Sinonimi e contrari.

Come sempre tutto parte da una foto.

AVOCADOS

RISO

SALMONE

Niente male direi. Ora che abbiamo la fortuna di avere SEI MILIARDI di avocado tra le mani ogni giorno, possiamo anche permetterci un risottino come si deve.

Come il papà mi ha insegnato, ogni piatto deve essere prima che buono, bello da vedere. Una palla di riso ben ordinata, salmone in posizione stellare e qualche lunetta di avocado a guarnire il tutto.

Mi sono dilettata nella cucina e per una volta mi sono pure divertita. Generalmente ci accontentiamo di pasti semplici, un piatto di pasta o una bistecca con una manciata di insalata. Mattia di solito è lo chef della situazione e non mi posso nemmeno lamentare. Quando facciamo la spesa ha sempre buone idee e non ci facciamo mancare niente! Dolci, frutta, verdura, carboidrati, pesce, carne e dolci.

Ah, scusate la ripetizione.

Oggi è domenica e noi lavoriamo. In questo periodo arriva molta frutta da imballare e noi abbiamo pensato bene di dimostrarci super disponibili anche per i giorni festivi.

Vi devo parlare ancora dell’ambiente di lavoro ma posso iniziare con l’argomento “COLLEGHI”.

Già mi compare un sorriso in viso.

Siamo un gruppo di dieci, dodici al massimo. Un ragazzo tedesco, un francese, io, Mattia, Tommaso e sei barra sette asiatici.

Scusate se generalizzo con la parola “asiatici” e scusate se non so il numero preciso. Al momento faccio fatica a capire da quale parte provengano e non riesco nemmeno a contarli con precisione senza averli sott’occhio. Sono molto simili tra loro e per noi europei, sapete meglio di me che è difficile identificare di primo acchito da quale stato provengano. Sono certa che non ci siano giapponesi ma per il resto devo ancora indagare.

Hanno un visto simile al nostro che gli permette di lavorare, studiare e viaggiare ma ho potuto constatare che vengono in Australia solo per guadagnare il più possibile per poi tornare nel loro Paese. Fanno fatica a parlare inglese e immagino che per loro sia molto difficile impararlo. I suoni sono totalmente diversi, un altro mondo per loro e non esiste parola che potrebbe ricordarne una familiare.

Noi siamo fortunati:

Cavallo – Horse

Freddo – Cold

Donna – Woman

AHAHAHA

🙂

Beh insomma, per noi è tutta una questione di sinonimi e contrari. Per loro deve essere un gran casino.

🙂

Lavorano come macchine ed è davvero impressionante vederli all’opera. Fanno il lavoro di tre persone nella metà del tempo e sono supervisori. Niente gli sfugge, sono attenti e precisi.

Quante volte mi sono ritrovata a chiedere aiuto. Il rullo continuava a sparare avocado a raffica, non riuscivo a stare al ritmo e come mi hanno detto di fare in caso di bisogno, ho urlato:

“CAN YOU HELP ME???”

Bastano trenta secondi e ogni problema è risolto. Uno di loro corre in soccorso, lasciando per un momento il proprio posto incustodito. Sono davvero micidiali, delle macchine da lavoro.

Sono riuscita a scambiare due parole con una collega. Ha detto che è in Australia da due anni e lavora in quell’azienda da più di un anno. Vedevo scorrere nei suoi occhi solo due parole, anzi tre:

LAVORO – LAVORO – LAVORO

Lavorare con loro sarà interessante, ho la curiosità di conoscere la loro cultura e di capire la loro filosofia di vita. Quando capirò qualcosa di più, sarete come sempre i primi a saperlo…

Ora corro, stanno per accendere i rulli!

Erica, anzi Atmosferica.

Immenso cielo.

Certo che dormire in Vando, è davvero un’esperienza che non dimenticherò per il resto della vita. Ormai da un mese, è il mio letto, la mia casa, la mia valigia e il mio compagno di viaggio. È un angolo di pace e di ispirazione, mi coccola e mi riscalda. Mi fa compagnia quando dormo e quando scrivo. È tanto comodo.

Oggi mi sono svegliata con il dolce rumore della pioggia che si infrangeva sul tetto e le goccioline sul vetro a dieci centimetri dal mio naso mi hanno dato il buongiorno insieme all’atmosfera uggiosa di questa giornata.

Ricordo quando dormivo nella mansarda di casa e mi svegliavo a causa dei lampi e dei tuoni, intensificati dalle travi in legno e dagli oblò vetrati sul soffitto in pendenza. Mi ricordo quanto mi piacesse ascoltare il rumore della pioggia, rimanendo immobile sul letto, godendomi ogni singola goccia. Mi lasciavo cullare la sera addormentandomi in pochi minuti e la mattina…

tic

tac

tac

tic

Che bel risveglio.

Pensavo alle quantità di acqua che il cielo stesse riversando e a quanto fosse triste o talmente felice al punto di piangere. Amavo dormire all’ultimo piano della casa, quello più alto e verso il cielo, e non mi alzavo dal letto senza prima averlo ascoltato.

Mi sento un po’ così anche qui. Appena apro gli occhi, il cielo mi sbatte la sua luce in viso e sto imparando ad avere un buon rapporto con lui, accettando ogni giorno i suoi capricci e le sue gioie.

Ho visto tanti cieli qui.

Spesso di un azzurro inteso, poche volte capriccioso come oggi. L’ho visto in tutto il suo splendore nelle notti stellate in campeggio dove, appena cala il sole, il buio fitto permette di captare i miliardi di punti luminosi che brillano più del solito. Un po’ come quando dicono che se vai nel deserto, vedi tutte le stelle più luminose.
Beh, nel deserto non ci sono ancora andata ma vi assicuro che la vista da qui, è spettacolare.

Ho visto nuvole immense correre insieme a noi nei nostri lunghi viaggi, ho dato a loro una forma, un nome e una vita. Qui il cielo è diverso, è più grande e più alto. I nuvoloni che coprirebbero un’intera città, qui sembrano piccoli, irrilevanti.

È proprio vero che la grandezza del contenuto dipende SEMPRE dal contenitore.

Mi è capitato di guardare all’orizzonte del mare e di fare un confronto tra la vastità dei due infiniti. Quante volte il cielo si superava, lo superava e lo schiacciava.

In Australia è tutto più grande e mi sento sempre piccolina ogni volta che mi concentro su quel che mi circonda. Distese di mare, di cielo, di sabbia o di erba secca portano i miei pensieri lontani vogliosi di raggiungere quella riga netta e orizzontale che mette fine alla mia corsa.

Ogni passo che fai, sposta la linea un passo più in là. Non ci sarà mai un modo per raggiungerla.

Il cielo non ha limiti, non conosce spazi e confini. È veloce ma anche molto lento e può riempirsi di un pianto che può durare giorni, come di una felicità ogni volta colorata.

Voglio assomigliare un po’ a lui, non voglio avere confini ma solo orizzonti irraggiungibili. Voglio conoscere la mia tristezza e farla sgorgare in un pianto, voglio essere radiosa come quel blu intenso e ricoperta di grandi nuvoloni che corrono via a velocità supersoniche.

Voglio cambiare ogni giorno, stupire chi mi guarda e regalare sorprese. Voglio essere immensa, alta e luminosa. Voglio colorarmi di blu, di bianco, di azzurro e di grigio. Voglio essere di un nero impenetrabile ma limpida e trasparente. Voglio vedere paesaggi magnifici e viaggiare sopra ogni bellezza del mondo. Voglio vedere, scrutare ed esaminare tutto dall’alto senza mai perdere la visione del tutto. Voglio volare insieme ai gabbiani e stare seduta su montagne di un soffice bianco. Voglio rotolare, riposare e cadere giù con la pioggia rimbalzando sopra a una nuvola di passaggio.

Voglio anche essere uggiosa e grigia perchè tanto poi…

…esce sempre il sole.

Erica, anzi Atmosferica.

Fiume in piena.

Cari curiosoni, eccomi con gli aggiornamenti sul lavoro. Vi comunico che stiamo lavorando a pieno ritmo e quantità industriali di Avocados ci ricoprono fin sopra la testa ogni giorno.

Non avrei mai pensato di trovarmi a nuotare in una piscina di frutti verdi, Mattia nemmeno. Ne parlavamo oggi mentre cercavano di scambiare due chiacchiere sovrastate dal rumore dei rulli.

“Chi l’avrebbe mai detto! Io davanti a te, a smistare Avocados che scorrono come un fiume in piena sui rulli del Western Australia.”

Gli ho detto sogghignando.

🙂

In una frazione di secondo ho ripassato una decina di immagini che ritraggono la mia quotidianità degli ultimi tre mesi.

Quante realtà ho attraversato.

Casa Lecco, Lavoro Milano, Partenza, Casa Perth, Lavoro Perth, Viaggio, Vando, Lavoro Farm, AVOCADOS!

Proprio così amici. Frutti verdi, separati per grandezza, scorrono su tapis-roulant arrivando fino a noi a grande velocità.

Quello che dobbiamo fare è:

accogliere ognuno di loro tra le nostre mani e posizionarlo ordinatamente in un box.

La classica scatola di frutta che vedete su una qualsiasi bancarella.

Nulla di speciale.

Prima di considerare l’avocado DEGNO di far parte del settore PREMIUM, dobbiamo verificare con vista e tatto, che non sia ammaccato, rosso, giallo, macchiato o di un verde troppo chiaro. In quel caso, si scarta.

Quando il rullo li spara come proiettili, non è semplice starci dietro. Bisogna rispettare i ritmi della macchina, vietato fermarsi.

Se rallenti, verrai sommerso.

Se vai veloce…

Niente, non succede niente.

🙂

Dieci ore davanti al rullo, sono abbastanza alienanti.

Stessa visuale, stessa posizione e tanti, tantissimi, milioni, miliardi di Avocados.


Un vero sballo! Un lavoro vario e dinamico, a contatto con la gente e per nulla noioso!


Noi però siamo forti, energici e giovani. Siamo assunti regolarmente, ogni mercoledì arriverà il bonifico che ripagherà tutta la fatica, lavoreremo sei giorni su sette questa settimana e siamo solo all’inizio! La paga è buona, l’ambiente molto amichevole e finalmente stiamo lavorando in quelle tanto rinomate Farm d’Australia.

Che soddisfazione.

Ho altri aneddoti sul lavoro, sulle nostre giornate e sui nostri colleghi. Oggi finiremo di lavorare nel primo pomeriggio, quindi finalmente potrò prendermi il mio tempo per scrivervi.

Da Avonova è tutto, ci sentiamo domani.

Erica, anzi Atmosferica.

This is my mother.

Quando penso alla mia mamma, vedo quegli occhi pieni di luce che sgorgano in amore immenso. Sono lontana da lei, ma questo viaggio mi sta facendo sentire la sua speciale vicinanza che si riflette ogni giorno in un legame profondo.

La mamma, quella che sa tutto anche se non le dici niente, non ha bisogno di parole per comprenderti e per interpretare ogni tuo stato d’animo.

La mamma sa e sente sempre tutto.

Con lei ho un rapporto amichevole e solare, tante volte l’ho inclusa e coinvolta, altre l’ho lasciata fuori. Non perché non volessi renderla partecipe ma perché non volevo sentisse la mia sofferenza.

La mia mamma…

…che se gioisco, gioisce il doppio di me e che se sto male sta male il doppio, compie oggi cinquant’anni, esattamente il doppio dei miei.

Ma caspita sei giovanissima!

Ci unisce il mese di gennaio gelido ma pieno di calore, ho preso da lei l’entusiasmo e la forza di un uragano. Sia chiaro che per lei non è un giro di boa ma una nuova partenza, un nuovo salto e una nuova scommessa.

Ha donato la vita a quattro figlie, imprimendo in noi un’educazione stabile e corretta ma piena di sole. Un sole speciale che leggi nel suo sorriso e nella sua fragorosa risata.

Quante volte ha avuto bisogno del mio amore…

…ma solo ultimamente, mi sto lasciando andare tra le sue braccia. Sono sempre stata una figlia sfuggente, mai troppo bisognosa del suo cuore.

Voleva coccolarmi, io scappavo.

Voleva parlarmi, io mi chiudevo.

Non sempre, ma spesso.


Ora, mamma, sappi che ho bisogno delle tue carezze e amo parlare con te. Non vedo l’ora di cantarti tanti auguri e augurarti altri centocinquanta anni pieni della tua forza e della tua voglia di volare.

Sai, in questo siamo simili. Sono convinta che sto planando sulle creste delle nuvole anche per te e sappi che sento la tua forza che ogni giorno mi spinge sempre più su, ma mai così vicina a te.

Ti auguro buon compleanno dal profondo del mio cuore, mamma, e se anche questo fuso orario non mi permette di soffiare insieme a te le candeline, sappi che sei la più bella del mondo.

Sii sempre orgogliosa di quello che sei e di quello che hai creato. Il tuo fertile amore, insieme a quello del papà, ha cresciuto le nostre anime senza mai farle sentire aride.

Grazie MAMMI, buon compleanno.

I love you.

Avocando.

Dovrò abituarmi da oggi a cambiare le mie abitudini modificando anche le vostre. Iniziando a lavorare la mattina presto, non potrò più avere il mio appuntamento fisso con voi verso le 11 del mattino (ora australiana). Generalmente mi chiudevo nel mio angolo di pace per scrivervi ma ora, dovremo cambiare i nostri rituali cari amici.

Ma è bello anche così no?

Tanti di voi mi dicono che “mi leggono” al risveglio, di prima mattina. Questo è sempre stato per me un grande onore, potervi regalare un racconto o un’emozione appena suona la sveglia, è una vera figata. Solo il pensiero mi carica come un missile.

Probabilmente potrei diventare la vostra buonanotte invece che il buongiorno. Come vi sembra l’idea?

Gli orari di lavoro saranno condizionanti ma a noi, non interessa! Ci sentiremo comunque.

Andando con ordine…

Ieri è stata una giornata che non basterebbero dieci giornate normali per raccontarla. Troppo intensa, troppo lunga, troppo, troppo di tutto.

Voi siete rimasti che stamattina dovremmo andare a fare una prova di lavoro in un vigneto (winery).

Bene.

Non è più così!

Andiamo a impacchettare avocado.

Un amico francese del gruppo, una volta tornato dal lavoro, ha subito chiesto a me e Mattia se stessimo cercando un’occupazione. Siamo gli ultimi arrivati e giustamente, sapendo che il suo responsabile stava cercando personale, ha interrogato noi appena arrivato in campeggio.

“Il mio capo sta cercando due persone che inizino già domani. Sareste interessati?”

“Cosa?”

“No aspetta.”

“Con ordine.”

“Calma e sangue freddo.”

Io e Mattia siamo balzati sull’attenti, quella domanda ha trasformato per l’ennesima volta i nostri stati d’animo. È impressionante come qui possano cambiare le carte in tavola nel giro di pochi minuti e ti puoi ritrovare a prendere una decisione che cambierà il corso delle cose. Inevitabilmente.

No uva.

Sì avocado.

No picking (raccolta).

Sì packing (imballaggio).

Fino a un minuto prima, il programma era quello di andare in vigna a fare una “prova di lavoro” non pagata.

La situazione ora si era ribaltata. Philip sarebbe venuto a prenderci alle ore 8.00 e ci avrebbe mostrato la strada per raggiungere la Farm. Il lavoro sembra già sicuro senza prove del caso e la paga buona a giudicare da quel che dice il nostro amico Damien.

Lui lavora per lo stesso farmer da due mesi, è assunto in regola, non ha mai avuto problemi e complicazioni. Si trova bene con il suo responsabile tanto da avere un rapporto tranquillo di fiducia.

“Forse è meglio accettare questo lavoro.”

Abbiamo accettato.

Stamattina alle 8.00 ci troveremo con Phil il quale ci farà strada. Sono gasata ed emozionata, tanto da essermi svegliata prima per scrivere. Vi spiegherò bene quali saranno le nostre mansioni e mi divertirò un mondo nel raccontarvi altri aneddoti.

Sono felice di iniziare a lavorare. Ho bisogno di incanalare l’energia in un’attività proficua. I ragazzi qui, lavorano tutti e li ho appena sentiti andare via in macchina.

Chi raccoglie avocado, chi lamponi e chi mele.

Sveglia alle 5, partenza alle 5.30!

Non si scherza.

Un’altra grande notizia è che tra noi ci sono anche due ragazzi inglesi. Provengono entrambi dall’Isle of Man (Isola dell’Uomo), situata tra Irlanda e Regno Unito.

È stato carino scambiare due chiacchiere con loro, ed è divertente lasciare l’inglese libero di esprimersi. Parlavo e mi lanciavo come quando un piccolo bimbo sta imparando a camminare e pretende subito di correre. Mi piace anche come loro ironizzino sulla pronuncia di noi italiani, dovendo ammettere però, che non è niente male!

Bene amici, ora devo prepararmi per ANDARE AL LAVORO!

Sono emozionata come per il primo giorno di scuola elementare.

Calma e sangue freddo.

Erica, anzi Atmosferica.


→ In foto il mare di Busselton. A 50 chilometri sopra le nostre teste. Quando l’ho visto, da quella prospettiva, quelle canoe gialle e blu che si rilassavano sulla riva creavano un quadro perfetto.

Al parco giochi.

Sono le 10.51 e se la giornata finisse ora, andrei a letto felice. La sveglia alle 5.30 suonava insistente, chiedendoci di aprire gli occhi e metterci alla ricerca.

Le Farm aprono i lavori alle 6 della mattina ed è stata la nostra strategia quella di svegliarci con i lavoratori e presentarci a inizio giornata.

Ci sono vari pareri per quanto riguarda la ricerca del lavoro in Farm. C’è chi dice che sia giusto presentarsi la mattina presto per sottolineare motivazione ed entusiasmo, c’è chi sostiene che per avere attenzione sia meglio bussare alla porta delle aziende dopo pranzo. Noi abbiamo optato per la prima filosofia.

Oggi in Australia si celebra l’Australia Day, la festività in corso ci ha fatto trovare molti cancelli chiusi lungo la strada ma l’unica azienda che abbiamo trovato aperta è stata la nostra fortuna, almeno oggi.

Tre ragazzi facevano colazione con un cappuccino, un avocado sulla scrivania ha portato la mia logica a pensare che lì coltivassero quel frutto, le piantagioni erano nascoste dietro al tendone bianco.

Con aria simpatica, ci hanno detto che non avevano lavoro da offrirci ma il biondo, si è fatto avanti suggerendomi di chiamare un suo amico, Justin.

“Lui credo stia cercando personale per la raccolta dell’uva. Ecco il numero… E buona fortuna!”

Vista la poca speranza di parlare con qualcuno, abbiamo subito chiamato Justin.

Vai Caro Justin, facci sognare!

Vando al lato della strada, Mattia si è allontanato per concentrarsi e dalla sua esclamazione di fine telefonata, sembrava che fosse stata positiva.

Dopo un’ora, il cielo nuvoloso si è aperto e l’ottimismo ha avuto la meglio. Un messaggio di Justin diceva che domani dovremo presentarci alle 6 di mattina in vigna, con una prova di un giorno testeranno se siamo bravi lavoratori e se andrà bene, avremo un lavoro.

E ANDIAAAAAMO!

Per quanto riguarda la permanenza a Pemberton, si sta rivelando molto divertente. Una compagnia cospicua di italiani provenienti da ogni parte dello stivale, ci ha accolto con grande entusiasmo.

Sì lo so, starete pensando che un gruppo di italiani era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno.

E invece no.

Parlando per me, avevo la necessità di ritrovarmi a ridere in compagnia e a sentirmi parte di un caloroso gruppo. Siamo tutti qui, sembra un reality show in cui il nulla costringe a dialogare, conoscersi moltissimo in pochissime ore. La LITTLE ITALY mi sta facendo tornare bambina, mi ritrovo a parlare di viaggi e strane esperienze seduta su un’altalena rendendomi conto di quanto sia bella la semplicità di dondolare con il vento tra i capelli. Rido come una matta alle battute di Matteo e Tommaso, i due simpaticoni del gruppo. La dolcezza di Stefania mi ricorda la mia amica Alice anche nella conformazione del viso e del nasino a patatina, la semplicità di un parco giochi con la sabbia bianca, ci riunisce tutti per lunghe ore senza bisogno di niente.

Discorsi sul senso della vita e sul motivo delle nostre partenze mi appassionano, il gioco delle carte mi rende spensierata e forse avevo proprio bisogno di questo. Sì.

Anche dagli italiani ho molto da imparare, ognuno ha la propria cultura e la propria storia e ascoltare il vissuto delle persone qui, mi emoziona. Prima di scrivere e di raccontarmi mi piace ascoltare.

Buona giornata cari amici, un saluto dall’unico parco giochi di Pemberton.

Erica, anzi Atmosferica.

“Mangia, prega, ama.”

 

Il cielo nuovamente nuvoloso e un risveglio poco piacevole causato del problemino che si presenta puntualmente ogni mese a noi donne, non mi fanno sentire al massimo della mia energia.

Voi donne mi capite!

Ti svegli, un giorno, e ti senti come se un trattore ti fosse passato sopra al corpo durante la notte. Sensazioni di gonfiore coordinate a fame compulsiva, sono ordinarie. Un leggero senso di fastidio nella parte bassa del ventre può diventare un dolore insopportabile e la cosa brutta è svegliarsi di notte con fitte che vanno a toccare le ginocchia.

Ahi ahi.

Che ne dite, l’ho descritto bene il dolore fisico unito al senso di insofferenza psicologico?

Voi uomini, che ne volete sapere! Dovete solo lasciar sbollire ogni nostro stato d’animo negativo e cercare di essere un po’ coccoloni e comprensivi.

La donna che si sente capita, elimina automaticamente il 50% dei dolori dal proprio corpo, attiva il senso collaborativo e metabolizza lo stress velocemente senza rendere la situazione troppo pesante.

Volete sapere se mi sento capita dal mio compagno di viaggio?

Mattia è molto comprensivo! Mi ha ceduto la sua metà di letto proponendo uno scambio, magari avrei dormito meglio. Mi lascia i miei tempi e i miei spazi. Senza fare troppe domande, cerca di capire dalle mie espressioni come sto. Si dedica alle faccende “domestiche” e meccaniche di Vando.

Per colazione un the caldo e qualche biscotto. Un antidolorifico mi guarirà nel giro di una mezz’ora e saremo pronti per una nuova giornata di ricerca.

Vi aggiorno: siamo a Pemberton. Dalla punta sud-ovest del Western Australia, siamo risaliti verso l’interno di circa 200 chilometri. Rimarremo qui una settimana nella quale OGNI azienda agricola sarà per noi possibilità di lavoro. Vi prometto che le spulceremo tutte servendoci della mitica invenzione di Google Maps. Ho visto dal satellite che ce ne sono molte nascoste ma le stradine sterrate non sfuggiranno. Dall’alto si vede tutto.

Qualche giorno di stop ci vuole e in più siamo in una zona ricca di Farm. Sembra che la coltivazione dell’avocado vada alla grande e nel giro di dieci giorni al massimo, mele e pere saranno pronte per la raccolta.

Siamo come sempre molto energici e mi chiedo da dove riesca ad attingere energia il giorno più doloroso e stressante del mese.

Ma sono carica.

Giuro.

Continuando la lettura di “Mangia, prega, ama”, fantastico libro scritto da Elisabeth Gilbert, mi sono sentita curiosa al punto di spingermi a cercare spezzoni del film su Youtube interpretato da Julia Roberts.

Qui dove la televisione non esiste e guardare un film sarà per molti giorni un grande sogno, mi accontento di qualche video anche se non fa altro che risucchiare alla velocità della luce i dati disponibili per la navigazione.

Tutto questo però, influisce sulla mia mente in maniera positiva. Sono stimolata, riflessiva e concentrata nello studio della mia anima.

Buona lettura, buona visione e buon inizio settimana a tutti.

Erica, anzi Atmosferica.


“Alla fine, sono arrivata a credere a una ricerca che io chiamo LA FISICA DELL’ANIMA, una forza della natura governata da leggi reali quanto la legge di gravità.
La regola di questo principio funziona più o meno così: se sei abbastanza coraggiosa da lasciarti indietro tutto ciò che è familiare e confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna.
Se sei veramente intenzionata a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio.
Se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti.
E se sei preparata soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa veramente scomode.
Allora la verità non ti sarà preclusa.”

Elizabeth Gilbert (Julia Roberts)
dal film “Mangia, Prega, Ama” di Ryan Murphy

Il faro.

La punta sud della costa ovest, nella regione di Margaret River, è identificata dal Faro di Capo Leeuwin.

Questo angolo di Australia, nell’estremo sud-ovest, è dedicato alla memoria di tutti i marinai del mondo. La dedica fu fatta dal primo ministro dell’Australia occidentale, John Forrest, il 10 dicembre 1896 durante l’apertura ufficiale.

In questo caso qualche dettaglio storico non mi sembra niente male.

Che ne dite?

Capo Leeuwin era spesso il primo approdo in terra australiana per le navi che viaggiavano attraverso il Capo di Buona Speranza. Tanti eroi del mare hanno trovato la loro fine tra le onde impetuose dell’oceano e vedere quelle targhe con i loro nomi disposte in fila sulla parete, è stato di forte impatto.

Cape Leeuwin Lighthouse, la casa della luce.

Una costruzione tanto perfetta quanto luminosa. Il sole si rifletteva sulle pietre bianche, facendolo sembrare vivo.

Sembrava che volesse gridare: “Io devo regalare luce!!”

Le sue intenzioni erano chiare ed ero totalmente appagata dalla bellezza di quel che vedevo. Il cielo era di un azzurro tanto pieno quanto quel bianco. Arrivata lì sotto, mi sono seduta su una panchina, il giardino era potato con cura e le onde sbattevano sugli scogli rossi.

Da lì, il sole si nascondeva incoronando di una luce angelica la sommità del faro. Che stupore.

Mi sembrava di avere una visione paradisiaca. Il bianco, la luce, l’azzurro.

Poteva essere una rivelazione e io mi sono concentrata nell’ascoltare. Percepivo un’essenza divina in quel che vedevo e che sentivo.

Ho ascoltato la luce.

Erica, anzi Atmosferica.


Vi trascrivo qui di seguito il dialogo tra Elisabeth Gilbert e uno sciamano indonesiano. Mi sto ritrovando molto nella lettura di questo libro in cui la scrittrice, parla del suo viaggio di un anno alla ricerca della verità, della sua verità.
Molti di voi conosceranno il libro, o il film interpretato da Julia Roberts.

“Voglio avere un contatto duraturo con Dio” gli dissi. “Qualche volta mi sembra di percepire l’essenza divina di questo mondo, ma poi ne perdo il senso, distratta da piccoli desideri e piccole paure. Io voglio restare sempre accanto a Dio, ma senza farmi monaca o rinunciare interamente ai piaceri della vita. Voglio vivere nel mondo e godere delle gioie che ci offre, ma voglio anche imparare a dedicarmi a Dio.”
Ketut disse che mi avrebbe risposto con un disegno. Mi mostrò uno schizzo che aveva fatto durante una meditazione: una figura umana androgina, in piedi, con le mani congiunte in preghiera. Ma quella figura aveva quattro gambe, e al posto della testa un groviglio di foglie e fiori selvatici. Sul cuore era disegnato un piccolo viso sorridente.
“Per trovare l’equilibrio che stai cercando” mi rispose Ketut attraverso l’interprete “Devi diventare così. Devi tenere i piedi ben piantati a terra, come se avessi quattro gambe. In questo modo puoi vivere nel mondo, ma devi smettere di guardarlo con la testa, devi guardarlo con il cuore. Così conoscerai Dio.”

“Mangia, prega, ama -Una donna cerca la felicità” di Elisabeth Gilbert

Jewel Cave.

La grotta del gioiello, un gioiello di grotta.

Libera interpretazione.

Sembra una foto scattata a coralli sul fondale marino e invece no, ritrae il fondale della Jewel Cave.

Una luce color cobalto ha illuminato per un istante quella parte di grotta, facendomi mancare l’ossigeno nei polmoni.

Un respiro profondo per svegliarmi da quel breve incantesimo, mi ha riportato alla realtà.

Scendendo di 50 chilometri, percorrendo per intero la Caves Road (la strada delle grotte), ieri ci siamo fermati alla Jewel Cave, decidendo di sfruttare il secondo ingresso che avevamo a disposizione per visitare una seconda grotta a scelta tra le quattro.

Quando, due giorni fa, abbiamo visitato la Lake Cave, è stata decisione nostra acquistare un ticket per la visita di due grotte.

Ticket per persona: 22.50 dollari

Ticket per due escursioni: 40 dollari

Ci è sembrata un’ottima mossa pagare per due sfruttando lo sconto, nonostante non avessimo ancora ben chiari i nostri spostamenti dei giorni successivi.

Nessun problema, nel raggio di poco più di 100 chilometri, altri tre luoghi misteriosi. Ne avremmo scelto uno.

Decidendo di spostarci verso Augusta, vi dicevo, ci siamo fermati alla Jewel Cave.

La grotta più grande, scoperta anche quella negli ultimi anni del 1800. Mi ha impressionato l’enorme spazio sotterraneo che si è aperto una volta scesi in profondità. La guida questa volta era una simpatica signora dai capelli lunghi e neri che parlava un australiano stretto e veloce.

Con l’aiuto della sua torcia, illuminava le parti curiose di cui parlava, rendendo la comprensione più semplice.

La passerella in legno sembrava infinita e seguiva le insenature tra le rocce, creando un percorso incredibile e pieno di sorprese.

Questa volta, la roccia formava delle sagome davvero strane che mi sembrava fossero di cera. Il giallo, si trasformava a volte in color caramello.

Mi ha impressionato la radice di quell’albero che viveva sopra le nostre teste. A furia di cercare appigli e nutrizione, si era arrotolata su se stessa creando un lungo cordone color ebano che cadeva verticale, per almeno una ventina di metri.image

Lì sotto un tempo, c’era l’acqua che ha lasciato il suo segno sul fondale della grotta e la storia delle tigri della Tasmania è stata pazzesca.

Un centinaio di anni fa, due tigri sono precipitate nella grotta, trovando la loro morte dopo qualche giorno senza cibo. Di acqua ce n’era in abbondanza al tempo ma null’altro.

Il nome di Jewel, è stato assegnato per l’impressionante grandezza e per la luce riflessa da quelle formazioni preziose. In alcuni punti del percorso labirintico, la guida si soffermava nel creare diverse atmosfere con diversi colori di luce.

In ogni piattaforma in legno, ci sorprendeva giocando con dei tasti illuminati e ci indicava punti precisi dove poter scorgere diverse bizzarre forme.

Ho visto una stalagmite talmente grande da sembrare un totem, una ragazza che camminava dandoci le spalle e mostrando i suoi lunghi capelli lisci, ho visto Peter Pan che spiccava il volo e una cascata di roccia dalla superficie levigata.image image

Mille sorprese ad ogni angolo e cinquecento scalini che ci separavano dalla terra.

All’ultimo step, come vuole la tradizione, abbiamo provato l’ebrezza del buio.

Sapevo di essere appoggiata alla ringhiera, sapevo di essere al sicuro ma la sensazione di vuoto era forte.

Cercavo di chiudere gli occhi e di riaprirli con più forza per far sì che la mia vista si abituasse alla mancanza di luce. Credevo di iniziare a vedere qualche sagoma come accade quando ci troviamo al buio in una qualunque situazione.

È stato proprio in quel momento, che la guida ha detto che l’occhio non si sarebbe mai abituato da tanto era intenso quel nero.

Un minuto che è sembrato un’eternità. Un minuto che è bastato a fare un viaggio lungo una vita.

Jewel Cave, la grotta del gioiello.

Il vero bene prezioso è la luce.

Erica, anzi Atmosferica.

Milano – 13719 km.

Hello!!

Eccomi oggi con tante cose da raccontarvi. Non so se questi articoli più descrittivi che emozionali vi appassionano, ma ogni giorno cerco di attenermi il più possibile alle sensazioni ed esperienze delle 24 ore che mi separano dall’articolo precedente.

Insomma, come avrete capito, scrivo poesie quando mi sento poetica, descrivo le nostre gite quando mi sento inviata speciale e lascio scorrere tutto nel modo più naturale. Non penso mai prima di lasciarmi andare nella scrittura, anzi, vi dirò che quando ripercorro nella mente aneddoti da raccontare, non trovo facilmente le parole che invece sono lì ad aspettarmi quando scrivo.

Che sensazione di magnifica pienezza!

Vi dicevo che ieri è stata una giornata molto intensa. Uno stato di insofferenza ha aperto le danze a inizio giornata, ma fortunatamente sono riuscita a smaltirlo nel giro di poche ore.

Come prima tappa, abbiamo scelto la Chocolate Factory. Dovete sapere che questa regione, oltre che per la produzione  di buon vino, è famosa per il cioccolato. Il fatto che ci fossero assaggi liberi, ha attirato subito la nostra golosità. Arrivati sul posto, un mega-store di cioccolato in tutte le forme e salse si è aperto dietro quella porta. Cioccolato bianco, al latte e fondente era pronto per il test all’interno di grandi ciotole di acciaio e sì, abbiamo fatto il pieno. Al costo di 11 dollari ci siamo comprati una confezione di plastica trasparente che conteneva tre invitanti dolcetti: nocciole, anacardi e mandorle ricoperti di cioccolato al latte.

Vi ho fatto venire l’acquolina in bocca?

Noi siamo due golosoni senza eguali, il che non è sempre cosa buona e giusta.

🙂

Un paesino sulla costa, a pochi chilometri, offriva la visita al molo più lungo dell’emisfero australe. Questa particolarità ci ha subito attratti. Quasi due chilometri di passeggiata, 25 minuti di percorrenza all’andata e altrettanti al ritorno.
Pagato l’ingresso di 3 dollari, una lunga palafitta in legno e cemento, si estendeva davanti a noi.

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La fine lontana, ragazzetti si divertivano con tuffi dove l’acqua era più alta, ma comunque dal fondale trasparente. Dopo un migliaio di metri l’acqua si è fatta nera e la mia mente ha iniziato a spaziare come al solito. Immaginavo imponenti alghe sui fondali, grandi pesci e anche squali. La passerella era talmente lunga che due binari permettevano al trenino rosso di trasportare anziani, bambini troppo piccoli o chi non volesse/potesse camminare.

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Arrivati alla fine, mi sentivo orgogliosa come uno scalatore che raggiunge la vetta più alta. Un cartello diceva che eravamo distanti dalla riva 1841 metri e raccontava anche di quanto fossero lontane le più grandi città del pianeta. La segnaleticaa indicava anche la direzione da prendere, nel caso si avesse avuto l’intenzione di partire per un viaggio immaginario.

New York – 18 874 km a destra, tutto dritto verso l’orizzonte.

Paris – 14 300 km a sinistra, tutto dritto all’orizzonte.

Una lavagnetta nera, invitava ogni turista a scrivere la distanza dalla propria città.

My Home Milano – 13 719 km

Che brivido!

Ho mandato la foto alla mia famiglia, avendo calcolato la distanza, mi sentivo tanto lontana quanto vicina. Un mix di emozioni. Forse avrei voluto iniziare a correre sulla superficie del mare per raggiungerla, ma la tempestività con cui potevano rispondere ai miei messaggi, ha subito calmato e colmato la sensazione di oceanica mancanza e distanza.

Forse il mio papà ha capito che avevo bisogno di sentirlo vicino. Verso sera, io e Mattia stavamo cucinando due abbondanti porzioni di penne rigate con tonno e fagioli.

Un altro momento di malinconia mi ha travolta. Avrei voluto offrirne un po’ alla mamma, al papà e alle mie tre sorelle.

Ho mandato la foto della grande pentola stracolma di pasta con il seguente invito:

“Abbiamo esagerato con le porzioni, se ne volete un po’, ce n’è per tutti!”

Il mio grande papà mi ha stupito un’altra volta.

“In quale campeggio siete che vengo a mangiare la pasta!? Però devo ripartire subito!

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Con un fotomontaggio mi ha fatto sentire la sua vicinanza.

Papà sei mitico.

Erica, anzi Atmosferica.