La vita è un viaggio.

Mi devi scusare ma nel momento in cui viaggiare diventa sinonimo di “incontrare”, il tempo per scrivere si riduce drasticamente. Vengo rapita da storie e volti, da altri viaggi.
Il ritiro spirituale continua a maturare conseguenze positive nelle mie giornate. Apprezzo ancor di più i miei momenti di silenzio, rido come una matta e mi lascio trasportare da situazioni curiose, dai discorsi di viaggiatori e persone con strambe storie.

Giulia è ripartita per la sua avventura di tre mesi nel sud-est asiatico, zaino in spalla e sorriso. L’ho vista andare via così, insieme ai suoi divertenti sketch e al suo stile etnico ed inimitabile. Giulia è voglia di crescere e di arrivare, voglia di ampliare conoscenze e di raggiungere degli obiettivi, realizzare sogni.
Giulia mi ha servito generosamente una sostanziosa dose di possibilità, libertà e racconti. Ha ulteriormente aperto i miei orizzonti parlandomi dei suoi viaggi e della voglia di farcela da sola, lontana dalla Sardegna e dalla sua piccola e stretta realtà.
Inghilterra, Messico, Irlanda, Germania, tre lingue, forse quattro, un sorriso luminoso, occhi dolci e la simpatia di una cabarettista.
Mamma mia! Quanta luce!
Quanto c’è da fare, quanto si può salire? Quanto si può volare?
Lei mi ha spinta più su, ha ampliato le mie ali.

Non so, ha aperto nuovi cieli.

Avevo proprio bisogno di questo, l’universo mi ha ascoltato. Avevo bisogno di capire quanto avevo camminato e quanto ancora ci sarebbe da camminare. Affiancarmi a Giulia per qualche giorno, mi ha permesso di accendere nuove lampadine, nuove possibilità per me e la mia vita, nuovi colori sulla mia tavolozza e nuove idee per la mia opera d’arte.
Le alternative sono tante e tutte molto invitanti ma al momento c’è la voglia di esplorare questa terra ancora per un po’, c’è la data di ritorno, c’è la voglia di farcela.

Quella del ritorno è un’immagine sfuocata che spesso mi chiede chiarezza.

Io non la ascolto.
Io non la chiarifico.
Non è il momento.

Mi perdo volentieri in quei contorni poco chiari, colori sovrapposti e soggetti non identificabili. Il mio ritorno deve essere un altro viaggio e un’altra scoperta.
Non sono più per una vita programmata, mi rendo conto ora. Questo un po’ mi fa paura ma ne sono tremendamente orgogliosa.

Ho incontrato anche lui, nato in Svizzera ma cresciuto a Toronto. Ho parlato con il suo accento americano, affascinante e divertente. Per Jeffrey non era un problema dialogare passando dall’inglese allo spagnolo, dal portoghese al francese. Non era difficile capire l’italiano, una lingua espressiva e dolce.
Diceva.
Insomma, anche con lui le porte del mondo si sono aperte, nuovi stimoli sono arrivati forti e chiari e io sono stata inondata dal profumo e dalla fragranza del Canada.

Dalle lingue di tutto il mondo.

Per non parlare poi di Fai.
Ventisette anni, nato a Singapore, maestro di Yoga in India, approdato a Koh Phangan alla ricerca di relax e qualche scuola in cui insegnare. Molto tranquillamente. La proposta di un’amica l’ha guidato fino al centro Kow Tahm dove, come me, ha attraversato il silenzio.
Pazzesco parlare con i suoi occhi a mandorla, venire a conoscenza del significato dei suoi tatuaggi e delle sue credenze. Una persona che è stata in grado di spiegarmi la musica psichedelica, dando profondità ad un suono che avrei percepito piatto, noioso e monotono.
Anche lui mi ha aperto dieci mondi e li voglio esplorare tutti.
Si può?

Certo che si può.

La mia carica elettrica mi spaventa ma d’altronde è la mia verità. Io sono questo e troverò il modo per lasciarmi risucchiare da questi vortici di vita dal cielo senza perdere l’orientamento. Voglio salire e voglio vedere, voglio capire e continuare ad incontrare persone che arricchiscono il viaggio, che aggiungono mattoni alla mia casa.
Al mio mondo.

Erica, anzi Atmosferica.

Incontri passati e futuri.

Qualcuno potrebbe fermare il tempo per piacere?

Mi devi scusare ma sono giorni pieni. Ho la testa piena, il cuore pieno, le giornate piene e avrei un sacco di cose da scrivere. Forse però è stato meglio lasciar scorrere questi tre giorni liberi. Liberi da frasi, maiuscole, punteggiature e virgolette. Liberi da titoli e paragrafi, da grassetto e corsivo, da punti.

Ieri Luca è arrivato a Sydney. Un amico di Lecco, la mia città. Non ti dico che emozione ho provato quando l’ho visto uscire dalla hall dell’albergo. Saltellava sorridendo, come a dire “Ecco, sono arrivato!”
Ho sentito il cuore esplodere!
Starà qui un paio di settimane in vacanza, ha abbandonato per quindici giorni il lago lecchese per venire ad esplorare la baia di Sydney e dintorni.
L’ho trovato energico, pieno di curiosità, voglia di comunicare anche in inglese. Sono felice!
Da quando è arrivato mi sento più turista che viaggiatrice. Mi sembra di essere arrivata insieme a lui e voglio fare mio ciò che lui vede, sente, trova strano o particolare. Gli ho chiesto di esprimere a voce alta le sue osservazioni. Voglio capire come vede questa realtà diventata per me “normalità”. Sarà interessante. Mi è venuta la voglia adrenalinica di cercare qualcosa di nuovo e di provare qualche brivido. Si è accesa in me come una lampadina, una luce lampeggia come a dire “Emergenza!”. Luca ha conosciuto già qualche mio coinquilino, è venuto a casa mia ed è stato davvero strano dargli il benvenuto. Prima di salutarci abbiamo fatto due passi nella baia di Darling Harbour ed è stato interessante vedere dai suoi occhi la somiglianza tra Sydney e New York, ricordo sfuocato di quando era più piccolo.
Tra oggi e domani pianificheremo qualche gita e non escludo grandi cose.
Poi ti dirò…

Un quarto della valigia di Luca era occupato da una borsa che mi ha mandato la mia Mamma. Anche lì, emozione.
Quando l’ho aperta, mi è sembrato di toccare le sue mani e di sentire il suo profumo. Magone.
Delle creme, una giacca, dei maglioncini e il caricatore nuovo per il telefono. Mamma sei davvero magica. Grazie!
È stato bello vedere come sia possibile toccarsi anche a 15.000 chilometri di distanza. Ti ho sentita!

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È appena atterrata a Sydney Ilaria. Anche lei è una sorpresa, una magia e un’energia. Non ci conosciamo ma siamo molto connesse, veniamo dalla stessa città, paese. Lei arriva da nord dopo un’esperienza da sogno tra la natura del Queensland. Arriva con il suo zaino pieno di oceano e paesaggi magnifici, percepisco il suo senso di avventura e la voglia di affidarsi alle mani della vita. La ospiterò qualche notte e nel frattempo vediamo che succede.

Ti aspetto!

Quante persone!

Non sono abituata!

Insomma. Le ultime ore sono state un concentrato di emozioni e incontri passati e futuri. Sono scombussolata da questa giornata di sole non troppo caldo e dalla voglia di godermi ogni secondo prezioso.
Prometto di scrivere presto anche perché ne ho bisogno. Il potere della scrittura mi stravolge il cuore e mi libera l’anima. Benedetto quel giorno che ho deciso di iniziare a scrivere, condividere, riordinare e confidare.

Erica, anzi Atmosferica piena di vita!

Condividere è vivere.

Sono giornate piene di sorprese e ringrazio ancora una volta la vita perché mi sta offrendo quel che desidero.

Chiedi e ti sarà dato, anche oggi concordo. Anche oggi ci credo.

Cara Mammina, mi devi scusare se sono stata sfuggente nelle ultime ore ma incontri interessanti e dell’ultimo minuto mi hanno catturata. Ho parlato e ho avuto la possibilità di testare la mia crescita, mi sono confrontata e ho sentito di essere cambiata. Ho ascoltato e non sai come mi piace prestare attenzione nell’apprezzare chi ha da dirmi qualcosa. È solo condividendo emozioni e racconti che posso arrivare a qualche conclusione concreta, ad un’affermazione per me stessa. Su me stessa. A capire cosa si è mosso e smosso, a seguire la mia trasformazione. Mammina com’è difficile.

Avevo bisogno di passare del tempo con Elena, un’amica conosciuta a Perth durante i primi due mesi in Australia, incontrata di nuovo a Pemberton durante il lavoro in Farm e poi ancora qui, a Sydney. Pur seguendo strade diverse, abbiamo scelto le stesse tappe e gli stessi punti di sosta. Pazzesco non trovi? Qui stiamo conducendo vite diverse e separate, amici non in comune ma qualcosa di simile tra noi c’è. Dovresti vederla quando ride!
È leggera, aperta!
È così che ogni tanto passiamo qualche oretta insieme per raccontarcela, ci rilassiamo e respiriamo un po’ di aria di casa e di mare.
Lei è di Trento e non sai quanta gioia mi trasmette. Mi piace perché riconosce bellezza nelle piccole cose, in un prato verde, nel sole, in un cappuccino o in un gelato. È deliziosa come un biscotto al cioccolato. Ogni tanto si guarda attorno e si emoziona.
Quando riusciamo a conciliare i nostri orari lavorativi, ci sdraiamo al parco o in spiaggia e condividiamo tempo e vento, freddo e caldo.

Oggi invece, ho rinunciato volentieri al mio appuntamento fisso con lo Yoga per incontrare Nicolò. Sì Mammina, proprio lui!
Una conoscenza mai approfondita in Italia, nonostante vivessimo nella stessa realtà, oggi si è inevitabilmente fatta spazio tra i palazzi e la baia di Darling Harbour per farci incontrare. Dalla Brianza a Sydney, da così lontano a così vicino. Un appuntamento era obbligatorio.
Per forza!
Mammina mi sono sentita assai strana quando ho iniziato a parlare con lui. In un momento mi sono resa conto che era il primo volto “amico” che vedevo da quando sono partita. Gliel’ho anche detto e credo mi abbia capita perfettamente.
Lui è in Australia da due mesi ma penso che stava provando la stessa strana sensazione.

Ho visto in lui una persona già vista e semi-conosciuta in Italia e mi sono sentita diversa. Credo che qui, ho imparato ad andare oltre. Ci sono stati tanti ostacoli e forzate barriere nella realtà vissuta fino a prima della mia partenza, dove entrare in contatto con certe persone era o è quasi impossibile perché appartenenti a “gruppi”, “compagnie” diversi.
Una vera merda oserei dire.
Deve finire questa storia.
È limitante.
Abbiamo passato un paio di ore piacevoli e ci siamo fatti qualche risata fantasticando sul nostro futuro in Italia. Un grande dilemma che affronteremo con potente e pronta energia. Siamo carichi.

Grazie Nicolò, ci vediamo nei prossimi giorni! È stato piacevole  scoprire simpatia e timidezza, semplicità e racconti divertenti dietro a quegli occhiali specchiati come le vetrate di questi mille palazzi che chissà cosa nascondono.

In ultimo, cara Mammina, ti voglio raccontare di Marion. Lei è francese e lavora con me da una decina di giorni. Mi rendo conto di come l’inglese fluisce senza paranoie e senza blocchi con lei. Sono sciolta. Bella connessione. Ci correggiamo a vicenda se incappiamo in errori banali o madornali e mi piace anche esibirmi con qualche frase in francese. Le sparo all’improvviso, mi vengono talmente bene che lei ci rimane male ogni volta! Ride!
Dice che ho una buona pronuncia. Lei vive a Lyon e la sua passione sono i cavalli. È qui da soli due mesi e ne ha passate di belle.
Dovresti sentire i suoi racconti!
Mi ha anche confessato di essere arrivata a Sydney con soli 200 dollari e che ha vissuto giorni di panico alla ricerca disperata di un lavoro.
Ora è tutto risolto ma l’Australia senza una lira, deve essere tosta.
Lontananza, mancanza, inglese, le ore di fuso, solitudine e zero soldi.
Il delirio!

Beh Mammina. Condivisioni importanti, che ne dici? Mi sento viva e super energica. Sono sempre più consapevole di aver bisogno di semplicità e che a casa ne ho tanta che mi aspetta. Sono sempre felice di scriverti e scusami se ultimamente ti sto facendo sentire la mia mancanza ma quando ti parlo, devo e voglio ricercare la dovuta calma che meriti.

Ti amo!

Erica, anzi Il Tuo Granellino.

Vorrei incontrarti tra tre anni.

Eccomi!
Scusami!
Il venerdì è sempre super busy, come direbbero qui.
Significa pieno, impegnato, affollato.
Busy può essere un locale, una persona, una giornata…ecco.

Sono un po’ influenzata e il freddo sta arrivando. Mi godo la pace uggiosa di un pomeriggio d’autunno. Un sabato da cinema, una maratona di film in compagnia, commedie e drammi, lacrime e risate.
Uno sfogo e una coccola.
La vetrata è già buia e riflette la nostra immagine come uno specchio.

Ieri sera sono andata ad un evento yogi con la mia collega di lavoro, Sarah. In occasione del Full Moon Party, una serata tutta bianca accoglieva un centinaio di persone piene di energia e connessione. Un’ esperienza particolare, musica dal vivo, un giovane ragazzo ha parlato a inizio serata, un’ introduzione unificatrice e decisamente mai sperimentata prima. Dopodiché balli liberi, espressione del corpo, colori sulle facce sorridenti e pura vida.
Zero alchool.
Solo musica ed energia.

Già dall’inizio, la serata si prospettava speciale. A Bondi Beach il cielo mi chiamava, colori rosati e gialli si mescolavano senza sosta, nuvole fitte ricoprivano la luna piena che già dalle 18, era sopra la mia testa. Un cielo strano che apriva una serata strana, voleva dirmi qualcosa? Mi sono lasciata accompagnare, ho catturato tutto, anche quella foto di una comune via che però mi sembrava speciale. Ho aspettato un momento in cui l’immagine fosse come volevo, ma nemmeno troppo perché il cielo sarebbe cambiato nel giro di pochi minuti. Secondi.

Ho incontrato Jennifer, una ragazza italiana. Piemontese. Non ho approfondito la conoscenza con molte persone, lei però mi parlava con gli occhi e ho deciso di ascoltarla. Ho deciso di parlare anche io. L’atmosfera era bianca in quella sala di luci colorate, però, lei già si distingueva. Era vestita di un colore prugna, marrone, scuro comunque.
Ci siamo incontrate all’ingresso e poi di nuovo dentro, dove per caso ci siamo trovate sedute vicine. In attesa dell’inizio, eravamo tutti accomodati sul pavimento, tutti molto vicini. Già si sentiva un’unione strana. Coinvolgente.
Lei vive a Sydney da qualche anno, tramite ogni tipo di visto e poi finalmente uno sponsorship, è riuscita a rimanere nella sua amata città, che tanto l’ha cambiata e fatta rinascere. È tornata in Italia poche volte, qui è sempre stata troppo bene e ha sempre cercato e creato ogni soluzione per prolungare la sua permanenza. Mi sono bastati pochi minuti per sentirmi del suo stesso colore, sulla sua stessa frequenza.

Con la sorella ha viaggiato per l’Australia a bordo di un Van, ha gli occhi azzurri e i capelli rossicci, scuri. Abbastanza lunghi. Era elegante e profonda, era timida ma estremamente aperta. Occhi accoglienti. Percepivo il suo vasto ed esplorato mondo interiore. Lei sapeva.

Qui fa la maestra di Yoga, con il suo sorriso mi raccontava di quanto è grata a questa disciplina che le ha cambiato la vita. A causa della sua timidezza, non avrebbe mai pensato di arrivare ad insegnarlo, ma con grande gioia, oggi può trasmettere alle persone tutto il benessere e la magia che lo Yoga le regala.

Le ho parlato della mia personale esperienza. Anche io mi sento grata a questa sorpresa che è venuta a bussare alla mia porta in un momento di piattezza emotiva. È entrata nella mia vita in un momento in cui potevo capirla, la aspettavo e mi ha portato aiuto e sostegno. Fisico ed emotivo. Lo Yoga mi apre e mi fa sentire leggera, la sensazione che sento nel cuore è appagante e il cambiamento nei miei occhi e nel mio fisico è già evidente. Lo vedo. Ora mi vedo.

Abbiamo parlato poi di dove viviamo, abita nella mia stessa via.

Quando le ho detto il mio numero civico, ha sgranato gli occhi.
Quando le ho detto il numero del mio appartamento, è rimasta ancor più basita.

Tre anni fa, abitava nella mia stessa casa.
Piano 22, appartamento 146A.
Dormiva nella mia stessa stanza e come ha ben detto, questa casa ha una vista spettacolare sulla baia. Non la dimenticherà mai.

È stato strano.
Ero incredula.
Mi sono quasi rivista in lei, come sei lei volesse farmi vedere un po’ di quel che sarò tra tre anni.
Come se io stessi vivendo la sua vita di tre anni fa e fossi arrivata a lei per ricordargliela, qualche scena, la sua vecchia casa.

Una sensazione assurda. Uno scambio di realtà.
Mi sono anche sempre chiesta come starei con i capelli rossicci, scuri e lunghi fin sotto le spalle.

Lei mi ha fatto vedere che starei molto bene.

Namastè Jennifer.

Erica, anzi Atmosferica.

Bondi Beach e chiacchiere.

Nelle cuffie “Halo” di Beyonce e tra le mani una giornata da raccontare.

Spesso mi piace scrivere seguendo il ritmo di una canzone, fermarmi per ascoltare le parole o lasciarmi trasportare dallo scorrere della melodia. Oppure scrivo con il silenzio, l’assoluto silenzio, quando magari i pensieri non sono così rumorosi e una musica anche soft li potrebbe coprire.

Oggi ho trascorso un bellissimo pomeriggio in compagnia di una ragazza secondo me speciale. Bondi Beach è stato lo sfondo di una passeggiata lungomare proseguita fino a Tamarama Beach. Uno spettacolo, una chiacchiera dietro l’altra e un bellissimo sole tiepido.

Ilaria è un’archeologa ligure, sbarcata in Australia grazie alla vincita di una borsa di studio. Una persona solare e in dolce attesa, un piacevole incontro e una simpatica compagnia. Vive a Losanna e l’ho conosciuta per caso, come spesso accade quando non ci si aspetta niente ma si è aperti a tutto.

Ero a cena con un’amica da “Lentil as Anything”, tradotto “Lenticchie come Niente”, un locale alternativo di Newtown gestito da volontari. Solo o in compagnia, sai che ti troverai al tavolo con altre persone che non conosci, ordini uno dei tre piatti del giorno e prima di andare via, paghi la tua cena imbucando la tua libera offerta in una scatola posizionata all’ingresso. Un’idea unica e altruista che offre la possibilità di mangiare sano, abbondante e principalmente vegetariano, a chi voglia sperimentare e magari conoscere gente nuova.

Così è successo.
Ilaria si è seduta di fronte a noi quella sera e insomma…
Da cosa nasce cosa.

Ci siamo scambiate il numero di telefono e abbiamo fissato l’appuntamento a Bondi Beach. Una pista pedonale che segue il mare e le scogliere, offre relax e ossigeno. Un andirivieni di sportivi corrono al ritmo di musica e altri meno atletici, guardano all’orizzonte o si tuffano tra le onde schiumose. Il bus 333 ti scarica direttamente di fronte alla spiaggia piena di giovani e gente ancora vogliosa di piena estate, nonostante le temperature stiano iniziando ad abbassarsi. Il venticello solleticava la pelle, qualche brivido di freddo formicolava sulle braccia ma respiravo a pieni polmoni.

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Seguendo il percorso pedonale dalla spiaggia di Bondi si giunge a quella di Tamarama. Più raccolta, più tranquilla e per questo a mio giudizio più bella e rilassante. Una passeggiata curvilinea, piccole salite, discese e rampe di scalini di cemento, la rendono variegata e movimentata. La foto in copertina raffigura la classica immagine che si trova effettuando una ricerca sul web con parole chiavi “Bondi Beach”. Finalmente ci sono andata, quella foto l’ho scattata io da una prospettiva tutta mia, scegliendo l’inquadratura che più preferivo.

Finalmente!

Tra racconti di viaggi, realtà italiana e australiana, storie passate, famiglia, amici e sogni, ho trascorso un pomeriggio spensierato e interessante. Mi sono sentita turista ma a casa, in compagnia di una persona che aveva molto da dire, da condividere e curiosa di sapere di me, di scoprire cosa si nascondesse dietro ad un sorriso e degli occhi azzurri.

Come ho raccontato a lei, non ho mai avuto questa sensazione qui. Le ho parlato della superficialità dei giovani che ho conosciuto fino ad ora. È spesso mancata la voglia di andare oltre, di mettere in secondo piano domande sul tipo di visto, sulle intenzioni future.
Ma insomma!
Interessi, hobby, passioni, emozioni, sensazioni?

Con lei tutto ciò è uscito.
Sono felice di questo. Ho condiviso del tempo con una persona non banale che mi ha fatto scavare (non per altro è archeologa) nelle mie fortune e nelle mie esperienze. Mi ha fatto ripensare al bello e al brutto che sto raccogliendo da questa esperienza, mi ha fatto realizzare che un giorno tutto questo finirà e che ripenserò alla mia Australia con un cuore pieno di mare e sole, di viaggio, di pace, di chilometri e tramonti, di stelle, di città e paesaggi. Avevo per un attimo perso di vista il mio obiettivo, stava quasi diventando normale essere in questa terra. Lei mi ha fatto capire che sono fortunata ad avere del tempo da spendere qui, mi guardava con occhi curiosi e stupiti quando le ho raccontato del mio viaggio e proprio lì mi sono accorta di aver fatto una grande cosa, un grande giro.

Le ho detto che realizzerò la vera grandezza di quel che ho fatto, quando guarderò tutto da lontano. Quando un aereo mi porterà via e mi verrà voglia di andare ad aprire quel cassetto che porta l’etichetta di “Australia”, per tornare a sognare.

Le ho detto che renderò ogni giorno speciale, nonostante qui pochi capiscono cosa voglio dire. Le ho detto che ci vedremo in Italia, ci terremo in contatto e che magari andrò a trovarla in Svizzera dove vive in compagnia del suo fidanzato e dei suoi progetti sull’archeologia. Conoscerò il suo pargolo che nascerà in settembre e quando passerà da Milano, ci faremo una bella chiacchiera davanti ad uno Spritz sulla terrazza che si affaccia sul Duomo.


Grazie Ilaria per questa bella giornata.
Spero non ti disturbi l’idea di essere stata la protagonista del mio articolo di oggi ma, d’altronde, è il prezzo che pagheranno tutte quelle persone degne di nota che incroceranno la mia strada.

Erica, anzi Atmosferica.

L’incontro tanto atteso.

Il binomio famoso in tutto il mondo che affianca la parola “Australia” a quella di “Canguro”, non lo identificavo come veritiero fino ad oggi quando finalmente l’ho verificato con i miei occhi, con grande emozione.

Il fatto che in questa Grande Isola viva anche un cospicuo numero di marsupiali saltellanti, è risaputo ma diciamo che non è così scontato vederli e non è così facile creare un contatto con loro, avvicinarli e rendere il più lungo possibile quel momento tanto atteso e sognato.

Ci troviamo in visita a Cape Le Grand National Park, una distesa di chilometri quadrati di cespugli e alberi che si prolunga fino ad incontrare spiagge bianche o scogliere rosso mattone. È situato ad una cinquantina di chilometri dal centro della cittadella di Esperance e la giornata è ventosa, a tratti soleggiata ma non piovosa.

L’ingresso non è gratuito, 12 dollari per ogni veicolo. Successivamente al pagamento, la strada prosegue ancora per una decina di chilometri diramandosi in vie secondarie che terminano nel punto di osservazione, nella baia dotata sicuramente di nome proprio come ogni particolare ammasso di rocce rosse.

Abbiamo seguito inizialmente per Lucky Bay, la spiaggia fortunata. Sarà il nome, sarà che oggi era il giorno giusto, ma ancor prima di mettere piede nella baia ho allungato lo sguardo, ho superato il parcheggio, i cespugli… E li ho visti.

Saltellavano per pochi metri e si fermavano. Riprendevano a muoversi e poi si immobilizzavano di nuovo.

Non riuscivo a contornare la loro sagoma vista la lontananza di un centinaio di metri, ma li vedevo.

Mi sarei messa a correre per raggiungerli nel minor tempo possibile ma poi la mia parte razionale è intervenuta, suggerendomi di muovermi con cautela per non rischiare di vederli scappare via.

Erano tre. Uno di loro stava sdraiato sul fianco sulla spiaggia bagnata e bianca. Rimaneva impassibile ad ogni carezza e fotografia, trasmetteva calma e relax senza accennare il minimo fastidio. Era sicuramente abituato alla curiosità dei turisti, non era meravigliato nel vedere esseri umani. Il senso di meraviglia e stupore stava tutto dalla mia parte.
Alghe insabbiate e secche rendevano morbida la superficie su cui si riposava e non capivo se davvero fosse stanco o se stava lì con atteggiamento vanitoso ed esibizionista.

Vabbè, mi sono sdraiata con lui giusto per assumere un atteggiamento alla pari. Come per dire…

“Sono tua amica, non temere!”

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Altri due venivano nella mia direzione. Mi sentivo impacciata e non sapevo se fermarmi, se camminare verso di loro. Quando mi hanno raggiunta hanno allungato il muso verso l’alto, hanno annusato le mie mani e sono rimasti immobili per una fotografia.

La tanto sognata fotografia.

Forse cercavano cibo, forse volevano una carezza, oppure volevano solo farmi capire che non avevano paura di me e che quindi non dovevo averne di loro.
Non sapevo come toccarli, se toccarli, mi veniva da abbracciarli, e più che…

“Ciao bello!!!”

Non riuscivo a dire.

Di solito riesco a comunicare con gli animali. Soprattutto ultimamente i gabbiani e i pappagalli non mi intimoriscono più, sono figure famigliari con cui riesco a interagire tranquillamente.

I canguri erano una sorpresa, non ero pronta.

Questo magico incontro, è avvenuto dopo più di tre mesi dal mio arrivo in Australia e mi ha arricchita ma anche svuotata. Ora capisco il senso di quel famoso binomio e credo sia un perfetto abbinamento. Proprio oggi ho percepito questa terra come l’habitat naturale di questi vanitosi marsupiali. I canguri di Australia sanno di essere speciali e sono favorevoli a condividere la loro simpatia solo con chi non si dimostra troppo invadente.

Questa è la loro terra, la loro spiaggia, la loro baia.

Loro qui ci rimangono e ci vivono.

Tu, turista, vai e vieni. Sei di passaggio. Sei curioso. Entri una sola volta senza chiedere permesso pretendendo da loro immobilità e magari anche un sorriso. Vuoi parlare con loro e avere risposte.

Vuoi sapere di più senza renderti conto che il di più è lì, davanti a te.

AUSTRALIA – CANGURO

Da oggi, approvo.

Erica, anzi Atmosferica.

Non è un sogno.

Siamo in viaggio.

Vi scrivo dal sedile di sinistra, quello ricoperto da un asciugamano fantasioso mentre una pioggerella vaporosa si posa sulla grande finestra davanti a me. Piedi appoggiati sul cruscotto e, nonostante il brutto tempo, sento il mio corpo pieno di adrenalina. Il volume della musica è fissato come sempre sul 45 e anche se sono canzoni ascoltate fino alla nausea, oggi mi sembrano tutte nuove.

Guardando fuori da questa finestra che dà sul mondo, mi vengono in mente le parole di un personaggio che compare in “Waking Life”, guardato in campeggio con Matteo pochi giorni fa. Un film pieno di massime condivisibili, riflessioni importanti e assiomi di vita, che affronta il tema del Sogno. Quello che parlava era un uomo alla guida della sua macchina la quale aveva tutte le sembianze di una piccola barca a motore bianca e azzurra.
Da qui, mi sento un po’ quell’autista e anche se non sto guidando, la scena e i miei pensieri si avvicinano ai suoi e al sogno.

Vi trascrivo qui di seguito le sue parole, consigliandovi ovviamente la visione di questo film. Ormai lo sapete che mi piace darvi idee e spunti! Come dice Matteo, noi siamo la somma delle nostre esperienze e delle persone incontrate. Siamo una rete in continua espansione composta di emozioni altrui, consigli, suggerimenti e condizionamenti oltre che di tutto ciò che ci appartiene dalla nascita, dal sangue. Siamo un concentrato di quel che abbiamo visto, incontrato e vissuto e sarebbe bello, un giorno, unire tutte le nostre reti fino a formare un reticolato di condivisione che racchiuda il mondo intero.

“Io credo che il veicolo debba essere un estensione della propria personalità.

Questa è la mia finestra sul mondo, ogni istante è uno spettacolo diverso. Io magari non lo capisco, magari non sono neanche d’accordo con questo mondo, ma sai una cosa? Lo accetto e continuo a galleggiare.

Il viaggio non richiede una spiegazione, ma solo dei passeggeri.

È come arrivare su questo pianeta con una scatola di pastelli, c’è chi ha la scatola da otto pastelli e chi quella da sedici. Ma quello che conta è quello che fai, con i pastelli, con i colori che ti hanno dato. Non state a preoccuparvi di colorare fuori dai contorni, colorate fuori dai contorni, dico io, ma anche fuori dalla pagina! Non mettetevi limiti!”

Tratto dal film “Waking Life”

Mi rimarrà nel cuore Matteo insieme a tutti gli altri amici incontrati a Pemberton.

Triste ma magica Pemberton.

Ieri sera Stefania ha cucinato per tutti, era un mio grande desiderio. Lei ha un’attitudine particolare ai fornelli e quando la vedo concentrata, percepisco un talento innato. Penne con ragù (non mangiavo un piatto di pasta così buono da tre mesi) e patate bollite saltate in padella con sale e spezie. Ha cucinato per dodici persone ma non è stato un problema, è una grande.

Per chiudere in bellezza, ho deliziato gli altri con fragorose risate stando al gioco delle loro battute. Dovete sapere che ultimamente non ero più Erica ma…

…A SFERICAAAA…

😂

Vi garantisco che è stato un divertente pit-stop lungo tre settimane. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa ampliando la mia rete e io spero di aver fatto lo stesso con loro.

GRAZIE SFERICIIII…

🙂

Intanto Vando corre, tra poco toccheremo la prima tappa. Solo due ore di strada, poco più di 200 chilometri tra folte foreste secche e poche distese aride popolate da mucche nere.

Null’altro fuori ma l’infinito dentro.

Erica, anzi A SFERICAAAA!!

Tre mesi.

Si chiude il terzo e si apre il quarto.

Come ormai da tradizione, mi trovo il dodici di ogni mese a fare una bella riflessione insieme a voi.

La frase che ho sentito un miliardo di volte prima di partire, è stata:

“Che bella esperienza che stai per fare! Vedrai posti magnifici e conoscerai tante persone!

Partendo dal presupposto che ho intrapreso questo viaggio per conoscere prima di tutto me stessa, ho incontrato tante facce sì, ma pochi volti.

Pochissime anime disposte ad aprirsi a me e altrettante che mi hanno spinto a fare lo stesso. Un atteggiamento sempre solare ma riservato mi ha portato a interagire con molti ma a farmi conoscere da pochi. Credo che uno qualsiasi di voi che stia leggendo dal primo giorno i miei pensieri, mi conosca meglio delle centinaia di persone incontrate lungo la strada.

Poche hanno lasciato il segno, poche mi hanno incuriosita e a pochissime ho dedicato del tempo, prezioso. In parecchie circostanze ho preferito isolarmi, cercare punti di fuga e di sfogo solitari, ho ritenuto opportuno dedicare del tempo soprattutto a me stessa, cosa che in Italia non avevo mai fatto con la dovuta calma.

Ho imparato a selezionare e a non fidarmi troppo, ho scelto compagni di esperienza, casa e viaggio con l’istinto e fino ad ora, è stato un giusto stratagemma.

In Jason ho trovato un maturo appoggio, un’inaspettata accoglienza e, ad oggi, so di poter contare su di lui anche ora che sono lontana da Perth. Un giorno potrò magari ricambiare il favore facendogli da guida e consigliera, se deciderà di visitare il meraviglioso Stivale.

In Mattia ho trovato un compagno di viaggio all’altezza dei miei sogni e delle mia idea di Australia. È comprensivo, asseconda le mie pazzie con testa, si diverte con le mie battute e mi lascia nei miei lunghi e solitari silenzi. Inevitabili battibecchi sono all’ordine del giorno ma gestiamo tutto con leggerezza, consapevoli del fatto che tra qualche anno questo sarà un ricordo da brivido. Il viaggio.
Non so quanto cammino condividerò ancora con lui, non farò altro che ascoltare la vocina interiore seguendo le sue direttive. Fino ad ora lei dice che va tutto bene e che sto facendo la cosa giusta ma non si sa mai, forse un giorno vorrò proseguire da sola.
Sono davvero una peperina ma lui lo sa e si diverte tanto.

Qui a Pemberton, due anime mi hanno permesso di liberare la mia personalità e il mio carattere travolgente. So per certo di non essere una persona facile e posso risultare troppo aperta per chi è troppo chiuso, o troppo felice per chi ama la propria tristezza.
Sono arrivata alla conclusione che sono per pochi. Pochissimi.

In Matteo ho trovato complicità e amicizia, confidenza e comprensione, maturità e riflessione. Abbiamo parlato di aspetti della vita prendendo spunto da fatti accaduti o trame di film visti e non visti. Mi stupisce con le sue citazioni, con la sua curiosità e voglia di evadere pur sentendosi bene in compagnia. Mi sono trovata con lui a parlare in riva a un lago e a guardare un film sul tetto di un treno abbandonato. Non scherzo.

In Stefania, infine, ho trovato una neo-zia amante della vita. Occhioni grandi ed espressivi che quando parlo mi risucchiano l’anima. Ci prendiamo i nostri momenti di chiacchiera e confidenza da Donna a Donna. Ci stiamo conoscendo e i suoi racconti mi portano in altre dimensioni. Poche volte mi è successo prima. Ama l’amore, la famiglia e la moda. Una gita a Trento, sarà d’obbligo al mio ritorno.

Ecco, quindi, a voi chi mi ha lasciato del bello, regalato del buono e ascoltato nel giusto modo e momento. Le figure maschili sono in netta maggioranza questo perché le donne probabilmente fanno più fatica ad avvicinarsi a me e alla mia esuberanza. Sono più scontrose e, al primo impatto, possono sicuramente pensare che un po’ vanitosa lo sono. La cosa buffa è che in Italia accade il contrario, ho molte amiche che si lamentano della mia assenza chiedendo disperatamente il mio ritorno. Loro hanno imparato a conoscermi negli anni e so che se dovessero descrivermi, mi paragonerebbero ad una rossa scatola di cioccolatini al latte: estremamente dolce, presente nel momento del bisogno, giusta per ogni occasione, dura fuori ma cremosa dentro.

Beh, ragazze mie,

sono una Donna,

non una Santa…

…proprio come voi.

Erica, anzi Atmosferica al latte.


Tanti auguri Francesca. Ti mando un dolce pensiero in questo giorno speciale, di sole. Fatti coccolare dalle onde e lasciati andare, un po’ come un marinaio che naviga in mare. Sii sempre padrona della tua barca e punta dritto all’orizzonte dove niente ti può ostacolare ma solo, magari, un temporale che passerà perché poi uscirà il sole.

Ti voglio bene amica mia.

Non sottovalutare mai la tua potenza.

❤️

Due scarpe appese.

Incuriosita e sorpresa, ho digitato su google queste parole:

“Scarpe appese fili corrente”

Ho scoperto che dietro a questo fenomeno, si nasconde un’arte, una storia, un racconto.

Lo “shoefiti”, racchiude in sè l’unione di due parole ovvero “shoe” (scarpa) e “fiti” (graffiti). Come potete apprendere, l’etimologia della parola spiega già molto. L’iniziativa ribelle di lanciare le scarpe legate da un laccio verso il cielo, nasce per la prima volta negli Stati Uniti e si diffonde poi in tutto il mondo.

Anche qui, a Pemberton, nel Western Australia, un signore che portava ai piedi scarponcini marroni da lavoro, ha deciso un giorno di liberarsene. Magari l’ha fatto per festeggiare un evento particolare, un nuovo lavoro o il matrimonio, magari per rendere nota a tutti una sua cattiva intenzione.

Dietro a due scarpe appese ai fili dell’alta tensione, si celano decine di leggende metropolitane che parlano di fatti positivi come avvenimenti importanti e nuove scoperte, come di spiegazioni raccapriccianti legate alla droga o a segnali in codice per ladri e malviventi.

Come sempre però, voglio viaggiare liberamente dando, a quel che ho visto e che noto ogni giorno camminando sulla strada, una motivazione tutta mia. Non mi interessano le teorie inventate nel corso degli anni perché tali rimarranno senza mai permettermi di sapere se quella vera è una, qualcuna o nessuna.

Era un uomo, sulla cinquantina.
Aveva lottato tutto il giorno contro il caldo infernale e contro quel sole che batteva sulle sue spalle, in quel campo immenso pieno di mucche rinchiuse a pascolare.
Sentiva i piedi caldi e costretti, chiusi e sudati. Avrebbe voluto toglierle quelle scarpe, avrebbe voluto sentire l’erba solleticare.

Quella sera, una strada in salita lo portava a casa e sentiva la sua vita scorrere sotto quel tocco rigido di passi veloci e stanchi.
L’asfalto emanava il caldo assorbito in una giornata e lui ancora pensava, pensava ma non agiva.

Visti i cavi dell’alta corrente, ha deciso bene di agire. Un filo alto nel cielo, avrebbe potuto liberarlo per sempre da quella sensazione di costrizione. Ha levato le scarpe dai piedi, con un laccio ha fatto due nodi. Le ha lanciate, urlando di gioia e finalmente si è sentito potente, quasi un mago, sorprendente.

Ha scelto il punto più alto e visibile a tutti. Un equilibrio impossibile ma realizzabile. Tutti quelli del Paese le avrebbero viste e avrebbero pensato…

“Pensa te, quel pazzo trasandato..”

Voleva farsi vedere tenendosi nascosto, liberarsi in alto e non buttarle in fondo ad un fosso.

Sono rimaste lì per anni, e resteranno lì per altrettanti. Ogni giorno, quell’uomo sulla cinquantina va a lavorare nei campi ricordandosi sempre di quei pensieri emozionanti. La libertà prima di tutto, poi il lavoro. Il solletico dell’erbetta fresca sotto ia piedi e il calore dell’asfalto sono ogni giorno per lui i due rimedi, dei magici antidoti o come dire, i suoi amici veri.

Io quell’uomo l’ho forse visto, e forse l’ho pure conosciuto. Chi lo può sapere. Ogni giorno è buono per poterlo incontrare.

Non avrei molte cose da dirgli se non…

“Complimenti Professore, da quelle scarpe appese, apprendo che avrebbe molto da insegnare!”

Erica, anzi Atmosferica.

L’artista di strada…

…mi ha sempre colpita, affascinata e incuriosita.

Di qualsiasi strada si tratti, in qualunque città si trovi, è una figura ricorrente, non manca mai e regala magia e rende ricca una via, deserta.

Puntualmente.

Per artista intendo chiunque abbia voglia di regalare, di sedersi sul ciglio della strada donando quello che di più genuino e profondo ha, non pretendendo nulla in cambio. Nel caso, una libera offerta.

A questo proposito voglio dire che donare il “vero” non è mai semplice, nemmeno quando si tratta di scrivere. Non è facile.

Una moneta, quindi, io la lancio sempre.

C’è chi suona la chitarra, chi suona il piano o il bongo. L’artista giovane, l’artista tondo. Quello che canta con un filo di imbarazzo, il mimo, la sfera, il pittore o il ritrattista, il povero anziano che gonfia palloncini vestito da pagliaccio e quello vestito da Babbo Natale. Che spasso. Un gruppo di giovani viaggiatori che arrivano chissà da dove o che si sono incontrati strada facendo, i due amici da una vita che vogliono solo fare quello, cantare per la strada. Fare bordello.

Mi sono sempre fermata ad ascoltare una bella voce, o a lasciare una piccola moneta nel cappello cappello. Di seta.

Il talento va premiato.

Qui a Perth è pieno di artisti di strada.
Il pomeriggio cantano o suonano nelle vie principali del centro, la sera a Northbridge dove ci sono i grandi locali e i frequentati punti della movida australiana. Quella volta ci siamo fermati, con le nostre mani seguivamo il ritmo scandito dai tamburi. Liberavano in aria farfalle colorate, luci velate. Erano ragazzi giovani e suonavano per stare bene, per farti stare bene.

Noi stavamo bene.
Io stavo bene.


Qui di seguito, una mia nota scritta il 2 Marzo 2015 a Milano:

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele.

Passeggiando per Corso Vittorio Emanuele mi sono fermata ad ascoltare un artista di strada che suonava splendidamente la sua tromba. Uh come la suonava.

Era accompagnato da una melodia musicale di una famosa canzone di Rhianna e creava un’atmosfera fantastica, incredibile, emozionante. Non faceva nemmeno troppo freddo ma, nonostante ciò, lui suonava con degli occhiali scuri a coprire il viso e, come se non bastasse, un nero cappuccio sul capo.

La faccia non si vedeva ma il suo talento sì.
Quella moneta la meritava.
Eccome se la meritava.

Ad un certo punto un senzatetto è passato di lì.
Ciondolava e barcollava, era strafatto di chissà quale sostanza. Urlava, gesticolava.
Deridendo l’artista di strada, si è avvicinato dal dietro, a piccoli passi quasi per beffa, senza rispetto.

“Coglione! Levalo il cappuccio… Almeno ti si vede in faccia!”

Con un gesto distratto e violento gli ha toccato il capo.

L’ha spento.

Non potete capire come quella scena mi abbia stretto il cuore.
Avrei voluto urlare.

Il musicista è rimasto a bocca asciutta senza nemmeno riuscire più a suonare la sua tromba.
Stava senza fiato.
Io l’ho sentito.

La sua risposta però è stata grandiosa…esemplare.

“Cosa te ne frega della mia faccia? La musica è fatta per ascoltarla. Quando apprezzi un quadro, lo apprezzi e basta senza aver visto la mano del pittore. Lo guardi e l’arte ti piace, senza domande, senza risposte. L’arte è fatta per creare emozioni e tu, ora, le hai rovinate a me e a tutti quelli che mi stavano ascoltando senza pretendere di vedere il mio viso”.

Con aria rassegnata..il musicista ha chiuso la sua valigia e se n’è andato.

Sono contenta però…
Un caffè gliel’ho regalato.

Erica, anzi Atmosferica.