

Quando l’ho letta il mio cuore ballava dalla gioia.

Non ho bisogno di aggiungere altro.

Buona lettura.


DON’T CRY

Ti capiterà

di guardare due occhi
e leggerne i pensieri,
sentire una parola
e percepire il suo vero valore, toccare una mano con gli occhi chiusi
e sapere dove ti potrà portare,
sentire il tuo cuore che si stringe e si espande perchè è vivo.
Desiderare di voltarti a guardare
ma senza rallentare la tua corsa.
Un sole accecante asciugherà le tue lacrime.

Il buio si popolerà di pensieri
come se viaggiassero contromano a piena velocità, ma ascolterai solo il tuo respiro.
Sei un fiore che sboccia
e l’aria è piena del tuo profumo.

_____

Mentre scrivevo pensavo a una canzone di Neil Young che alla tua età ho ascoltato fino a consumare il disco senza capirne una sola parola, forse già esistevi.

https://www.youtube.com/watch?v=_VrTSF-v8Vs


 Grazie Papà.

Erica, anzi La Tua Bambina.

L’artista di strada…

…mi ha sempre colpita, affascinata e incuriosita.

Di qualsiasi strada si tratti, in qualunque città si trovi, è una figura ricorrente, non manca mai e regala magia e rende ricca una via, deserta.

Puntualmente.

Per artista intendo chiunque abbia voglia di regalare, di sedersi sul ciglio della strada donando quello che di più genuino e profondo ha, non pretendendo nulla in cambio. Nel caso, una libera offerta.

A questo proposito voglio dire che donare il “vero” non è mai semplice, nemmeno quando si tratta di scrivere. Non è facile.

Una moneta, quindi, io la lancio sempre.

C’è chi suona la chitarra, chi suona il piano o il bongo. L’artista giovane, l’artista tondo. Quello che canta con un filo di imbarazzo, il mimo, la sfera, il pittore o il ritrattista, il povero anziano che gonfia palloncini vestito da pagliaccio e quello vestito da Babbo Natale. Che spasso. Un gruppo di giovani viaggiatori che arrivano chissà da dove o che si sono incontrati strada facendo, i due amici da una vita che vogliono solo fare quello, cantare per la strada. Fare bordello.

Mi sono sempre fermata ad ascoltare una bella voce, o a lasciare una piccola moneta nel cappello cappello. Di seta.

Il talento va premiato.

Qui a Perth è pieno di artisti di strada.
Il pomeriggio cantano o suonano nelle vie principali del centro, la sera a Northbridge dove ci sono i grandi locali e i frequentati punti della movida australiana. Quella volta ci siamo fermati, con le nostre mani seguivamo il ritmo scandito dai tamburi. Liberavano in aria farfalle colorate, luci velate. Erano ragazzi giovani e suonavano per stare bene, per farti stare bene.

Noi stavamo bene.
Io stavo bene.


Qui di seguito, una mia nota scritta il 2 Marzo 2015 a Milano:

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele.

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele mi sono fermata ad ascoltare un artista di strada che suonava splendidamente la sua tromba. Uh come la suonava.

Era accompagnato da una melodia musicale di una famosa canzone di Rhianna e creava un’atmosfera fantastica, incredibile, emozionante. Non faceva nemmeno troppo freddo ma, nonostante ciò, lui suonava con degli occhiali scuri a coprire il viso e, come se non bastasse, un nero cappuccio sul capo.

La faccia non si vedeva ma il suo talento sì.
Quella moneta la meritava.
Eccome se la meritava.

Ad un certo punto un senzatetto è passato di lì.
Ciondolava e barcollava, era strafatto di chissà quale sostanza. Urlava, gesticolava.
Deridendo l’artista di strada, si è avvicinato dal dietro, a piccoli passi quasi per beffa, senza rispetto.

“Coglione! Levalo il cappuccio… Almeno ti si vede in faccia!”

Con un gesto distratto e violento gli ha toccato il capo.

L’ha spento.

Non potete capire come quella scena mi abbia stretto il cuore.
Avrei voluto urlare.

Il musicista è rimasto a bocca asciutta senza nemmeno riuscire più a suonare la sua tromba.
Stava senza fiato.
Io l’ho sentito.

La sua risposta però è stata grandiosa…esemplare.

“Cosa te ne frega della mia faccia? La musica è fatta per ascoltarla. Quando apprezzi un quadro, lo apprezzi e basta senza aver visto la mano del pittore. Lo guardi e l’arte ti piace, senza domande, senza risposte. L’arte è fatta per creare emozioni e tu, ora, le hai rovinate a me e a tutti quelli che mi stavano ascoltando senza pretendere di vedere il mio viso”.

Con aria rassegnata..il musicista ha chiuso la sua valigia e se n’è andato.

Sono contenta però…
Un caffè gliel’ho regalato.

Erica, anzi Atmosferica.

Un mese.

 

Un mese. Il 12 novembre spiccavo il volo.

Un mese intenso, se non si dovessero contare i giorni per formare settimane, mesi e anni, forse il titolo sarebbe:

“Una vita.”

Una vita non si può sapere quanto potrebbe durare. Esistono vite di un giorno, altre che vedono crescere una serie di generazioni. Una vita, non importa quanto lunga sia.

Basta che sia VITA.

30 giorni di vita, di scoperta e di conoscenza. Inevitabilmente prima di luoghi nuovi, la scoperta scorre nelle tue vene e ripulisce il tuo sangue. La conoscenza penetra nel cuore, nello stomaco, prima di concentrarsi su qualsiasi altra persona o posto mai visto. Quando guardi l’oceano le emozioni le regali solo a te stesso, alla parte più profonda. Ti sei portato in un paradiso stupendo che ti spinge su, sempre più verso l’alto.

Un mese qui. Da sola. Credo di essere la compagna di viaggio numero uno al mondo. Ascolto il mio corpo, sto imparando a conoscere le mie sensazioni, i piccoli dolori e mi sono sempre accompagnata dove era giusto andare. La mia voce interiore parla sempre, non tace un solo secondo! Parla decisa, a volte mi provoca e mi mette alla prova. Vuole farmi innervosire, piangere e ridere. Sa anche esercitare una notevole pressione quando vuole, ma è sempre la mia voce. SONO IO.

Ho compreso le mie tristezze, assecondato le mie indecisioni, perdonato piccoli sbagli e valorizzato le piccole cose. Ho guardato negli occhi le persone, ieri sera un artista di strada ha quasi rubato i miei.

Occhi.

Vedo chi mi vede, sento chi mi sente e cattura la mia essenza.

Ho capito che non tutti possono vederti, capita che quando vorresti che ti vedano, non è il momento giusto per loro. Ogni persona è nel proprio percorso, nel proprio mondo, più o meno consapevolmente. Alcuni ci riflettono un po’ su, altri vivono senza porsi domande. C’è chi si lascia trainare, chi invece cammina lentamente sulle proprie gambe con lo sguardo vispo e l’anima pronta ad assorbire.

Poi c’è chi corre.

VIETATO CORRERE!

Un mese.

Mi sono sentita buona, felice, libera e triste. Insofferente, giocherellona, contagiosa, riflessiva e profonda. Ho agito con generosità, ho avuto fiducia e coraggio. Ho regalato sorrisi, sguardi profondi, pazze risate e comprensione. Ho cantato, parlato ed esercitato una nuova lingua. Ho incontrato persone, diverse culture e tante storie. Le ho ascoltate. Ho sentito malinconia, la mancanza e l’amore in tante forme. Ho chiesto, domandato, ricevuto risposte.

Mi sono analizzata, scavata, non sempre capìta.

Accento tonico sulla “i”, voce del verbo “capire” non “capitare”.

Un mese. Una scoperta. Una vita.

Erica, anzi Atmosferica.


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